La donna degli alberi, recensione del romanzo di Lorenzo Marone

di Cristina Migliaccio

Lorenzo Marone torna in libreria con una storia che tocca tutte le corde giuste, raccontando di una donna che ha perso la via e ha ritrovato se stessa nel cuore della natura.

Ci sono tante cose che vorrei dire di quest’ultimo romanzo di Lorenzo Marone e parto col dire proprio questo, che non è un romanzo, ma un diario di bordo, un lunghissimo raccontare del divenire di una donna che ha perso se stessa e si è riparata in alta montagna nella speranza di ritrovarsi. La donna degli alberi, così la chiamano lassù ed è l’unico nome che mai sentiremo rivolgerle. Lorenzo Marone ha messo in piedi una storia che non ha un inizio ed una fine ma soltanto un infinito mezzo: la protagonista vaga in cerca di se stessa e, mentre lo fa, assapora tutto il contorno, si sofferma senza vergogna sulle bellezze della natura e sulla profondità del dolore, sul perché non dobbiamo provare vergogna se amiamo incondizionatamente qualcuno e cos’è che riesce a soddisfare appieno la nostra miserabile felicità.

La donna degli alberi non è una storia come tante, la reputo una lettura particolare adatta ai “deboli di cuore”, cioè a coloro che hanno un po’ perso la bussola della propria vita e necessitano di prendersi una pausa, come ha fatto la protagonista. Non troverete mai un passaggio frenetico (se non in due o tre momenti, necessari a smuovere le acque), la narrazione prosegue placida con una linea retta che mette la protagonista al cospetto di se stessa.

Ho apprezzato questa lettura perché si prefigge come obiettivo forse quello di far riflettere, perché è questo che la protagonista fa. L’abilità dello scrittore è quella di far sorgere delle domande nella mente del lettore che poi verranno archiviate perché, in fondo, sappiamo di non avere bisogno di una risposta. Tantissime, infatti, sono le incognite di questa storia: chi è la protagonista, quanti anni ha, perché si è rintanata sulla montagna, da cosa sta scappando, cosa la tormenta? E ancora: prima della montagna non ha mai trovato l’amore, ha avuto un figlio, non l’ha avuto e lo vorrebbe, non può averne? Tutte domande che, in un altro romanzo, avrebbero avuto bisogno di una risposta. In questo, però, non ne sentiamo realmente il bisogno perché la narrazione si svolge in una sorta di campana di vetro, la stessa campana dove la donna degli alberi è stata accolta, un rifugio lontano, quasi etereo, dove quello che accade serve come lezione di vita, molto più prezioso di quanto possa essere analizzare la carta d’identità di una persona.

In circa 200 pagine, la protagonista rende però chiaro che ad averla spinta lassù è il senso di solitudine, la bestia peggiore di tutte che non va via facilmente, il rimorso e la sofferenza di ferite del passato che continuano a sanguinare, l’impossibilità di apprezzarsi per quello che si è, “l’infelicità di non riuscire ad amarsi” scrive ad un certo punto. Ma la donna degli alberi non si piange addosso, spiega che “ci sono cose che si imparano nella tempesta”, alla fine sopravviviamo tutti e andiamo avanti portandoci dietro tutti quei cocci rotti che non abbiamo ancora avuto il coraggio di riassemblare.

Noi, come la donna degli alberi, ogni tanto abbiamo paura del vivere, ma l’amore del bosco l’ha spinta tra le braccia dell’uomo, ha imparato che possono coesistere più forze insieme e che la rinascita sta nelle nostre mani: come quegli alberi piantati nella terra, anche noi possiamo avere una seconda possibilità per essere felici.

VOTO7 / 10

Lorenzo Marone ha messo in piedi una storia che non ha un inizio ed una fine ma soltanto un infinito mezzo: la protagonista vaga in cerca di se stessa e si ritrova nel cuore della natura.