Unholy Grail, se il ciclo arturiano è sconvolto dal demone Merlino
Un Merlino demoniaco basta per far stare in piedi un ciclo arturiano alternativo?
La natura di Merlino nel ciclo bretone non è mai stata troppo chiara: mago, stregone, essere incommensurabilmente saggio, semidio, semi-diavolo... sono tante le nature di questo antico personaggio letterario.
Con Unholy Grail, l'autore Cullen Bunn (X-Men Blue, Deadpool) esplora nel profondo proprio quest'ultima sua declinazione, ma senza concedergli "l'imbastardimento" con un essere umano.
Il suo Merlino, infatti, è totalmente demoniaco: sulla strada verso il castello di un morente Uther Pendragon, il consigliere incontra un demone che, apparentemente per noia, si impossessa delle sue spoglie mortali e comincia a tramare alle spalle degli eroi arturiani.
Uther Pendragon. Sì. Occupiamoci di questo.
- Merlino
Tutti gli eventi del ciclo letterario vengono così riletti come bieche macchinazioni di questo Merlino infernale, che crea una dinastia per poi distruggerla, mescolando il classico arco narrativo con una sua versione più distorta.
Insomma, tutto viene lavato nel sangue e nel gore più brutale - aspetto che ho molto apprezzato -, tuttavia è la premessa di tutto il castello messo in piedi da Bunn e Mirko Colak (Punisher, Spider-Man) ad essere un po' debole. Ed è qui dove il volume perde di appeal.
Chiariamoci, tutto viene sviluppato con coerenza e fedeltà alla scelta narrativa di Bunn, ma risulta tutto un po' vuoto, nelle mani di questo Merlino annoiato che sussurra, trama e distrugge. Gli eroi coinvolti in questo flusso di eventi sono quasi come burattini nelle mani del mago-demone finché questi non viene abbattuto con un colpo di coda, ma ormai tutto è perso.
La visione desolata e sanguinaria del malvagio burattinaio si compie e, alla fine, vince lui. È un incubo buio e senza speranza, dove le vittime sono prede e il carnefice domina.
Personalmente, ho trovato Unholy Grail poco interessante a partire proprio dal suo incipit. È tutto un po' troppo facile: il vecchio Merlino viene "indossato" da un demone fuggito dall'Inferno e comincia la mattanza. Così, in una manciata di pagine e senza approfondire troppo la questione.
Leggendo l'introduzione, si scopre che il pitch dell'idea è oltre 25 anni fa e un po' si vede.
Il deus ex-machina del demone avrebbe potuto tranquillamente essere applicato ad altri cicli letterari, chessò a Don Chisciotte o a Sherlock Holmes, e il risultato sarebbe stato lo stesso: traballante. E questo nonostante un'intelligente messa a nudo dei più classici peccati degli uomini - lussuria, sete di potere, invidia e così via.
Visto così, dunque, il volume in questione risulta poco più di un esercizio di stile in cui a brillare sono per lo più il tratto di Colak e i colori di Maria Santaolalla: i guerrieri sono temibili e onorevoli, le battaglie sono sanguinose e le donne sono voluttuose e sensuali.
I peggiori istinti umani sono visualizzati con toni cupi e schizzi cremisi, com'è giusto che sia.
L'atmosfera è decisamente dark, con virate più o meno oniriche e cromatiche dove serve: molto efficaci, ad esempio, le tavole relative alla Dama del Lago - un personaggio che forse avrebbe potuto essere approfondito un po' di più.
Anche a livello estetico, il volume è davvero molto curato: il formato hardcover con elementi lucidi in rilievo è davvero gradevole. Plauso ai ragazzi di saldaPress per la solita, maniacale, cura del dettaglio.
Unholy Grail, dunque, è una lettura che sicuramente interesserà agli amanti dell'horror più insolito, qui intrecciato a un ciclo letterario conosciuto a livello universale e con un deciso piglio gore.
Davanti a progetti tutto sommato simili ma sviluppati in modo più "rotondo" - come Kill The Minotaur o Green Valley - risulta però meno affascinante, forse perché mette subito le carte in tavola e si getta a testa bassa nell'incubo.
Unholy Grail reinterpreta in modo un po' troppo affrettato il ciclo arturiano: l'esecuzione grafica è davvero di livello ma il costrutto narrativo è costruito e sviluppato su basi poco solide.