Hime-chan no ribbon, Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare
di Giulia GrecoChi non ricorda il cartone animato Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare che ci ha tenuto compagnia nei pomeriggi degli anni Novanta? L'anime è tratto dal manga di Megumi Mizusawa, che ha ispirato anche un recente remake.
Himeko Nonohara, Hime-chan per gli amici, ha tredici anni, è una ragazzina energica e sempre sorridente che un giorno riceve la visita di Erika, principessa del Regno della Magia, che le somiglia come una goccia d'acqua.
La principessa le fa dono di un fiocco incantato, che la potrà trasformare in qualsiasi persona Hime desideri. Accompagnata dal fidato leoncino di peluche Pokota, a cui è stata donata la vita, e dall'amico Daichi Kobayashi che la aiuterà a non cacciarsi in guai troppo grossi, Himeko vive mille avventure, trasformandosi di volta in volta in amici, familiari e celebrità.
Attenzione però! La trasformazione può durare solo per un periodo di tempo limitato, altrimenti Himeko sarà condannata a vivere per sempre nelle sembianze di qualcun altro.
Se la storia vi suona familiare è probabilmente perché avete vissuto la vostra infanzia nei Novanta, anni in cui spopolava ancora il majokko classico, e vi siete innamorati dell'anime Un fiocco per sognare, un fiocco per cambiare, tratto da Hime-chan no ribbon, manga di Megumi Mizusawa.
Era esattamente il 1990 quando Himeko fece la sua comparsa sulle pagine della rivista Ribon. A quel tempo, il mahō shōjo (o majokko) era un genere in via di evoluzione. Maghette e streghette che si trasformavano in belle adolescenti sicure di sé come accadeva ne L'incantevole Creamy o Magica magica Emi avrebbero presto lasciato il posto alle indomite guerriere Sailor (l'opera di Naoko Takeuchi arriverà appena un anno dopo, nel 1991) che useranno i loro poteri magici per combattere contro le forze del male e proteggere la razza umana.
Non è il caso di Hime-chan no ribbon, un majokko classico, convenzionale (dove convenzionale non significa certo banale!), erede di Bia, la sfida della magia, Ransie la strega o Sandy dai mille colori.
Il manga di Megumi Mizusawa racconta una storia genuina, nella quale la magia non diventa mai il cardine attorno al quale ruotano le vicende, perché serve da espediente narrativo per raccontarci i tredici anni, le insicurezze di un'età incerta in cui la sfida più difficile è imparare ad accettare sé stessi. Non ci sono nemici da sconfiggere, perché gli ostacoli da superare hanno sempre una dimensione intima e familiare, hanno a che fare con la crescita personale della protagonista, che impara a non arrendersi mai e ad affrontare ogni scoglio con entusiasmo e frizzante vitalità.
Amicizia, amore, rivalità, ma anche avventura e coraggio sono gli ingredienti che fanno di Hime-chan no ribbon una lettura fresca, briosa e coinvolgente che emerge rispetto a colleghe più illustri proprio per la disarmante naturalezza della storia narrata. Non a caso Himeko non sfrutta il suo fiocco magico per combattere nemici provenienti da altre dimensioni, né per ottenere successo e trasformarsi in una star della musica come Creamy, non fa uso dei propri poteri per un tornaconto personale, ma solamente per risolvere i piccoli problemi della sua giovane età... combinando spesso qualche pasticcio. Il vero filo conduttore del manga è il desiderio, tipico di una tredicenne, di somigliare ad altri, a qualcuno che possiede tutte quelle qualità che un'ingenua ragazza aspira a far proprie. Non è un caso che la nostra protagonista, nonostante sia un'inguaribile ottimista e cerchi di guardare sempre al lato positivo di ogni cosa, desideri più di tutto essere come la più femminile sorella maggiore. Tenta di emularla, spera di essere bella come lei perché immagina sia il solo modo per ricevere l'amore del ragazzo per cui ha una cotta, e in un primo momento il fiocco magico (un accessorio tipicamente femminile) sembra poter soddisfare questo scopo, ma nel corso degli episodi Himeko imparerà a trovare una propria identità e stare bene nella propria pelle. L'arco narrativo in cui la protagonista resta intrappolata in un corpo a lei estraneo è emblematico in tal senso perché serve da presa di coscienza per la fanciulla, che impara ad amare sé stessa, matura una propria femminilità e scopre l'amore vero.
La mangaka tratteggia in maniera molto attenta e delicata il percorso di Himeko e la sua continua evoluzione personale, lasciando ai lettori una morale semplice ma mai banale: la vera magia sta nella purezza dei sentimenti, nei legami che si creano e nelle relazioni che si intrecciano.
Hime-chan no ribbon Colorful, il remake del 2009
E poi arrivò il remake...
A distanza di vent'anni rispetto al manga originale, l'autrice Shiho Komiyuno ripropone la storia di Himeko Nonohara in una veste nuova e più moderna. Cambiano i disegni (molto distanti dal tipico tratto dei manga shojo anni Novanta), cambiano i dettagli e cambia l'impatto che la storia ha sul suo pubblico.
La forza del manga originale era, e lo abbiamo chiarito, Himeko stessa, una ragazzina nella quale qualsiasi adolescente può rispecchiarsi. Le ansie, le paure, la determinazione sono caratteri universali che mancano alla Himeko del remake dal titolo Hime-chan no ribbon Colorful. L'assenza di Pokota e di Aiko, sorella maggiore della protagonista, e la costante presenza della principessa Erika sono gli elementi che più degli altri determinano l'insuccesso del manga di Komiyuno.
La Hime-chan di Mizusawa intraprendeva un percorso di maturazione personale attraverso l'escamotage della magia. La protagonista del remake non può fare altrettanto perché mancano gli elementi che glielo dovrebbero permettere. Senza Pokota, viene meno la drammaticità derivante dalla consapevolezza che Himeko dovrà dire addio all'amato peluche, il quale, allo scadere del tempo in cui alla ragazza è concesso di far uso della magia, tornerà a essere un oggetto inanimato. La tristezza che scaturisce dall'imminente separazione tra la giovane e il peluche che le dava sicurezza durante l'infanzia fa sì che la Hime-chan originale viva con crescente intensità il legame con Pokota. Ma se Himeko non può fare esperienza di determinati sentimenti, allora non può crescere e il messaggio della storia raccontata si perde. È esattamente ciò che accade con Hime-chan no ribbon Colorful, in cui Himeko non vive neppure per un momento lo strazio della dipartita (e sorvoliamo sul fatto che nel manga originale la questione venga infine risolta rinunciando a quella nota di malinconia che inizialmente era stata prospettata) né tantomeno il conflittuale rapporto con la sorella maggiore. Se la Himeko originale guardava ad Aiko come al suo ideale di bellezza e femminilità, sentendosi al confronto poco carina e fascinosa, la Himeko del 2009 non vive il confronto con la sorella, che inevitabilmente aveva un peso psicologico maggiore, ma desidera somigliare a un'anonima idol. Lo scopo, nella storia del 1990, era far sì che la protagonista comprendesse il proprio valore, che riuscisse ad apprezzare sé stessa con le caratteristiche che la rendevano unica e che sapesse infine cucirsi addosso un proprio modello di femminilità.
Sono quindi gli aspetti più introspettivi a mancare in Hime-chan no ribbon Colorful, che ci offre una versione più fredda e artificiosa di un classico della letteratura fumettistica giapponese.