Mondadori porta in Italia il primo volume di una trilogia che ha conquistato gli appassionati di fantascienza e la critica: N.K. Jemisin però promette di tenere col fiato sospeso tutti, anche chi non frequenta la letteratura di genere.
Correva l'anno 2016 e l’autrice afroamericana N. K. Jemisin (46enne scrittrice dell’Iowa che cominciò a guadagnarsi da vivere con la penna alla tenera età di 10 anni) riceveva un premio Hugo come miglior romanzo con La quinta stagione. Per i suoi colleghi e le sue colleghe caucasiche non sarebbe stato poi un grande traguardo dopo una vita spesa a scrivere post, articoli, romanzi e interventi di natura politica e sociale sul blog, riviste e giornali. Invece per lei, donna afroamericana che anche all'interno della comunità di lettori e scrittori di genere ha dovuto a lungo lottare anche solo per far sentire la sua voce, è stato un traguardo epocale, uno dei primi riconoscimenti di peso e pregio alla sua opera.
Nell'anno 2019, a trilogia de La Terra Spezzata conclusa, possiamo ben dire che con questa sua opera N. K. Jemisin ha scritto un pezzo di storia importante per la narrativa SFF statunitense e non solo. Il suo trittico di romanzi ha vinto tre premi Hugo come miglior romanzo (il più importante riconoscimento assegnato dal pubblico) in tre anni, per ognuno dei tre volumi che compongono questa fortunatissima trilogia.
Qual è il segreto del successo di critica e pubblico de La quinta stagione? Oltre all’intreccio cupo e senza respiro, oltre alle tre protagoniste davvero toste, forgiate da un mondo ancor più senza compromessi del loro carattere, è proprio l'esperienza personale dell'autrice a fare la differenza. Qua e là s’intravede chiaramente tra le righe del suo romanzo di genere un trascorso personale in grado di dare una profondità matura e adultaal suo scrivere, un peso specifico sconosciuto a tanti giovani autori. Le pagine di Jemisin sono pesanti perché intrise di apocalissi narrative e personali di una scrittrice afroamericana di talento e di una donna che ha dovuto affrontare tante difficoltà e rifiuti, anno dopo anno, pagina dopo pagina, fino a diventare la prima autrice nella storia a vincere tre premi Hugo su tre per la sua trilogia.
Orogeni, nuovi persegutati
Nel mondo di Damaya, Syenite ed Essun, le protagoniste del romanzo, oltre alla primavera, all'estate, all'autunno e all'inverno esiste una quinta stagione, dal ricorso ciclico più lento delle altre ma decisamente più traumatico. È una sorta di Grande Inverno ancor più catastrofico. Basta un terremoto, un'eruzione vulcanica, persino un errore umano a scatenare eventi climatici di violenza tale da dare il via a una vera e propria stagione apocalittica a sé stante, caratterizzata dalla mancanza di luce e cibo, dall’abbondanza di eruzioni e distruzione, che ogni volta quasi annientano l’umanità e la speranza di poter tornare a vivere normalmente.
D’altronde è la stessa normalità di questo mondo ad essere costellata di terremoti ed eruzioni, in un continuo, perenne stato di emergenza. La quinta stagione si scatena su un unico, massiccio continente, praticamente mai interrotto da oceani, mari, grandi laghi o fiumi di ampia portata. La sua continuità ininterrotta è punteggiata da catastrofi climatiche e da una rete costruita da mano umana, che da qualche tempo sembra in grado di fronteggiarle e contenerle. Il centro di comando di questa rete e di questa società è racchiuso nella grande capitale Yumenes, così superba e arrogante da permettersi (a differenza di tutti gli altri modesti centri abitati) di modellare la propria architettura e i propri edifici in chiave puramente decorativa, inadatta a fronteggiare catastrofi climatiche. Tutta guglie e decori, Yumenes è il monumento alla fiducia che la rete antisismica impedirà il ritorno della quinta stagione.
D’altronde a Yumenes si trova il Fulcro, un edificio completamente dedicato alla protezione, educazione e sostanziale prigionia degli orogeni. Sono i perseguitati del romanzo, così come avviene per i mutanti negli X-Men, per i doppi in Noi di Jordan Peele e in ogni altra metafora narrativa creata dalla cultura popolare negli ultimi decenni per descrivere la condizione afroamericana negli Stati uniti. Temuti per i loro poteri ma sfruttati per garantire il bene comune dei “normali”, gli orogeni quando manifestano la loro natura in tenera età sono spesso uccisi, maltrattati, trucidati dalla folla, a meno che non arrivi a salvarli un guardiano del Fulcro e li sottoponga a una nuova è più sottile forma di prigionia.
La loro capacità di plasmare e modellare le scosse sismiche li rende i prigionieri ideali per creare una grande rete di snodi su tutto il continente, capace di evitare eventi di natura violenta, nonostante le tante scosse di terremoto registrate. La vita dei più deboli tra di loro, trascorsa in schiavitù e in perenne sofferenza, permette all'umanità di prosperare e di allungare considerevolmente il periodo che l'intero pianeta sta vivendo con l'alternarsi delle sole quattro stagioni principali.
La fine e l'inizio della quinta stagione
La quinta stagione si apre però con la fine di questo sistema di sfruttamento, forse con l’inizio della fine vera e propria. Un misterioso figuro con poteri da orogene distrugge Yumenes, scatenando volontariamente quello che sembra il più grande terremoto di tutti i tempi. L’umanità come potrà sopravvivere a una quinta stagione che si preannuncia più lunga e catastrofica che mai, senza la capitale che mi ha assicurato fino ad oggi la sopravvivenza, coordinando l’utilizzo di risorse e cibo accantonati negli anni?
La quinta stagione è l'inizio della fine o forse solo la fine violenta dell’ennesimo mondo basato sulla sofferenza altrui. Al lettore sta il compito di ricostruire a poco a poco una cronologia che si apre con quella che di fatto è una scena finale, che soltanto nelle fasi avanzate del romanzo potrà essere appieno compresa nel suo contesto. Ci si inoltra a poco a poco nel mondo violento (non solo a livello climatico) dell'autrice, seguendo tre linee temporali differenti etre punti di vista di orogeni: una ragazzina, una giovane donna e una moglie e madre di due figli. Le tre dovranno affrontare lo stigma della loro natura in una società costruita per sfruttarle, discriminarle e garantire loro in cambio la mera sopravvivenza con un’esistenza di sofferenza.
La quinta stagione è un romanzo tanto potente da poter forse riuscire a entrare anche nel campo visivo di quanti non considerano la fantascienza o il fantastico all'interno dell'orizzonte delle loro letture. Aumenta questa possibilità di candidarsi a titolo di genere più letto e amato dell'anno il fatto che a proporlo sia una grande casa editrice come Mondadori, che ne ha curato con attenzione il lancio anche sui social.
Da lettrice di genere di lungo corso lo lessi quando ancora Jemisin non si era rivelata essere una delle penne più importanti del quinquennio nel comparto americano. In tutta onestà, lo trovai Indubbiamenteil miglior romanzo di genere del 2016, anche se non esente da qualche difetto. Vedi per esempio un finale che ricalca lo stesso colpo di scena di molti altri romanzi nella stessa annata e alcuni coincidenze troppo forzate per raggiungere il grande e suggestivo finale di questo primo tomo. Da allora la fama della trilogia non ha fatto che crescere e lascia più che ben sperare per il futuro, quando i volumi due e tre verranno proposti da Mondadori.
La quinta stagione quindi è un ottimo romanzo di genere, simile per intrecci e premesse a titoli molto amati e più mainstream come La ferrovia sotterranea o recente film Noi di Jordan Peele. Di certo è una lettura complessa, adulta e anche piuttosto violenta, ma di quella violenza di cui abbiamo bisogno per aprire gli occhi. Il romanzo ci aiuta in questa difficile presa di consapevolezza della nostra contemporaneità; per questo è una grande avventura che vale la pena affrontare.
La forza apocalittica della fantascienza distopica si combina con un trio di protagoniste inarrestabili e una storia ricca di suggestioni di genere e riflessioni morali. Potente e senza compromessi.