La distanza tra me e il ciliegio: il libro d’esordio di Paola Peretti

di Emanuela Brumana

Un caso editoriale tradotto in venti Paesi, che racconta la perdita della vista di una bambina, tra citazioni letterarie, strambe amicizie e profonde riflessioni.

Indice

Uno dei libri usciti negli ultimi mesi del 2018 è l’esordio letterario di Paola Peretti, classe 1986. Un libro denso di immaginazione e fantasia, citazioni letterarie e vita vera.

La distanza tra me e il ciliegio è uscito in 20 Paesi, portando in giro per il mondo la testimonianza di Paola, che usa la storia della piccola Mafalda per parlare di quello che le sta succedendo.

La trama del libro

Mafalda è una bambina di nove anni a cui è stata diagnosticata una rara sindrome che colpisce la vista: piano piano diventerà cieca, perché nei suoi occhi ci sono due macchie nere che andranno ingrandendosi fino a inghiottire tutto e a lasciarla al buio. Quando conosciamo Mafalda, la malattia ha già iniziato il suo corso e così la seguiamo alle visite dalla dottoressa, assistiamo alla solitudine che piano piano la circonda, visto che la sua migliore amica Chiara ha smesso di stare insieme a lei. Ma Mafalda non si piange addosso, perché nella sua vita ci sono dei punti fermi, degli “essenziali”, che la sorreggono e la accompagnano: uno è il suo gatto Ottimo Turcaret; uno è il ciliegio che c’è davanti scuola, su cui Mafalda sogna di andare a vivere come ha fatto il protagonista del suo libro preferito, Il barone rampante; e uno è Estella, la bidella della scuola che la scuote e le insegna dei modi tutti nuovi di guardare alla vita. E poi, a mano a mano che si procede nella lettura, si delinea un altro punto fermo: è Filippo, un compagno di scuola che, pagina dopo pagina, si fa carico di Mafalda, della sua malattia ma anche di tutto il suo universo fatto di sogni da bambina di nove anni.

Recensione de La distanza tra me e il ciliegio

La prima cosa che colpisce, leggendo La distanza tra me e il ciliegio, è la narrazione: non ci sono incertezze nella costruzione di un parlato che è credibilmente quello di una bambina di nove anni. La Peretti, forte anche delle sue esperienze con i bambini, riesce a modellare il suo linguaggio sulla protagonista Mafalda. E così non mancano i dubbi (Ma come fa un bambino a finire nella pancia della mamma?), i sogni come quello di creare una bend insieme al suo nuovo amico e la semplicità con cui smaschera la prudenza dei genitori nel parlare della sua malattia, ma anche tutte le paure, le tristezze e la rabbia che questa comporta.

Estella, un giorno, le spiega chi sono le amazzoni: ecco, Mafalda, con la sua narrazione sincera e le sue riflessioni senza freni si rivela essere pagina dopo pagina una vera amazzone. Una bambina forte in un mondo di adulti stravolti da ciò che ha colpito la loro bambina.

Leggere questo libro, proprio per via di questa narrazione cristallina e sincera, si rivela essere un’esperienza stupefacente perché non c’è mai quel senso di crogiolamento nella tragedia e allo stesso tempo, proprio per questo, tocca profondamente chi lo legge.

Fondamentali sono le riflessioni di Mafalda, che spronata da Estella, impara a capovolgere il proprio modo di pensare alla vita dopo la diagnosi: non più un universo di privazioni, ma un mondo nuovo da scoprire, fatto di profumi che si sentono sempre prima, progetti che si posso realizzare anche al buio e dove non ci sono mostri che si nascondono nell’oscurità, ma i volti di chi ci è stato e ci è accanto.

L’esordio letterario della Peretti è un piccolo gioiellino letterario, non solo per la forza che l’autrice ha dimostrato nel raccontare, attraverso Mafalda, la malattia che l’ha colpita e le sta rubando la vista, ma proprio perché la Peretti sa costruire universi narrativi di grande empatia e realtà.