Violette di marzo, la recensione del noir di Philip Kerr

di Simone Alvaro Segatori

In una Berlino che si prepara alle Olimpiadi le sparizioni sono all'ordine del giorno. Quando due ricchi coniugi vengono assassinati e derubati, Bernie Gunther è chiamato ad indagare, in un caso che cambierà la sua vita per sempre.

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A trent’anni dalla sua prima pubblicazione torna nelle librerie Violette di marzo, opera prima dello scrittore scozzese Philip Kerr, edito da Fazi Editore per la collana Darkside. Un’ottima occasione per conoscere il detective privato Bernie Gunther e il suo schietto senso dell’umorismo nel primo capitolo di quella che è stata definita “la trilogia berlinese”, solo un tassello di una saga lunga ben quattordici romanzi.

Olimpiadi, omicidi e bugie

È il 1936. Hitler è diventato cancelliere appena tre anni prima, ma la trasformazione (o meglio, l’atrofia) della Germania nazista è quasi del tutto completata. Berlino non è più la città curiosa e vivace che era stata un tempo, piuttosto “una casa infestata dai fantasmi”, piena di rumori sinistri e dove chi vi abita si muove in punta di piedi per paura di provocare una reazione. Le violette di marzo sono ovunque, come una pestilenza, chi per convenienza o per paura, ma non certo per idealismo, è saltato all’ultimo momento sul carro dei vincitori. All’esterno però non deve apparire nulla, non per il momento almeno. Le Olimpiadi sono alle porte e il pubblico internazionale deve poter ammirare solo la bella facciata del regime.

È in questo contesto che il milionario Herman Six assume il detective privato Bernie Gunther. Sua figlia Grete e il marito Paul Pfarr sono stati assassinati nel loro appartamento, poi dato alle fiamme. Unico indizio del gesto è la cassaforte, scassinata e svuotata di tutto il suo contenuto. Six vuole recuperare i gioielli e i diamanti che sono stati rubati, senza però l’ausilio della polizia per paura che il bottino vada al regime, verso cui ha fatto testamento Paul Pfarr, autentica violetta di marzo.

La vicenda si dimostra da subito più grossa del previsto. Infatti, sono in tanti ad essere interessati al contenuto della cassaforte, compresi dei reparti speciali della polizia berlinese e la malavita organizzata. Gunther si trova immischiato dentro una rete di segreti e bugie così ben intricata che al suo interno si nascondono anche pezzi grossi del partito e che finirà per avere il sopravvento sulla sua stessa vita.

Un hard-boiled in salsa nazista

Violette di marzo è un noir classico, diretto erede degli hard-boiled di Chandler e Hammett. Se dal lato della trama investigativa Philip Kerr rimane ancorato ad una lezione tradizionale, mostra tutto il suo talento nel caratterizzare situazioni e personaggi.

La Berlino degli anni ’30, fumosa, repressa e corrotta, è l’ambientazione perfetta. Dal punto di vista storico, quello di Kerr è un lavoro accurato e ineccepibile, dove le incursioni di personaggi di rilievo e il racconto delle Olimpiadi danno un importante peso di veridicità al racconto. Il clima di terrore costruito intorno alle misteriose sparizioni delle persone comuni e ai fulminei interventi della Gestapo contribuisce a rendere il procedere dell’indagine una vertigine soffocante, che non può non prevedere anche un salto in un abisso da cui non si può fare ritorno.

La vera forza del romanzo sta però nella sua voce narrante, ossia quella del protagonista Bernie Gunther. È sì un detective come ce ne sono altri, sboccato, cinico, amante delle belle donne, dell’alcol e del fumo, sprezzante verso l'ordine costituito, e la cui arma non è una pistola ma una parlantina arguta e tagliente. A renderlo diverso è però la sua dimensione umana, mai eccessiva e mai supereroistica.

Herr Gunther infatti non è né un personaggio negativo, né positivo. È solo un essere umano che si scontra con il suo tempo e cerca di fare la cosa giusta, che però non sempre è buona scelta. Il cinismo è solo una scelta di vita con cui rispondere alle assurdità e alle contraddizioni della sua epoca. La sua ironia è solo un modo per mettere a fuoco l’aspetto buffo delle vicende e delle persone, per renderle piccole e insignificanti e per non lasciarsi soffocare dalla loro crudeltà.

Violette di marzo è un romanzo crudo che mette in scena non solo la spietatezza del nazismo, ma soprattutto quella del singolo essere umano. Non c’è spazio per un’indagine pulita o per un lieto fine, Gunther deve scontrarsi con forze superiori alla sua volontà, uomini potenti e ricchi e un regime totalitario che non fa eccezioni, in un crescendo di tensione che porta il lettore a maturare, aprire davvero gli occhi e cambiare per sempre insieme al protagonista.

VOTO8.5 / 10

Violette di marzo è un noir classico, dove non c'è spazio per un lieto fine. Bernie Gunther è un detective come tanti altri, ma dotato di un'ironia arguta e di un'umanità che lasciano il segno.