Uno dei libri migliori per scoprire il Commissario Montalbano con dei racconti gustosi come gli arancini preparati da Adelina.
Tra i tanti libri che hanno come protagonista l’amato commissario Salvo Montalbano, nato nel 1994 dalla penna di Andrea Camilleri, uno dei più fortunati e apprezzati di sempre è la raccolta di racconti Gli arancini di Montalbano. Edito per la prima volta da Mondadori nel 1999 è in ordine cronologico il sesto libro della saga, ma per la varietà di temi trattati potrebbe rappresentare un buon punto di partenza per approcciarsi agli scritti dello autore siciliano. Molte delle storie qui narrate, inoltre, sono state trasposte sul piccolo schermo nelle serie tv Il Commissario Montalbano e Il giovane Montalbano.
Gli arancini di Montalbano: riassunto, personaggi e storie
Gli arancini di Montalbano raccoglie venti tra le storie più belle e peculiari del burbero commissario vigatese che Camilleri ambienta ancora una volta in una Sicilia aspra e quasi eterea, in cui l’ordinario sa rendersi straordinario senza sforzi in situazioni apparentemente semplici e banali che nascondono però risvolti imprevedibili e grotteschi.
Montalbano è sempre lo stesso, nervoso quando il tempo é tinto, quando Catarella lo sveglia nel cuore della notte con dialoghi allucinati e quando i commensali tentano di rivolgergli la parola duranti i pasti, ma ben disposto, seppur sempre burbero, quando c’è il sole, dopo una nuotata o se qualcosa solletica la sua curiosità. È il caso di un funerale con una sola persona che segue il carro funebre e che lo fa arrivare tardi a lavoro ne Il gioco delle tre carte o dell’uomo vestito di nero che da mesi passeggia sulla spiaggia davanti alla sua casa senza avere il coraggio di parlargli ne La revisione.
Il suo senso di giustizia, spesso molto lontano dalla legge scritta, lo spinge poi a perseguire la verità anche quando le circostanze si rivelano sfavorevoli. Una sentenza è già stata decretata e scontata in Una mosca acchiappata al volo, ma è proprio il piccolo e insignificante dettaglio che dà il titolo al racconto a stuzzicare Montalbano e a portarlo a rimestare tra le carte di un vecchio caso che la vittima stessa vuole lasciarsi alle spalle. In Una brava fìmmina di casa, invece, Montalbano si lascia conquistare dall’intelligenza e dalla tenacia di una donna che chiede il suo aiuto per arrestare l'assassino del padre, in una spirale di bugie, potere politico e vecchi torti mai dimenticati.
A ricercare la giustizia spicca anche Catarella. Il suo contributo si rivelerà fondamentale nel risolvere il caso de La povira Maria Castellino, l’inspiegabile omicidio di una prostituta settantenne che a detta del centralinista è opera di “Un clienti della bottana che è figliu di bottana”. Ma è soprattutto in Catarella risolve un caso che l’agente stupisce il commissario e lo stesso lettore con un occhio attento ai dettagli e un ragionamento impeccabile.
Gli arancini di Montalbano presenta poi una carrellata di personaggi indimenticabili. Uomini e donne ben caratterizzati e assurdi a tal punto che sembrano poter vivere solo tra le pagine di un libro, ma che al contempo sono drammaticamente umani e reali. I coniugi Di Giovanni de La prova generale che, dopo una vita vissuta insieme, non accettano di morire separati; il ragioniere Ferro, incapace di accettare la caducità della vita, che in Pezzetti di spago praticamente inutilizzabili denuncia il furto di una scatola di tappi di birra consumate nel 1997; e la signora Briguccio vittima e protagonista di un singolare Referendum popolare.
Trova un suo spazio tra le pagine anche lo stesso Camilleri che trasforma il racconto Montalbano si rifiuta in una sorta di statuto della propria poetica, una dichiarazione di coerenza nei confronti del personaggio rivolta a chi iniziava a considerare i suoi casi banali, ripetitivi e anacronistici.
Gli arancini di Montalbano: la ricetta del libro
Il racconto da cui prende il nome la raccolta è l’ultimo del libro e si svolge pochi giorni prima di Capodanno. Dopo aver schivato con astuzia e furbizia i più strampalati inviti per la notte di San Silvestro, essere uscito indenne da una pericolosa litigata con Livia ed essersi preparato a passare il 31 dicembre da solo, Montalbano non riesce a dire di no all’invito della cammarèra Adelina che, in occasione della festività e della rara scarcerazione contemporanea dei due figli delinquenti, preparerà uno dei suoi piatti forti, gli arancini. Qualcosa però rischia di mettersi in mezzo tra il commissario e il suo cenone: Pasquale, il figlio di Adelina, è ricercato per una rapina ad un supermercato e se non si trova il vero colpevole entro pochi giorni la cena è destinata a saltare.
Mentre il commissario si prepara alla mangiata, Camilleri si sofferma a stimolare l’appetito dei lettori con la sua ricetta degli arancini, qui riportata come nel libro:
Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che sicuramente gli era trasùto nel Dna, nel patrimonio genetico.
Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa (senza zafferano, pi carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rafriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini ‘na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s’ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s’assistema nel palmo d’una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell’altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d’ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s’infilano in una padeddra d’oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d’oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano!
Gli arancini di Montalbano: frasi
Una raccolta delle migliori frasi tratte dai racconti de Gli arancini di Montalbano.
Gustare un piatto fatto come dio comanda è uno dei piaceri solitari più raffinati che l’omo possa godere, da non spartirsi con nessuno, manco con la pirsona alla quale vuoi più bene.
(Gli arancini di Montalbano)
No, non era proprio cosa, l’unica era farsi una doccia e andarsi a corcare con un libro. Sì, ma quale? A eleggere il libro col quale avrebbe passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci un’orata. Per prima cosa, c’era la scelta del genere, il più adatto all’umore della serata. Un saggio storico sui fatti del secolo? Andiamoci piano: con tutti i revisionismi di moda, capitava che t’imbattevi in uno che ti veniva a contare che Hitler era stato in realtà uno pagato dagli ebrei per farli diventare delle vittime compatite in tutto il mondo. Allora ti pigliava il nirbùso e non chiudevi occhio. Un giallo? Sì, ma di quale tipo? Forse era indicato per l’occasione uno di quelli inglesi, preferibilmente scritti da una fìmmina, tutto fatto di intrecciati stati d’animo che però dopo tre pagine ti fanno stuffare. Allungò la mano per pigliarne uno che non aveva ancora letto e in quel momento il telefono sonò.
(La prova generale)
Non è che la signora Erminia fosse praticante per fatto di fede, lo era piuttosto per fatto di mancanza di sonno, come capita a quasi tutte le pirsone anziane: la missa matutina le serviva per far passare tanticchia di tempo di quelle giornate che di anno in anno si facevano, chissà pirchì, sempre più lunghe e vacanti.
(Il gatto e il cardellino)
"Signor Questore" disse Montalbano al quale era smorcato lo sbromo, vale a dire la voglia di pigliare per il culo l’interlocutore "tirare fuori un’arma, una pistola, non significa per niente la morte del minacciato, molto spesso la minaccia non ha valenza tragica, ma cognitiva. Almeno così sostiene Roland Barthes."
"E chi è?" spiò il Questore con la bocca spalancata.
"Un eminente criminologo francese" mentì il commissario.
"Montalbano, io me ne fotto di questo criminologo! Quello non solo estrae l’arma, ma spara!"
"Però non le colpisce, le vittime. Può darsi che si tratti di una valenza cognitiva accentuata."
(Il gatto e il cardellino)
La peggio cosa che poteva capitare (e inesorabilmente capitava a scadenze più o meno fisse) a Salvo Montalbano, nella sua qualità di dirigente del commissariato di Vigàta, era quella di dover firmare le carte. Le odiate carte consistevano in rapporti, informative, relazioni, comunicazioni, atti burocratici prima semplicemente richiesti e poi sempre più minacciosamente sollecitati dagli “uffici competenti”. A Montalbano gli pigliava una curiosa paralisi della mano dritta che gl’impediva non solo di scrivere quelle carte (ci pensava Mimì Augello), ma addirittura di mittìrici la firma.
“Almeno una sigla!” supplicava Fazio.
Nenti, la mano s’arrefutava di funzionare.
(Come fece Alice)
"Guardi, ci sono delle righe di Montaigne che espongono macroscopicamente la questione. Da questo stesso foglio sul quale ha formulato la sentenza per la condanna di un adultero scrive Montaigne quello stesso giudice ne strappa un pezzetto per scrivere un bigliettino amoroso alla moglie di un collega. E’ un esempio macroscopico, ripeto, ma contiene tanta parte di verità. Mi spiego meglio. In quali condizioni ero io, come uomo intendo, nel momento nel quale ho pronunziato una pesante sentenza?"
(La revisione)
Allora, ma non solo per passare tempo, il commissario principiò a pensare a una lettura fatta qualche giorno prima. Sostiene Pessoa, attraverso le parole che mette in bocca a un suo personaggio, l’investigatore Quaresma, che se uno, passando per una strada, vede un omo caduto sul marciapiede, istintivamente è portato a domandarsi: per quale motivo quest’uomo è caduto qui? Ma, sostiene Pessoa, questo è già un errore di ragionamento e quindi una possibilità di errore di fatto. Quello che passava non ha visto l’uomo cadere lì, l’ha visto già caduto. Non è un fatto che l’omo sia caduto in quel punto. Quello che è un fatto è che egli si trova lì per terra. Può darsi che sia caduto in un altro posto e l’abbiano trasportato sul marciapiede. Può essere tante altre cose, sostiene Pessoa.
(Sostiene Pessoa)