Un ragazzo normale, recensione del romanzo di Lorenzo Marone

Chi non ha mai creduto nei supereroi da bambino? Per Mimì, il protagonista di Un ragazzo normale, quel supereroe è stato Giancarlo.

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Non tutti i supereroi indossano un costume. Talvolta i supereroi sono quelli con gli intenti più umili, che si fanno forza di carta e penna come unica arma a propria disposizione.

Supereroi come Giancarlo, che ha accompagnato il protagonista di Un ragazzo normale nel suo viaggio di vita, con la sua decappottabile verde, un’agenda, biro in tasca e una canzone di Vasco.

Dopo il successo in casa Feltrinelli con Magari domani resto, Lorenzo Marone ci riporta negli scorci napoletani degli anni ‘80: erano gli anni di Bim Bum Bam, de Il tempo delle mele con Sophie Marceau, del Cioè in edicola, delle canzoni di Madonna e Cindy Lauper, e dell’iconico Vasco Rossi (indispensabile chiave di lettura di questo romanzo). Ed eranogli anni di Giancarlo Siani.

Il mio supereroe non aveva tuta e mantello, non volava, e non era di Gotham City, ma di Napoli, che per certi versi era anche più pericolosa di Gotham, perché da noi i benefattori se ne contavano davvero pochi.

Come ha precisato l’autore, questo non è un romanzo su Giancarlo Siani, ma con Giancarlo Siani; un ragazzo che ha lasciato un marchio nella storia del giornalismo denunciando la malavita organizzata. Nel romanzo di Marone, Giancarlo scriveva per “Il Mattino”, aveva venticinque anni e lasciava aperta la decappottabile verde per permettere al gatto Baaghera di dormirvi all’interno.

Il Giancarlo descritto da Marone vuole essere un omaggio a un ragazzo dagli intenti nobili che ha lasciato un’impronta nella storia pur non sapendolo e (forse) pur non volendolo.

L’amore ai tempi di Mimì

Mimì è un ragazzino intelligente con un debole per il linguaggio forbito. Originario di un contesto meridionale, in cui vige la voce dialettale, Mimì si nutre di grammatica italiana e sogni. I supereroi hanno plasmato la sua idea di vedere il mondo, una costante di vita per la quale viene costantemente rimproverato.

Su questa terra di eroi nun ce ne stanno, ce sta chi ogni tanto fa ‘na cosa bona e poi torna a essere uno qualunque, comme a tutti quanti.

La genuinità con cui Mimì si approccia alla vita è una delle bellezze indiscusse di questo romanzo, che apre uno squarcio su quella che era (e anche oggi è) Napoli, con le sue tradizioni, le sue strade vivaci, le sue famiglie colorite dall’affetto viscerale e quegli amori che nascono sulla terrazza di un attico e si avvinghiano al cuore della città con una scritta sbiadita sul muro: “ama”.

Un ragazzo normale è un romanzo d’amore, scritto con amore e per amore. Il murales dedicato a Viola (di cui rimane impressa soltanto la parola “ama”) rapprende tutto ciò che Mimì è: un bambino dal cuore puro che cerca di comprendere le diverse sfaccettature della vita avvicinandosi alle forme – il più delle volte incoerenti – dell’amore: l’amore per mamma, papà, nonni e sorella; l’amore per Sasà, l’amico vispo e scurrile tanto diverso eppure paradossalmente altrettanto fragile; l’amore per Giancarlo, idolo e supereroe anche senza costume di battaglia; e l’amore per Viola, la prima ad avergli depredato il cuore e dalla quale tutto è partito e infine torna.

L’attico degli Scognamiglio è il rifugio di Mimì, libertà e prigione al tempo stesso, il cui spirito del luogo è rappresentato da Morla, la tartaruga di terra alla quale Mimì e Viola si affezionano e promettono la libertà. Marone unifica la liberazione della tartaruga ai sentimenti di Mimì, un bambino diventato improvvisamente uomo che inizia a comprendere quanto l’amore sia bello e brutto al tempo stesso, di quanto ci possa far gioire e altrettanto ferire, e di come talvolta sia necessario processare i sentimenti e metterli da parte.

In ogni caso, le stelle non servono, i desideri non cadono dal cielo, semplicemente arrivano, un giorno, per caso, per una coincidenza, proprio quando hai smesso di pensarci.

Mimì è un ragazzo normale che crede nella lotta contro il male, un ragazzino come tanti che si oppone alla vita in bianco e nero e che ne acciuffa tutti i colori che può, un bambino che si riscopre piano piano un uomo grazie a una famiglia che incarna lo stereotipo “stretta di mente, ma infinita di cuore”, grazie agli amici di strada, alle canzoni di Vasco, alle letture rubate dalla libreria degli Scognamiglio, a quelle gite in macchina con mamma, papà e Bea. Una normalità che si trasforma in specialità grazie alla penna di Marone, scorrevole e avvolgente, capace di trascinarci nella cucina afosa della famiglia Russo per trasmetterci quell’affetto puro, genuino, normale di cui tutti i bambini hanno bisogno per diventare grandi.

Allora non potevo saperlo, ma in seguito ho capito che le cose straordinarie, quelle che resteranno per sempre nella tua vita, arrivano spesso in punta di piedi e all’improvviso, senza tuoni e particolari avvisaglie. Proprio come una nevicata.

Non esistono mantelli, né raggi laser o scontri corpo a corpo nel romanzo di Marone. I supereroi di Un ragazzo normale appartengono alla vita comune, quella che nasconde il dolore nell’ombra e da cui non ci si può separare. Forse Mimì avrebbe voluto vedere Giancarlo travestito da supereroe, con quel costume di Spider-Man tanto agognato. Ma la verità è che Giancarlo non ha avuto bisogno di nessun costume per fare la differenza; eppure, come può capitare a tanti eroi, per lasciare un segno nel tempo ha dovuto perdere la vita.

E che non si dovrebbe tornare a guardare le cose che si sono amate, una volta cambiato lo sguardo.

Una breve intervista a Lorenzo Marone

Per soddisfare qualche curiosità, abbiamo intervistato Lorenzo Marone circa il suo nuovo romanzo.

Da dov’è nata l’idea per Un ragazzo normale?

Volevo parlare di adolescenza, omaggiare quel particolare periodo della vita, riflettere sul concetto di normalità al giorno d'oggi, di eroi quotidiani. Volevo uno sguardo ingenuo sul mondo, quello di Mimì, dopo aver raccontato di personaggi disillusi e con tanto vissuto difficile alle spalle.

Qual è il personaggio che più le è vicino in questo romanzo?

Be', Mimì sicuramente, attraverso i suoi occhi, la sua vita, parlo anche della mia adolescenza, della mia famiglia, dello stare al mondo tipico di quegli anni, per strada, tutti insieme, dalla mattina alla sera, senza distinzioni sociali a dividere e senza la tecnologia che oggi non permette più quella reale condivisione.

Il suo è un romanzo che narra la vita di un ragazzo come tanti. Anche lei, come Mimì, da bambino credeva nei supereroi?

Come Mimì ero e sono pervaso dalla curiosità, il motore che tutto muove, che ci induce a porci delle domande, a non passare inermi su questa terra, ad accrescerci, a migliorarci, a conoscere.

Napoli è una componente molto attiva nei suoi romanzi. Continuerà a sceglierla come ambientazione per i suoi prossimi libri?

Non mi vedo lontano dalla mia città, dalla mia terra. Ho ancora tante sfaccettature da raccontare, altre angolazioni da cui trattare il mio territorio. E poi Napoli mi regala sempre nuovi personaggi, io non faccio altro che mettere su carta quello che la città mi offre.

Per concludere

Se vi aspettate un romanzo con azione e colpi di scena, lasciatevi subito frenare l’entusiasmo perché non è questo che offre Un ragazzo normale.

Se, invece, volete farvi trascinare nella nostalgia degli anni ’80, stretti nell’abbraccio soddisfatto di una famiglia napoletana alle prese con la quotidianità della vita – e le piccole gioie che ne derivano – allora sappiate che Lorenzo Marone non vi deluderà, perché questo è un romanzo che non vuole insegnare ad essere supereroi, ma ad apprezzare la propria vulnerabilità: a saper essere tutti un po’ più umani.

VOTO7.5 / 10

Lorenzo Marone ha dipinto uno scorcio napoletano degli anni ’80 con l’intento di restituire quella magia della normalità che non ha niente da invidiare ai supereroi.