Il danzatore dell'acqua, la recensione: un magico tuffo nella memoria per rimarginare la piaga dello schiavismo

di Elisa Giudici

Il primo scritto di narrativa di Ta-Nehisi Coates è un romanzo ambizioso che guarda a La ferrovia sotterranea per riscrivere con un pizzico di realismo magico il dramma della schiavitù nella Virginia decadente prima della Guerra Civile.

Indice

Si è molto parlato dell'esordio nel campo della narrativa di Ta-Nehisi Coates, giornalista che ha raggiunto il successo letterario nelle vesti di saggista. Noto per i suoi pezzi di ampio respiro a tema Stati Uniti e questione afroamericana su testate come The Atlantic, lo scrittore ha strappano un biglietto per la finale del Pulitzer per la non fiction con Between the World and Me nel 2015. Il danzatore dell'acqua è il suo primo romanzo di narrativa, salutato come un valido tentativo di donare alla sua patria un grande romanzo (afro)americano, dopo il successo strepitoso ottenuto dal collega Colson Whitehead con La ferrovia sotterranea (edito in Italia da SUR).

Einaudi evidentemente crede nel progetto e presenta il danzatore dell'acqua come il romanzo lirico e toccante qual è. Tradotto da Norman Gobetti, il libro fa bella mostra di sé in libreria da settembre, con una splendida copertina illustrata da Elisa Talentino. Nell'immagine di presentazione ritroviamo due elementi cardine del libro: un giovane afroamericano e l'acqua. Quest'ultima è uno dei simboli più ricorrenti di un romanzo che non ha paura di tessere realtà storica e realismo magico.

Il romanzo parte un po' dallo stesso presupposto di Whitehead, capace di raccontare al pubblico bianco e non il fenomeno della ferrovia sotterranea, rendendola però un'infrastruttura tangibile. La distinzione fondamentale tra i due è che Whitehead macina libri di genere dall'inizio della carriera, mentre Ta-Nehisi Coates è ancora impegnato a scrollarsi di dosso l'approccio impettito di chi è abituato a scrivere non fiction con fatti, date e note a margine. Forse ricorrere anche al realismo magico ha esposto troppo il fianco di un esordio comunque pregevole.

La trama

Hiram Walker è uno schiavo che vive nella Virginia depauperata del suo elemento più prezioso dalle grandi famiglie bianche schiaviste: la fertilità della terra. A causa della coltivazione intensiva del tabacco, i campi non rendono più come una volta e le grandi famiglie si stanno spostando a Ovest, verso territori vergini e più redditizi. La stirpe dei Walker invece non sembra intenzionata a lasciare lo stato del sud-est, tenendosi ben stretti i suoi schiavi neri. La legge del mercato vuole infatti che laddove il terreno non renda più, gli schiavi diventino la merce più preziosa.

Di questo però Hiram è consapevole fino a un certo punto. Figlio di una donna di cui non ricorda il volto e del padrone bianco della piantagione, è stato messo al fianco del fratellastro caucasico, vegliando sulla sua sicurezza e ovviando alla sua stupidità. Hiram al contrario ha una memoria prodigiosa e un cervello fino. Con la sola eccezione della madre ricorda ogni cosa, è intelligente e capace di leggere e scrivere. Un giorno, mentre riaccompagna a casa in calesse il fratellastro Maynard, una luce azzurrognola circonda tutto: insieme al carro e al cavallo, i due fratellastri finiscono nel fiume Goose. Dal corso d'acqua però riemergerà solo Hiram, che ancora non sa di aver avuto prova di possedere la Conduzione. Si tratta di un potere speciale, che consente a chi riesce a padroneggiarlo di viaggiare nello spazio a proprio piacimento.

Dimenticare significa diventare davvero schiavi. Perché è la memoria il ponte fra la dannazione della schiavitù e la benedizione della libertà.

Prima di poter utilizzare correttamente la Conduzione, Hiram esplorerà sulla sua pelle tutti i ricatti e il riscatto nascosti nella parola libertà. Altrove negli Stati Uniti infatti qualcosa si muove e un'altra vita per gli afroamericani è possibile. Conquistare la libertà però significa sfidare lo strapotere del razzismo, che soggioga con le strutture sociali ma anche con le catene mentali e il ricatto degli affetti. Uscire dal sepolcro degli stati del Sud significa mettere in gioco la propria vita e, anche una volta che si conquista la libertà, il sacrificio da pagare è alto.

I punti di forza

Al fianco di Hiram nel romanzo sfilano tutta una serie di figure fittizie e storicamente esistite (i fratelli White), le cui vicende sono ricostruite a partire da ciò che gli ex schiavi liberati e gli abolizionisti hanno documentato, testimoniato e conservato. Nella prima parte del romanzo, ambientata nella tenuta di Lockless, Ta-Nehisi Coates riesce a trasformare con grande maestria la sua profonda conoscenza storica in un romanzo immersivo. Sembra di tuffarsi in una dimensione sospesa tra la Tara di Rossella O'Hara e le crudeli piantagioni dove finisce il protagonista di 12 anni schiavo, film di Steve McQueen.

La storia di Hiram e quella di Solomon Northup finiscono per sovrapporsi in molti punti, anche se uno parte dal Nord libero e l'altro dal Sud schiavista, con la Guerra Civile a fare da spartiacque tra libro e film. Nella prima parte di Il danzatore dell'acqua c'è una commistione potente di decadenza e malinconia per la fine di un'epoca (quella della Virginia fertile e delle sue famiglie possidenti) intrecciata al rapido e doloroso coming of age di un giovane che solo nella seconda parte capirà fino in fondo quanto il sistema della schiavitù condizioni la percezione che ha di sé stesso. La delicatezza con cui Coates tratteggia i sogni di gloria e di redenzione di un ragazzo in cui convivono il desiderio dell'approvazione paterna, la paura, la voglia di libertà e un profondo attaccamento alla Virginia, il lirismo di certi passaggi: tutti questi elementi rendono Il danzatore dell'acqua un romanzo capace di grande vigore o di incredibile delicatezza nel parlare di eventi drammatici al suo lettore.

Considerazioni finali

Sfortunatamente Il danzatore dell'acqua è un buon romanzo che non riesce ad essere grande, a causa di tanti piccoli intoppi concentrati nella seconda parte. È come se la libertà che Hiram fatica a comprendere fino in fondo crei qualche problema all'autore stesso. Se in campo non fiction si muove con grande consapevolezza, in quello della narrativa Coates mostra qualche limite, tanto che il ritmo nella seconda parte si fa più discontinuo.

La vicenda viene continuamente interrotta da personaggi che sentono il bisogno di narrare a Hiram e al lettore quelle che diventano vere e proprie digressioni storiche spacciate per racconti personali. Dal mio punto di vista anche la scelta di impiegare un lessico parallelo e ingentilito che trasforma la schiavitù in Servizio e gli schiavisti in Qualità ha poco di galanteria del Sud. Questa scelta diventa un inutile lacciuolo stilistico, tanto che qua e là il termine schiavitù fa comunque capolino. Fatico a trovare un senso nel ricreare un lessico alternativo (quasi essere schiavo fosse un tabù linguistico) nel momento stesso in cui si narrano le peggiori nefandezze di questo sistema economico e sociale.

L'impedimento maggiore però sta nell'elemento magico della Conduzione. È dolorosamente evidente come Hiram non lo sappia padroneggiare perché Coates di fondo non sappia cosa farsene: per gran parte del romanzo rimane sullo sfondo, inspiegabile (ma anche abbastanza prevedibile, a dispetto dello stupore di Hiram), poi viene frettolosamente illustrata da un altro personaggio nelle sue linee guida, giusto in tempo affinché possa tornare utile per la chiusa. Come mi capita spesso di scrivere, non ci si improvvisa scrittori di genere. Whitehead sa quel che fa, Coates no: sono convinta che il romanzo sarebbe risultato più potente se fosse rimasto nel territorio del realistico. Per sottolineare quanto la memoria sia testimonianza necessaria ma anche mezzo di salvezza, davvero non c'era bisogno di complicarsi tanto la vita.

VOTO7 / 10

Coates riesce a costruire un romanzo emotivamente impattante nel raccontare la storia di un giovane schiavo che conquista la libertà: non è però il grande romanzo sulla schiavitù che ci si aspettava.