Pet Sematary: la recensione del romanzo horror di Stephen King
La recensione di Pet Sematary ci porta inevitabilmente a riflettere sulla morte, sul dolore e sul desiderio di poter cambiare le cose: sono queste le tematiche al centro del romanzo di Stephen King, al cinema con una nuova trasposizione.
Orinco. Victor Pascow. Church. Gage. Zelda…
Ci sono parole, nomi, immagini mentali che ti restano impressi dentro, dopo che li hai incontrati in un libro. Te ne rendi conto quando, dopo oltre trent’anni, rileggi Pet Sematary con la maturità che non avevi da ragazzina.
Con la capacità di andare oltre l’orrore e la paura che ti avevano costretta a leggerlo di giorno perché la sera, prima di addormentarti, ti spaventava troppo.
Pet Sematary sta per tornare al cinema, dopo la prima - efficace - trasposizione diretta da Mary Lambert nel 1989 e sceneggiata dallo stesso Stephen King, a partire dal suo romanzo.
Il 9 maggio Pet Sematary arriva nelle sale italiane. Per l’occasione, ricordiamo il grande romanzo che l’ha ispirato.
La trama
Louis Creed si trasferisce con la famiglia - la moglie Rachel, la figlioletta di sei anni Ellie e il piccolo Gage, di appena due - da Chicago al Maine.
Nominato direttore del servizio medico dell’Università del Maine, Louis si stabilisce con i suoi cari in una grande casa circondata dal verde, e vicina a un bosco, nella cittadina di Ludlow.
La casa si trova vicino a una strada statale molto pericolosa, percorsa quotidianamente da camion della ditta Orinco. Dall’altra parte della strada abitano gli anziani coniugi Crandall, Jud e Norma.
Louis vede in Jud una figura paterna e i due diventano molto amici. Quando Church, il gatto di Ellie, viene investito da un camion, Jud conduce Louis lungo un sentiero, verso il bosco, oltre il cimitero degli animali in cui i ragazzini del posto seppellivano i loro migliori amici.
Là, oltre un’enorme catasta di tronchi, c’è un terreno in cui gli indiani Micmac seppellivano i loro morti. Morti che, come dimostrerà Church, tornano in vita, emergendo dalle loro tombe. Ma non sono più gli stessi.
E quando a essere investito da un camion è qualcuno molto amato da Louis, l’ossessione per quel luogo maledetto diventa irresistibile…
Fra morte e dolore
Pet Sematary è un libro diviso a metà.
Nella prima parte è un romanzo sulla morte. Ci parla di come la morte - anche per un medico come il protagonista, che ci convive quotidianamente e l’affronta dal punto di vista scientifico - sia un evento che sconvolge le vite di tutti coloro che vi assistono.
Quando Victor Pascow, uno studente dell’Università, viene portato da Louis e i colleghi in fin di vita, per morire poco dopo, Louis ne rimane molto colpito. Tanto da iniziare a sognarlo, senza più riuscire a capire se si tratti veramente di sogni o di allucinazioni, o magari di una presenza reale.
Victor lo avverte di qualcosa. Sa cosa sta per succedergli, conosce il futuro, e cerca di metterlo in guardia. Ma Louis è un medico, uno scienziato: troppo scettico per credere a queste cose… Almeno finché Church torna in vita.
Per risparmiare a Ellie il dolore della perdita del suo gatto, Louis segue le istruzioni di Jud e seppellisce Church nel terreno oltre il cimitero degli animali.
Quando Church si ripresenta, il medico che è in lui fa di tutto per convincerlo che il gatto fosse solo privo di sensi, o in coma, ma non morto.
Giorno dopo giorno, mentre affronta il modo orribile in cui Church è cambiato, Louis si convince che il gatto sia davvero risorto.
E tutte le sue certezze sulla morte, le sue riflessioni di medico e di essere umano, perdono di significato.
È a questo punto che Pet Sematary entra nella sua seconda parte. Da un romanzo che riflette sulla morte e sulla perdita, diventa una storia dell’orrore incentrata sull’incapacità dell’uomo di accettare il peggiore, il più grande e insopportabile, il più ingiusto dei dolori: la morte di un figlio.
La storia di Louis, le tragiche decisioni che lo porteranno a perdere tutto, il vortice di orrore e morte che lo travolgerà: tutto ruota attorno a un cuore spezzato. Un cuore così sofferente da far perdere lucidità alla mente.
Il tema affrontato da Stephen King è molto delicato, doloroso e coinvolgente per chi ha vissuto quella terribile esperienza o per chi l’ha vista vivere da qualcuno che ama, molto da vicino.
Parlando della perdita di un figlio, è impossibile non immedesimarsi nel protagonista, non diventare in qualche modo complici della sua follia, non mettersi nei suoi panni pensando di prendere le stesse decisioni.
Sconfiggere la morte
Ci sono eventi che in una manciata di secondi trasformano per sempre le nostre vite. Eventi dai quali, l’abbiamo imparato con il dolore, non si può tornare indietro. Eventi che tutti, prima o poi, nella vita abbiamo desiderato di non aver vissuto.
Tornare indietro, rimediare al disastro, evitare la tragedia: il vero senso di Pet Sematary è questo. Quel sentimento universale che tutti, ma proprio tutti, abbiamo condiviso dopo aver commesso un errore o aver vissuto un grande dolore: il desiderio di porvi rimedio.
Se solo potessimo tornare indietro… Se solo potessimo riportarlo in vita… Se solo…
Pet Sematary terrorizza perché ruota attorno a questo. Come il racconto citato dallo stesso King nel romanzo - e ancor più agghiacciante di Pet Sematary, benché scritto oltre ottant’anni prima e molto più breve - la storia di Louis Creed ci mette in guardia dal varcare i confini dell’ordine naturale.
La zampa di scimmia di William Wymark Jacobs faceva la stessa cosa, agli inizi del Novecento, a dimostrazione di come l’uomo abbia avuto sempre e solo un desiderio: sconfiggere la morte.
Pet Sematary parla di questo, di un desiderio irrazionale che, perfino quando se ne hanno i mezzi, ci porta a comprendere come sconfiggere davvero la morte sia impossibile. Come in tutte le storie sugli zombie, o sui vampiri, la fine della vita come la conosciamo significa in qualche modo la fine di quell’anima che ci rende chi siamo. I vampiri la perdono, gli zombie nemmeno sembrano ricordare di averne avuta una.
L’anima è al centro di uno dei lavori più significativi di King sul tema della morte, della perdita, del dolore e della mancanza di lucidità che ne deriva quando è troppo grande da sopportare.
Pet Sematary, quando hai 13 anni, ti spaventa a morte. Imprime per sempre nella tua mente le parole Orinco, Victor Pascow, Church, Gage, Zelda… Scatena i tuoi incubi e alimenta la tua paura dei mostri e del soprannaturale.
Quando ne hai 44, invece, ti racconta quanto la morte sia inevitabilmente parte della vita, quanto lo siano il dolore e la disperazione, quanto le esperienze che hai vissuto negli ultimi trent’anni ti abbiano cambiato.
Pet Sematary è un romanzo horror, certo. Ma è anche un monito: attento a ciò che desideri… Perché potresti ottenerlo.
Pet Sematary è un romanzo horror, ma anche la storia di come un grande dolore possa condurre alla follia... E al desiderio più antico nella storia dell'uomo: sconfiggere la morte.