Being Human: il futuro "umano" di Bruce Sterling, scrittore e inventore del cyberpunk ospite a Lucca 2019
di Elisa GiudiciHa inventato il concetto di cyberpunk ed è una delle voci più autorevoli della fantascienza mondiale: l'ospite d'onore dell'edizione "transumana" di Lucca Comics & Games racconta il futuro, tra assistenti vocali e gli amici Neil Gaiman e Warren Ellis.
Statunitense di nascita, torinese d'adozione, lo scrittore Bruce Sterling è una presenza quasi fissa negli appuntamenti italiani che contano e che riflettono sul futuro della tecnologia e della scienza. Da Stranimondi a Lucca, passando per le pagine di Wired e di altre importanti testate del settore, l'autore che nel 1986 con l'antologia Mirrorshades delineò le linee guida del nascente movimento cyberpunk rimane una voce centrale nel dibattito letterario fantascientifico internazionale.
Questo suo essere a metà strada tra mondo letterario anglofono e scenario italiano lo intuisci da subito, quando passa con agilità dal lodare la produzione narrativa e letteraria di Licia Troisi e Dario Tonani a raccontarti dei suoi scambi di email con scrittori come Warren Ellis e Neil Gaiman. Padrone della lingua inglese, discreto conoscitore di quella italiana e grande esperto della città della Mole, dove risiede sin dal 2007, Bruce Sterling cattura l'attenzione della stampa per tutta l'ora di durata del press caffè che Lucca Comics & Games 2019 gli ha dedicato.
D'altronde chi più di lui, che delineò il filone cyberpunk e con William Gibson scrisse nel 1990 il testo fondativo dello steampunk La macchina della realtà, può incarnare lo spirito transumanista di un'edizione che ha come motto "Being Human"?
È la sua prima volta a Lucca Comics & Games. Delle sue avventure letterarie sappiamo molto, ma per quanto riguarda il mondo dei fumetti, lo frequenta?
Io non ho mai scritto per i fumetti e non ne leggo in maniera particolare, ma conosco molto bene due creativi che appartengono a quel mondo: Warren Ellis e Neil Gaiman. Quello che amo di entrambi è che sono persone interessate a provare nuovi media e nuove tecnologie, pur lavorando per mezzi tradizionali come il cinema e la TV. Loro hanno un lavoro tradizionale da scrittori, ma amano molto la tecnologia.
Come ha conosciuto Neil Gaiman?
Gaiman l’ho incontrato 20 anni fa e mi ha stupito vedere quanto sia cresciuto professionalmente. Ha avuto un metodo e una costanza ammirevoli: da scrittore "classico" si è dedicato ai fumetti, poi è diventato sceneggiatore e scrittore di una serie Amazon tratta da un suo romanzo (American Gods). Lo ammiro molto.
Che rapporto ha con Ellis?
È un amico e un grande esperto in campi in cui voglio rimanere aggiornato. Tanti anni fa Ellis è stato quello che mi ha convinto a caricare le mie foto online. Ora, dopo aver seguito quel consiglio, ho un archivio personale di 40mila scatti sul mio cloud. Una volta ha anche scritto la prefazione per un mio libro. Vi raccomando di iscrivervi alla newsletter di Ellis: non è un giornalista convenzionale, ma la sua newsletter è piena di notizie che non vedi altrove. È molto utile e stimolante essere nella sua cerchia d'influenza e so di non essere l’unico a pensarla così.
Di recente l'intelligenza artificiale è di gran moda, tanto che anche uno scrittore "classico" con Ian McEwan in "Macchine come me" ha affrontato il tema.
Non è un sfida facile da affrontare per nessuno quella di scrivere di intelligenza artificiale. È quello che noi scrittori di genere chiamiamoil problema Walmart. Non so se conoscete Walmart; è una famosa catena di ipermercati statunitensi dove trovi di tutto a bassissimo prezzo. La difficoltà oggi per uno scrittore di fantascienza è trovare qualcosa che non sia venduto già da Walmart come invenzione centrale del proprio romanzo.
Lei come affronta il problema Walmart?
Se cerchi di parlare di intelligenza artificiale oggi trovo sia molto utile spulciare la sezione skill di Alexa, l'assistente vocale di Amazon. Sono già più di 7000 le capacità "ufficiali" che intelligenze artificiali come Alexa possono utilizzare. 7000! È difficile persino leggere tutto questo catalogo, da quanto è lungo e ricco. L'aspetto curioso è che tantissime di queste abilità non vengono nemmeno utilizzate dagli utenti, nonostante si siano spese migliaia di ore di lavoro per configurarle. Al momento viene Alexa viene usata dai più come sveglia intelligente.
Quali settori della tecnologia la appassionano di più?
Io sono molto interessato alle intelligenze artificiali ma ancora di più di alla domotica: ho un blog su Tumblr su cui parlo di questi argomenti, seguito da un qualche migliaio di lettori. Di queste tematiche parlo spesso con Ellis; è la persona giusta a cui chiedere aiuto in caso di dubbi in questo campo. Spesso è lui che mi aiuta a superare il mio problema di Walmart.
Uno dei sogni fantascientifici che non sembra vicino a diventare realtà è quello del terraforming: a differenza delle intelligenze artificiali, nessuno sembra lavorare alla creazione di nuovi pianeti abitabili.
Il problema di base con cui stiamo lottando da 40 anni a questa parte, dentro e fuori la fantascienza, è che ci sono dei limiti umani da tenere in considerazione. Ci sono 4 o 5 metodi che realisticamente si potrebbero usare per dare il via una rivoluzione del genere e anche in questo caso si tratta di tecnologie "vecchie". Per esempio la nanotecnologia è tra queste. All’inizio del filone cyberpunk faceva molta paura, sembrava una minaccia. Ora non se ne preoccupa più nessuno. Per la robotica invece sembra tramontata l’idea di robot umanoidi; in futuro parleremo con assistenti vocali e si evolveranno i bracci meccanici e le macchine usate nell’industria automatizzata.
C'è qualche branca della tecnologia attuale che la preoccupa come un tempo faceva la nanotecnologia?
Sì, la biotecnologia. Bill Gates, il fondatore di Microsoft e un mio coetaneo, si impegna molto contro l'Alzheimer. La cosa mi ha sempre lasciato un po’ perplesso perché di solito questo genere di filantropi miliardari si occupa di debellare malattie che colpiscono i più poveri del mondo, come per esempio la malaria. Invece ora s'investono milioni di dollari per trovare un sistema per allungare la vita; lo stanno facendo anche i fondatori di Google. Oggi come oggi, se vuoi fare una ricerca mirata all’allungamento della vita, è probabile che qualche riccone californiano ti dia dei soldi. È una realtà che mi impensierisce un po'.
Non la rassicura che si lavori dentro e fuori la fantascienza per un futuro più ottimista?
La fantascienza non è fatta per farti sentire ottimista verso il futuro, serve a far riflettere le persone sul presente o a “testare” nuovi modelli sociali e vedere se funzionano o no tra le pagine di un romanzo. Sono aggiornato su correnti "positive" come il solarpunk, ma continuo a pensare che i lavori più ficcanti di questi anni siano quelli che descrivono le catastrofi climatiche. Ormai incendi, cambiamenti climatici e catastrofi naturali non sono parti dell’immaginario dei romanzi SFF, sono diventati la realtà odierna. La Silicon Valley è in fiamme e senza energia proprio mentre siamo qui a parlare. Penso che il solarpunk dovrà affrontare questo problema prima o poi.
Lei quindi è pessimista?
Diciamo che anche oggi trovo qualcosa per cui essere ottimista e alzarmi la mattina. Sono stato il primo autore sulla copertina di Wired, il loro primo "ragazzo copertina" dal mondo della fantascienza. Sono entusiasta del fatto che Licia Troisi e Dario Tonani abbiano scritto reportage scientifici per Wired partendo dall’essere dei semplici scrittori di fantascienza. Sono orgoglioso che abbiano intrapreso la stessa strada mia e di altri scrittori che producono anche pezzi dal taglio divulgativo.
In Italia poi ci sono i connettivisti, che sono un po’ gli scrittori cyberpunk nostrani: mi ha reso felice contribuire alla loro ultima antologia “La nuova frontiera”. Un altro motivo di ottimismo e orgoglio è stato vedere che Marco Passarello ha dedicato a me l’antologia Fanta-scienza (consigliata nei nostri consigli di lettura per ottobre 2019).
Lei abita da più di un decennio a Torino, il che è spesso fonte di curiosità tra i lettori italiani.
Non è mai stata la più grande città italiana, ma è sempre stata la più tecnologica, sin dagli albori della storia. A Torino anticamente si produceva il ferro, secoli prima che avesse il suo incredibile sviluppo industriale con la FIAT. Studio Torino da 12 anni e l’ho percorsa davvero in ogni suo angolo. Non posso considerarmi un torinese, ma ormai sento gli abitanti di Torino come vicini di casa.
Le è mai venuto il pallino di scrivere qualcosa in italiano?
Non vorrei ridurmi come Manzoni. La prima versione de I promessi sposi la scrisse in milanese, ma poi capì che doveva sciacquare i panni in Arno, come si suol dire. Riscrivere il suo romanzo in quel dialetto gli richiese un'enorme fatica e di fatto rimane la sua unica grande opera in questo specifico comparto narrativo. Non me la sento di combattere la stessa battaglia. Così come non riscriverei i miei romanzi di un tempo, oggi molto datati dal punto di vista tecnologico.
Come combatte allora l'obsolescenza programmata dei suoi scritti?
Guardo molto al passato, leggendo e valorizzando più che posso i grandi precursori del genere: a tanti anni di distanza, le loro idee hanno ancora grande valore. Mi interesso molto del presente e collaboro attivamente col futuro del genere letterario. È l'unico modo che conosco per combattere contro la velocissima obsolescenza della fantascienza: l'Arno non smetterà di scorrere, no?