Cecità: la recensione del romanzo capolavoro di José Saramago

di Chiara Poli

Il capolavoro del premio Nobel José Saramago, Cecità, è oggi più attuale che mai. Perché racconta lo scoppio di un'epidemia che fa emergere la natura umana. In tutte le sue affascinanti, generose, terrificanti e crudeli sfumature. Un romanzo da leggere.

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Una misteriosa epidemia - e di questi tempi il tema ci colpisce più che mai - rende cieca la quasi totalità della popolazione mondiale.

Nessuno sa cosa stia succedendo, né perché. Ma in un mondo in cui la gente non vede, il denominatore comune è solo uno: il panico.

Già poco dopo l'inizio dell'epidemia, c'è chi si approfitta degli altri, chi fa di tutto per aiutare, chi capisce che l'istinto di sopravvivenza trasforma l'uomo in un essere privo di scrupoli e chi, pur senza capirlo, vive questa trasformazione e basta.

Quando ciò che siamo abituati a usare per decodificare il mondo viene a mancare, emerge la nostra vera natura.

Non è, in fondo, la stessa cosa che sta succedendo in tutto il mondo ai tempi di Covid-19?

Da questo romanzo, considerato il capolavoro di José Saramago, il grande scrittore portoghese premiato nel 1998 con il Nobel, è stato tratto un film.

Blindness - con un cast di grandi nomi, da Julianne Moore a Mark Ruffalo e Danny Glover - è una trasposizione molto fedele dell'opera di Saramago.

Per chi, come me, ha compiuto per una volta il percorso tradizionalmente inverso, vedendo prima il film per poi leggere il romanzo da cui è tratto, la suspense è venuta quindi a mancare. Io e gli altri lettori già istruiti sulla trama non ci aspettavamo dei grandi colpi di scena: gli eventi, bene o male, sono quelli.

Ciò che la pur straordinaria interpretazione della Moore (attrice da Oscar, va ricordato) non è riuscita a restituire è il senso stesso di Cecità: il giudizio del narratore.

Saramago, mentre ci racconta il crollo dell'intero sistema su cui la nostra società si fondava, non manca d'inserire la sua opinione in modo più o meno esplicito.

Oltre a raccontare, insomma, l'autore giudica. E lo fa in un modo che non lo pone mai in una condizione di superiorità. Non si mette in cattedra, si limita a osservare ciò che chiunque altro osserverebbe.