Zardo: il noir ritrovato di Tiziano Sclavi
di Lorenzo BianchiTiziano Sclavi ed Emiliano Mammucari ci guidano in una torbida vicenda fatta di amanti diabolici, scambi d'identità, sadici investigatori privati e cadaveri che scompaiono.
Per parlare di Zardo, il fumetto di Tiziano Sclavi pubblicato a giugno 2020 da Sergio Bonelli Editore sotto l'etichetta Audace, occorre fare un viaggio indietro nel tempo di circa trent'anni. Precisamente al 1991, quando la casa editrice Camunia diede alle stampe il romanzo Nero. - rigorosamente con il punto finale – dello stesso Sclavi.
Un noir atipico, che univa il grottesco all'horror facendo largo uso di splatter grandguignolesco. Una vicenda di “amanti diabolici” alla Blood Simple dei fratelli Coen, scritta come fosse una sceneggiatura di un fumetto e trasposta al cinema l'anno seguente in un film con Sergio Castellitto diretto da Giancarlo Soldi.
È proprio il regista a ritrovare e inviare a Sclavi qualche anno fa un'ulteriore sceneggiatura dell'opera, questa volta pensata proprio per un adattamento a fumetti del romanzo. O almeno questo è quello che afferma il creatore di Dylan Dog nell'introduzione a Zardo, giocando forse con l'espediente narrativo del manoscritto ritrovato ma aggiungendo sicuramente ancora più mistero a una storia che ne è pregna fino al midollo.
Benché il nome gli si addica, Zardo non è un supereroe. È un uomo comune, con un volto comune e una vita – probabilmente – altrettanto comune. O forse neanche questo.
Per tutte le cinquanta tavole del fumetto, Sclavi si diverte infatti a giocare con l'identità del misterioso individuo che dà il titolo a questa versione della storia, lasciato nelle prime tavole dalla fidanzata Francesca per uomo che si troverà costretto a diventare egli stesso Federico Zardo. Ma anche di questo il lettore non sarà mai convinto al cento per cento, perché il cadavere di Zardo, presumibilmente ucciso dalla sua ex ragazza e posto in una valigia, inizierà misteriosamente a passare di auto in auto fino a sparire, mettendo in moto una sarabanda di fughe, ricatti, omicidi e sconcertanti rivelazioni.
La “nuova” fatica di Sclavi è dunque un vero e proprio turbine di eventi e ribaltamenti di prospettiva, un'avventura incontrollabile che finisce per travolgere i due protagonisti, non identificabili né come buoni né come cattivi. Una vicenda frenetica, che racchiude in sé molti degli stilemi narrativi e delle tematiche tanto care al papà dell'Indagatore dell'Incubo, portati come sempre in scena sotto l'occhio vigile, invisibile e dominante dell'Oscura Signora, la morte.
Stando al progetto originale, negli anni '90 ai disegni di Zardo sarebbe dovuto esserci Giampiero Casertano, storico autore Bonelli visto più volte all'opera sul personaggio di Dylan Dog. Nella versione definitiva dell'opera, il suo posto è stato preso da Emiliano Mammucari, co-creatore con Roberto Recchioni di Orfani, coadiuvato ai colori da Luca Saponti.
Come da volere di Sclavi, Mammucari si muove su tavole a quattro strisce, che il disegnatore libera però dai vincoli della griglia donando ritmo, dinamicità e modernità alla storia. Il suo tratto, ormai riconoscibilissimo e perfetto per un progetto dell'etichetta Audace, riesce a cogliere e trasferire su carta in maniera impeccabile emozioni, paure e desideri dei personaggi. Questi ultimi prendono letteralmente vita nelle tavole di Mammucari, i loro sentimenti sono palpabili, le loro angosce e pulsioni reali.
Come quando l'uomo che ruba l'identità di Zardo, in fuga con il cadavere di quest'ultimo chiuso nel bagagliaio della sua auto, si imbatte in un disco volante. Un avvenimento più unico che raro, probabilmente solo frutto della sua immaginazione, ma a cui noi siamo portati a credere perché i suoi occhi e l'espressione del suo volto ci convincono che sia reale.
Al pari del romanzo alla base di questo progetto ormai tranquillamente etichettabile come transmediale, anche il fumetto tratto da Nero. Non ha un vero e proprio finale. Nell'idea originaria di Tiziano Sclavi, confermata da alcune scansioni di sceneggiatura raccolte in calce al volume, Zardo sarebbe infatti dovuto essere soltanto il primo tassello di una serie di storie a tinte noir, collegate tra loro dalla presenza di personaggi ricorrenti.
Non c'è quindi da stupirsi se il fumetto, nonostante appaia fin troppo carico di elementi all'apparenza non necessari, lasci nel pubblico la sensazione di aver letto qualcosa di incompleto, non finito. Una storia a metà, monca come la mano del cadavere che da il titolo all'opera, che forse, dopo quasi trent'anni, potrebbe finalmente vedere realizzata e pubblicata la sua conclusione.
Zardo unisce la prosa dello Sclavi dei tempi d'oro ai disegni di uno degli artisti italiani più promettenti degli ultimi anni, regalando al lettore un noir horror e grottesco dai risvolti inaspettati.