Amo la mia vita, l'ultimo romanzo di Sophie Kinsella: la recensione

di Cristina Migliaccio

La regina del rosa è tornata con un nuovo romanzo stand-alone che racconta di come l'amore talvolta non sbocci esattamente con l'anima gemella.

Sophie Kinsella torna in libreria con un romanzo stand-alone (quindi da leggere tranquillamente perché non è legato ad altre serie) che s’intitola Amo la mia vita. La Kinsella torna con la sua punta d’ironia e romanticismo ad intrattenere i lettori italiani che amano le sue storie, soltanto che con questo romanzo potrebbe aver perso la bussola perché il risultato non è esattamente riuscito.

Certo, come ogni romanzo della Kinsella, anche questo è frizzante, spensierato, un po’ fuori dalle righe con dei personaggi che incorporano tantissimi difetti, talvolta estremizzati, con la speranza di rendere la storia spumeggiante e avvincente. Il risultato, però, lascia un po’ a desiderare se si considera soltanto la storia d’amore in sé. Per fortuna esistono i personaggi secondari che hanno salvato in calcio d’angolo questo romanzo.

Partiamo per gradi. La trama: Ava è una ragazza che crede di avere una vita perfetta e soprattutto si reputa priva di pregiudizi. Ha tantissimi progetti nella sua vita e non riesce a portarne a termine neanche uno perché tende a distrarsi troppo spesso. Anche quando decide di partire per l’Italia e trovare l’ispirazione adatta a completare il suo romanzo, Ava finisce per inciampare nel classico errore del flirt estivo.

Abbagliata dal sole della Puglia, Ava incontra un ragazzo che la colpisce al primo sguardo ma del quale non può conoscere nulla, neppure il suo vero nome, per via del regolamento istituito da Farida, l’organizzatrice del corso di scrittura. Per questo, Ava sarà Aria e l’uomo di cui si è invaghita si farà chiamare Dutch. Trascorrono una settimana idilliaca, dalla spiaggia al letto senza mai lasciarsi e, soprattutto, senza mai approfondire qualche dettaglio della loro vita. Sanno soltanto di essere entrambi single.

Quando la magia finisce e sono costretti a tornare a casa, ogni loro certezza inizia a vacillare e Ava inizia a capire che forse nella vita c’è bisogno di mettere su qualche paletto e che nessuno può essere perfetto. Dutch si rivelerà essere Matt, la sua famiglia possiede un’azienda famosissima che fabbrica case per le bambole e il peso di quest’eredità sarà tanto da mandar giù, soprattutto perché Matt è un ragazzo molto enigmatico e timoroso di deludere i genitori, per cui spesso si dimostra succube dell’azienda.

Ecco, quando dicevo che la storia d’amore lascia un po’ a desiderare è perché forse la combinazione di questi due personaggi non mi ha mai convinta del tutto, né quando erano in Italia e non si conoscevano per nulla né quando sono tornati a Londra e hanno iniziato a scoprirsi passo dopo passo, mettendo in risalto dal primo momento soltanto i difetti.

Ava è una donna fuori dalle righe, vive al massimo e cerca sempre di aiutare il prossimo, eppure non si rende conto dei suoi errori. Matt invece è un ragazzo che non dimostra di avere molta spina dorsale, intimorito dall’eredità di famiglia e dall’idea di poter essere inferiore al fratello, ritenuto una celebrità del golf. Matt ha sempre vissuto all’ombra del fratello e ha cercato di guadagnarsi l’amore dei genitori subentrando in azienda, di conseguenza si è annientato e non è mai riuscito a stabilire dei limiti. Anche Ava, del resto, non rispetta i limiti, in genere li supera per via della sua personalità esuberante, eppure per una ragazza che dice di non aver bisogno di regole e paletti, Ava è un continuo controsenso perché con Matt non fa che tirare fuori regole assurde.

L’intento dell’autrice era di rendere questa storia d’amore un po’ eccentrica ed esagerata nei limiti della decenza ma, a mio dire, la combinazione di questi due personaggi non ha fatto che irritarmi per gran parte del romanzo per via della loro forte incomunicabilità. Non hanno mai affrontato gli elefanti nella stanza, lanciavano il sasso e poi nascondevano la mano, per poi esplodere verso la fine e lasciando cadere un po’ tutto nell’oblio.

Ho letto tutti i romanzi della Kinsella, avevo grandi aspettative per questa nuova storia che, di per sé, non è male, si legge facilmente, scorrevole e piacevole – e devo dire menomale che c’erano i personaggi secondari, che hanno dato quel tocco in più a questo romanzo – e si capisce facilmente dove il discorso andava a parare. Quello che non mi è piaciuto forse è stata proprio la connotazione dei personaggi principali: l’autrice ha voluto dare spazio a tematiche importanti e la diversità è al primo posto, ma in questo caso forse ha tirato un po’ troppo la corda, rendendo la lettura un po’ più pesante del dovuto.

Quello che avrei voluto trovare in questo romanzo e che mi è mancato è proprio il gusto genuino della risata, come mi capitava quando leggevo i primi romanzi di I Love Shopping oppure Sai tenere un segreto. Mi è mancato ridere, qui ho fatto davvero fatica già a farmi andare bene la storia così com’era. Aspettative un po’ deluse ma parliamo comunque di un romanzo di Sophie Kinsella, anche se non è uno dei migliori.

VOTO6 / 10

La Kinsella torna con la sua punta d’ironia e romanticismo, ma ad un certo punto ha perso la bussola perché il risultato non è esattamente riuscito.