L'Amica Geniale: recensione della saga di Elena Ferrante

Elena e Lila, amiche-nemiche sin da bambine, ci accompagnano nella loro storia mostrandoci, tra gli alti e bassi, il doppio lato dell'amicizia.

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Ci sono storie che ti entrano dentro grazie alla loro magia. Altre, lasciano un segno perché riescono a riflettere spezzoni di una vita che sembra essere la nostra.

E poi ci sono storie come quelle raccontate da Elena Ferrante che, in quattro libri, ha dimostrato di essere una delle scrittrici italiane più geniali degli ultimi tempi.

Non ci sono draghi, né vampiri o maghi. La storia di Elena e Lila nasce e muore a Napoli; una città che, oltre ad essere cornice, in realtà è anche protagonista principale.

Una realtà intensa, quella di Napoli, i cui tumulti ed evoluzioni sono eco di queste due ragazze che, in tutta la saga de L’Amica Geniale, non hanno fatto altro che cercare il loro posto nel mondo. Nonostante siano succubi dei cambiamenti social-politici che si sono susseguiti in **sessant’anni di storia,**i loro tratti sono così ben delineati e fedeli da non mutare quasi mai.

L’Amica Geniale è una piccola perla made in Italy, una di quelle saghe chiacchierate in tutto il mondo la cui importanza ha attecchito anche sul piccolo schermo: non a caso, il 27 novembre è arrivata una trasposizione italo-americana sui nostri piccoli schermi che prende spunto dalla nobile penna della Ferrante e dalle avventure di Elena Greco e Raffaella Cerullo.

Quello che fai tu faccio io, non riuscirai a lasciarmi indietro.

Prima di analizzare e comprendere perché questa saga sia diventata così popolare, è bene apprendere qualche dato tecnico. L’Amica Geniale è il primo di quattro volumi che compongono questa tetralogia. Debuttò nel 2007 e gli fecero seguito Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e di chi resta (2013) e Storia della bambina perduta (2014).

Elena e Lila sono un mix ben collaudato, un esempio studiato di come il dottor Jekyll non possa esistere senza Mr Hyde, due cervelli fatti ad arte che non possono vivere l’uno senza l’altro.

Attenzione: prima di addentrarci nel particolare, vogliamo precisare che se non siete alla ricerca di spoiler, forse è il caso di fermarvi qui. In caso contrario, buona lettura!

L’Amica Geniale: le origini

La tetralogia della Ferrante è una storia fatta di evoluzioni, un racconto in perfetto ordine cronologico di quegli eventi che hanno contraddistinto la vita di due donne napoletane, le quali hanno sgomitato tra il marcio per far spiccare il proprio orgoglio d’oro.

Nel primo volume, Elena e Lila ci vengono presentate come due bambine nel napoletano, nel pieno degli anni ’50, doveil rione era tutto ciò che era possibile conoscere. Di primo acchito, Elena è sempre stata la luce che cercava di cacciare l’oscurità di Lila.

Nel corso dei romanzi, però, le ombre di Lila si riescono a comprendere meglio perché sono demoni imprigionati per proteggere la sua “amica geniale”. Lila è quel pezzo di cuore marcio che Elena si è strappata dal petto e che ha ceduto nelle sue mani per spiccare il volo. E, anche se non se n’è mai accorta, Elena è arrivata dove è arrivata soltanto perché Lila glielo ha permesso.

Tutto questo per dire che non è stata Elena la luce: ad Elena è stata donata la luce, altrimenti avrebbe vissuto per sempre nell’ombra di Lila e questo l’avrebbe lentamente consumata.

Nel primo romanzo sono soltanto bambine, ma non per questo il mondo si presenta loro meno crudo e sfacciato.

Lila, una bambina dall’animo vecchio, è l’amica sfrontata che combatte le ingiustizie seppur senza spada. L’amicizia con Elena è una co-dipendenza che si evolve in alti e bassi durante l’infanzia. Tutto ciò che riguarda Lila diventa un problema di Elena; di conseguenza, la vita di Elena si oscura. Anche quando, felice dei suoi successi e ormai in piena adolescenza, Elena si gode la sua prima vacanza senza famiglia a Ischia. Eppure le manca qualcosa, qualcosa di profondo e morboso: la vita di Lila, confinata nel rione estivo con i suoi drammi, drammi che attecchiscono nel cuore ormai marchiato di Elena, come se quei drammi fossero l’unica fonte vitale a lei nota.

Tutto ciò che riguarda Elena sembra interessante, indispensabile. Quando poi sopraggiunge la vita di Lila, Elena si sente banale, si annulla.

Il mondo di Lila, come al solito, si sovrappose velocemente al mio.

Lila abbandona la scuola perché nessuno crede nelle sue potenzialità. Elena continua perché riuscire dove Lila ha fallito sembra essere l’unica vittoria di cui sarà mai capace. Un rapporto amico-nemico che si porteranno dietro per tutti e quattro i volumi e che trae forza da uno scontro di corna che poi, letteralmente, non avviene mai. Elena è la più remissiva tra le due, ma anche Lila non è mai stata in grado di affrontare Elena senza mezzi termini. Così come entrambe non sono state capaci di parlarsi d’amore.

Nino ha qualcosa che lo mangia dentro, come Lila, ed è un dono e una sofferenza, non sono contenti, non si abbandonano, temono ciò che gli succede intorno.

Nel primo volume, incontriamo una figura maschile predominante nella vita di queste due donne:Nino Sarratore, un ragazzino dal forte intelletto che fa breccia nel cuore della giovane Greco al punto da stregarle i pensieri. Un amore destinato alle montagne russe, un giro che provocherà più nausee che attimi di felicità, esattamente come il matrimonio di Lila e Stefano.

Storia del Nuovo Cognome: la transizione

C’è una lotta tra l’infanzia e l’età adulta in questo volume. Scompare la barriera adolescenziale, sbiadisce nel momento in cui subentra l’attrazione irrefrenabile di Lila per l’amore. Il matrimonio è l’unica via di fuga alla vita di costrizioni a cui Lila è sempre stata abituata, ma ben presto la consapevolezza prende il sopravvento e Lila comprende che Stefano ha le stesse sembianze, seppur dorate, di una prigione.

Passò il piacere di rieducarmi nella voce, nel gesto, nel modo di vestire e di camminare, come se gareggiassi per il premio del travestimento migliore, della maschera portata così bene che era quasi faccia.

Il matrimonio di Lila è l’ennesimo cambiamento che attecchisce più su Elena che su Lila in sé. Sposandosi, lasciandosi il rione, l’adolescenza e l’infanzia alle spalle, Lila mette un ennesimo paletto nell’amicizia con Elena. C’è un nuovo smembramento della loro amicizia, una nuova consapevolezza che, se da una parte porta Lila a chiudersi a riccio nei suoi nuovi drammi, porta Elena verso nuovi limiti da superare.

Pur sapendo quanto possa essere sbagliato, Elena vuole pareggiare i conti, essere sempre sulla stessa linea di Lila, amica e nemica dall’inizio alla fine, l’unica nemesi di cui avrà mai bisogno e al tempo stesso l’unica persona in tutto l’universo che possa comprenderla senza fiatare. Due anime incomprese che insieme riescono a trovare l’unico significato di cui hanno bisogno per vivere.

L’infatuazione per il giovane Sarratore conosce nuove sfumature in questo volume, perché a esserne assuefatta non è soltanto Elena, ma anche Lila. La loro storia d’amore nasce dalla sete di conoscenza, dallo scontro di cervelli armoniosi, un botta e risposta estraneo a Elena, una scintilla diventata incendio indomabile destinato a lasciarsi soltanto macerie alle spalle.

Penso che la bellezza sia un inganno. […] È cipria passata sopra l’orrore. Se la si toglie, restiamo soli col nostro spavento.

Una delle ferite più grandi di Elena viene scalfita in questo preciso istante. Lila è riuscita dove lei ha fallito: ha rubato il cuore di Nino, gli ha fatto perdere la testa e lo ha legato a sé (sotto i suoi stessi occhi) facendoci un figlio insieme (anche se, in seguito, si scoprirà che non è così). Ed Elena, come tutto ciò che verrà, ha incassato in silenzio, accettando il ruolo di ombra e lasciando a Lila l’onore di essere il sole.

Non stupisce che, per voglia di riscatto, Elena voli verso Pisa. Il rione le calza stretto così come l’amicizia con Lila, che s’incrinerà non tanto per la distanza fisica quanto per quella mentale.

Il secondo romanzo si pone come una fase di transizione, il passaggio dalla vita adolescenziale a quella adulta con un taglio netto, brusco, indispensabile, perché entrambe hanno bisogno di riscattarsi: Lila vuole fuggire da un matrimonio smunto e trova terreno fertile in Nino, mentre Elena vuole fuggire da Lila, da Nino e dall’ignoranza dirompente di Napoli, trovando riparo a Pisa.

Questo è un romanzo che vaga alla ricerca di riscatto: Lila lo trova sposando Stefano, distanziandosi dalla povertà del passato, per poi precipitare in un matrimonio senz’amore. Elena, invece, ritrova il suo equilibrio lasciandosi dietro una Napoli costellata di incubi, ignoranza e delusioni.

Storia di chi fugge e chi resta: il brutto di essere adulti

Siamo nel cuore della vita adulta di queste due donne, ognuna alle prese con i propri demoni. Elena a Pisa trova la fortuna: s’innamora (seppur vagamente) di Pietro Ariota, il cui cognome è garanzia nel mondo dell’editoria, pubblica il suo primo romanzo e poi resta incinta. Metter su famiglia è ciò che la distrugge e, ironia della sorte, l’avvicina a Lila che, a sua volta, ha accantonato l’amore per Nino e ha lasciato coraggiosamente Stefano.

Questo brusco cambiamento riporta Elena sui propri passi, cerca di riavvicinarsi all’amica ma quest’ultima non glielo permette. “Fa’ l’intellettuale”, le ripeteva spesso, rimarcando ancora una volta come Elena sia destinata al successo e lei al fallimento.

Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionato. […] Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. […] Temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro.

Un continuo rincorrersi nelle tragedie e un naturale sostenersi quando la vita scivola via dalle mani, un po’ come quelle bambole che, da bambine, avevano gettato nella cantina di Don Achille con tutta l’intenzione di farsi del male a vicenda e che poi hanno tentato di recuperare insieme. Queste sono Lila ed Elena, due anime che si fanno una guerra silenziosa soltanto perché non conoscono altro modo per volersi bene.

Mentre Elena fugge dai suoi demoni, in questo romanzo Lila decide di affrontare i propri.

Storia della bambina perduta: il ciclo si chiude?

Questo è il romanzo della resa dei conti. Elena corona il suo sogno d’amore adolescenziale, nonostante sia un’adulta bella e fatta, dimostrando come la sua ingenuità possa essere un’arma di distruzione di massa. L’infatuazione per Nino peggiora, si trasforma in amore devoto e la riporta a Napoli. Ma Nino ha una moglie, diversi figli sparpagliati per il mondo, un fare da latin lover e una terribile coda di amanti nella lista nera. Amanti vecchie e nuove, taciute o ammesse, che logorano lentamente Elena al punto da risvegliarla dal suo sonno forzato.

A causa di Nino, Elena ha distrutto le sue figlie e le sue aspettative circa l’amore. Per colpa di Nino, Elena ha ferito Lila, ma Lila non lo ha mai ammesso perché la loro amicizia verrà sempre prima di tutto, prima degli amori acerbi o sbagliati, prima delle lotte di classe, prima dei malavitosi, prima dei soldi e della povertà.

Elena e Lila sono sopravvissute a tutto questo, hanno dovuto lavorare sul costante tema della perdita, ma l’equilibrio della bilancia è stato nuovamente capovolto in questo romanzo e a tornare in cima è stata ancora una volta Lila.

In questo romanzo, Lila perde tutto. Sua figlia, la figlia avuta con Enzo, l’uomo che l’ha saputa prendere come nessun altro, quella bambina che trasudava intelligenza soltanto con lo sguardo, è scomparsa. Non si saprà mai se è stata rapita o uccisa. Quello che si sa è che perdere questa bambina ha fatto smarrire Lila.

Una perdita così forte, angosciante, alla quale Lila ha reagito nell’unico modo che conosce: scomparendo. E il modo in cui trova conforto questa volta è con i libri, quei libri accantonati per il poco tempo, quei libri messi da parte perché forse erano il mondo di Elena, quei libri che ha lasciato in un cassetto della quinta elementare, quei libri che diventano l’unico amico che è disposta a frequentare per alleviare il dolore.

Ed Elena sceglie proprio il libro come strumento di comunicazione per arrivare al cuore malandato di Lila. Decide di scrivere un racconto su quella perdita, di mettere nero su bianco quella tragedia e spargerla in tutto il mondo, rendendo pubblica una fetta di cuore strappata che dovrebbe essere pianta soltanto in privato.

Io sono uno scarabocchio su uno scarabocchio, del tutto inadatta a uno dei tuoi libri. Lasciami perdere, Lenù. Non si racconta una cancellatura.

Ma la penna di Elena non sarebbe esistita senza il carburante di Lila. Se Lila non l’avesse incalzata, distruggendo le sue insicurezze, Elena avrebbe perso qualche successo per strada. La perfidia di Lila è sempre stata necessaria alle vittorie di Elena, che ha vissuto nei suoi libri incantati mentre Lila si è dovuta sempre accontentare di ruoli secondari.

Lila la scarpara, Lila che imitava la moglie di Kennedy, Lila l’artista e l’arredatrice, Lila l’operaia, Lila la programmatrice. Lila sempre nello stesso luogo e sempre fuori luogo.

Ma chi è l’amica geniale?

Una remissiva, timida, i pensieri confinati nella testa. L’altra testarda, dalla bocca larga e tagliente, sempre pronta a battersi per le proprie idee. Due amiche che più diverse di così non si può, eccetto che entrambe, grazie alla penna della Ferrante, sono davvero geniali.

Geniali perché, nonostante la vita sia meschina, Lila è un gatto che casca sempre a quattro zampe: anche quando qualcuna si ammacca per l’impatto brusco, lei si rialza e riprende a camminare, senza dare spiegazione a nessuno del perché sia ancora viva. Lila è un uccello dalle ali ammaccate che prova ancora a volare, anche quando a darle la stoccata finale è l’unica persona per cui darebbe tutto: Elena.

Lila sapeva parlare attraverso la scrittura; a differenza di me quando scrivevo, a differenza di molti scrittori che avevo letto e che leggevo, lei si esprimeva con frasi sì curate, sì senza un errore pur non avendo continuato a studiare, ma – in più – non lasciava traccia di innaturalezza, non si sentiva l’artificio della parola scritta. Leggevo e intanto vedevo, sentivo lei.

Elena, che con i suoi sorrisi nobili entra nelle grazie di chi conta. Elena, una principessa mancata, scappata dall’orco maligno che è stata Napoli per poi rendersi conto che il male è annidato dappertutto e che quello di casa propria è l’unico che si sa combattere.

Ci piaceva molto sedere l’una accanto all’altra, io bionda, lei bruna, io tranquilla, lei nervosa, io simpatica, lei perfida, noi due opposte e concordi, noi due distanti dalle altre donne gravide che spiavamo con ironia.

Se durante tutto il libro ci si è chiesti chi sia la vera amica geniale, la risposta è che una non esiste: sono Lila ed Elena, intese come un unico e grande meccanismo creativo, un grande cervello in movimento che non esisterebbe se l’altro non ne muovesse i fili a ruoli invertiti. Elena si è fatta forte dei suoi incessanti studi, degli ambienti e delle persone giuste attorno a sé, dei sorrisi indossati per colpire e della parola giusta detta al momento giusto. Lila si è nutrita della cattiveria e l’ha fatta sua, dimostrando come, nonostante gli studi mancati, il suo cervello non sia mai venuto secondo a quello di Elena.

Il ciclo si chiude

L’Amica Geniale si apre e chiude con una storia narrata nel passato. Si torna al presente e il ciclo si chiude. Si chiude con quelle stesse bambole che, da bambine, Lila ed Elena hanno gettato nella cantina di Don Achille, quelle bambole che racchiudono il significato dell’amicizia, il simbolo della loro evoluzione, infanzia adolescenza e vita adulta, quelle bambole rimaste sospese nel tempo, scomparse eppure ricomparse. Un po’ com’è l’amicizia tra Lila ed Elena, fatta di affetto e conflitti, egoismo e altruismo, segreti e verità, vicinanza e distacco, un continuo alternarsi degli opposti che non possono fare a meno di attrarsi.

Lila ed Elena ritrovano nella loro amicizia quello che è sempre mancato nella loro vita, a partire dalla carenza d’affetto dei genitori per finire a quella più passionale degli uomini. Due caratteri opposti ma complementari, protagonisti di una storia che non si distingue né per il suo scenario social-politico né per le ambientazioni crude quanto vere, ma perché si nutre di una magia che ogni tanto, anche oggi, tendiamo a sottovalutare: l’amicizia, quella tra donne, donne che si uniscono per non sentirsi sole.

Donne come Elena e Lila, che sono sopravvissute alle difficoltà con un’unica certezza: esserci l’una per l’altra, che siano geniali o meno.

VOTO9.5 / 10