La storia del villaggio sommerso di Curon e di una terra tradita da tutti e dall'identità ferita è al centro del romanzo Resto qui di Marco Balzano, classificatosi secondo allo Strega nel 2018.
L'attrazione turistica più visitata del Lago di Resia è un campanile semi-sommerso dall'acqua, che la cui parte emersa si riflette perfettamente nelle tranquille acque sottostanti. Con l'arrivo imminente di una serie Netflix che rielabora, in chiave sovrannaturale, l'ultimo brandello di storia di Curon ancora visibile e sfuggito alle acque, c'è da aspettarsi che la curiosità in merito e il flusso turistico in zona non faranno che aumentare.
È proprio da una visita turistica nella valle e dalla vista del sinistro campanile che emerge dalle acque che lo scrittore Marco Balzano ha tratto la forza e lo stimolo di narrare, romanzandoli, i fatti storici dolorosissimi che hanno cancellato un paesino altoatesino dalle mappe e dalla vista. Il risultato è Resto qui, titolo Einaudi molto chiacchierato all'uscita e classificatosi secondo al premio Strega 2018. Il libro è stato tradotto in numerose lingue e nazioni europee, approdando anche in Cina e negli Stati Uniti.
Cosa c'è di vero nella storia raccontata da Balzano e cosa ha decretato il successo letterario di un insegnante appassionato di scritti leopardiani?
La trama di Resto qui
La foto di copertina del romanzo ritrae il campanile di Curon, simbolo di una vicenda dolorosa che ha le sue radici a inizio Novecento e che viene raccontata da Trina alla figlia Miriam. Quello che la donna ricostruisce attraverso personaggi frutto della fantasia dello scrittore è però un racconto dalle solide basi storiche, in cui rivive la travagliata storia dell'Alto Adige. Questa lingua di terra montuosa ha conosciuto numerose dominazioni e ingiustizie nei pochi decenni che hanno tinto il Novecento di sangue.
Alla fine della Prima guerra mondiale gli abitanti di Curon e delle vicine vallate si ritrovano a diventare italiani, dopo aver combattuto e ucciso l'odiato nemico mediterraneo dalle fila dell'esercito austroungarico. Così una popolazione di lingua e tradizioni tedesche si ritrova a doversi convertire a un linguaggio e una cultura sconosciuti e verso cui provano profonda ostilità. La protagonista Trina è tra gli abitanti che resistono attivamente all'italianizzazione dei luoghi, a cui l'ascesa del regime fascista tenta di dare un'accelerata.
In qualità di maestra, forma segretamente classi in cui insegnare il tedesco alle giovani generazioni, costrette a imparare l'italiano a scuola. La pena per chi viene scoperto in simili attività è però molto severa. L'impegno di Trina causa anche rimpianti dolorosi, perché il suo coinvolgere altre persone nella rete didattica clandestina ha anche conseguenze drammatiche.
La vera storia del villaggio sommerso di Curon
Nella seconda parte del romanzo insieme alla famiglia Trina dovrà affrontare una sfida ancor più drammatica: quella della Seconda guerra mondiale e delle leva nell'esercito italiano. Resto qui, il titolo del romanzo, è una delle posizioni che dividono drammaticamente la popolazione, prima e dopo la guerra. C'è chi si piega e chi cede, c'è chi se ne va e chi sceglie la via della clandestinità.
Nell'ultima parte del libro viene raccontato il dopoguerra e le ultime speranze mal riposte degli abitanti di Curon. L'esito finale della costruzione di una diga a monte e il successivo innalzamento del livello delle acque campeggia nella foto di copertina. Né gli appelli al Papa e quelli alle più alte cariche dello Stato possono fare qualcosa per quello che altrove viene chiamato progresso e che a Curon diventa annichilimento della geografia e delle memoria.
La storia di Curon diventa la storia di Trina, una madre che tenta disperatamente con le parole di spiegare alla figlia perduta il perché delle sue scelte e della loro drammatica separazione.
Considerazioni finali sul romanzo di Marco Balzano
Tra i filoni più in salute della letteratura italiana contemporanea c'è di certo la scrittura legata alla montagna come luogo fisico e panorama spirituale. Ne è prova il successo alla precedente edizione dello Strega di Le otto montagne, best seller di Paolo Cognetti che ha saputo vincere il prestigioso premio e conquistare anche il mercato internazionale.
Pur avendo dalla sua la Storia con la s maiuscola, il libro di Balzano non risulta altrettanto coinvolgente a livello letterario, pur rimanendo molto accessibile e scorrevole in lettura. In questo caso particolare bisogna distinguere tra meriti narrativi e letterari. Marco Balzano ha il merito di dare voce a una parte di storia dell'Italia novecentesca spesso taciuta, in cui un lembo dello Stivale è stato annesso con la forza e ha subito soprusi e umiliazioni per decenni, vedendo sradicate le proprie tradizioni culturali e cancellati i propri presidi fisici.
Marco BalzanoL'acqua ha sommerso ogni cosa. Solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon.
Dall'altra però Balzano però incarna tutti i difetti della letteratura recente che racconta questo genere di storie, in maniera più marcata rispetto al collega Paolo Cognetti. Resto qui è un racconto che insiste sullo stereotipo della montagna come luogo dell'anima contrapposta alla malvagia e crudele città industriale con una superficialità che sfocia talvolta nella faciloneria, senza dimenticare quel vizietto tutto italico di ammantare i protagonisti maschili di un'introspezione quasi patologica, spacciata per una più profonda e inarrivabile sensibilità.
Sicuramente merita una lettura le conoscere la storia tragica di Curon, ma in merito alle travagliate vicende dell'Alto Adige ci sono romanzi e memoir decisamente più riusciti. Penso per esempio a parte della produzione letteraria della giornalista televisiva Lilli Gruber, che è nata in quelle terre e riporta storie e testimonianze di prima o seconda mano, senza eccessivo bisogno di romanzare.
Quello di Balzano è un romanzo che ha il merito di raccontare un pezzettino di storia novecentesca italiana spesso taciuto, ma si trascina dietro gli stilemi di tanta letteratura italiana coeva.