Sangue inquieto, la recensione del primo cold case di Robert Galbraith

di Simone Alvaro Segatori

Una donna scomparsa senza lasciare traccia quarant'anni prima è al centro della nuova indagine di Cormoran Strike, un caso che sembra impossibile da risolvere, ammantato di pregiudizi e follia.

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Lo scorso febbraio è tornato nelle librerie italiane Robert Galbraith, pseudonimo dietro il quale si nasconde J.K. Rowling. Sangue inquieto è il quinto libro della saga di Cormoran Strike, il detective londinese alle prese stavolta con il suo primo cold case, un mistero inestricabile lungo quarant’anni.

Se una notte d’estate un detective…

È agosto inoltrato e Strike è lontano da Londra, a St. Mawes, il villaggio cornico in cui ha trascorso la sua infanzia. A sua zia Joan, infatti, la donna che lo ha cresciuto mentre sua madre Leda viveva una vita sregolata in giro per il mondo, è stato diagnosticato un cancro e le rimangono pochi mesi di vita.

Alla fine di una calda serata trascorsa al pub con un vecchio amico, Strike viene avvicinato da Anna Phipps che, riconoscendolo dalle foto viste nei giornali, gli chiede di indagare sulla scomparsa di sua madre, avvenuta nel 1974.

Margot Bamborough, medico di 29 anni, è stata vista viva l’ultima volta in una piovosa giornata d’autunno dalla segretaria dello studio presso cui lavorava, mentre usciva per incontrare un’amica al pub. Dopodiché la donna sembra essersi volatilizzata nel nulla.

Un caso apparentemente impossibile, ma che stuzzica la curiosità del veterano. Strike e Robin, ormai socia dello studio, inizieranno così un’indagine a ritroso nel tempo, sin da subito ostacolata non solo dall’impossibilità di mettersi in contatto con chi era presente all’epoca dei fatti, ma soprattutto dall’inefficienza di chi per primo ha condotto le indagini.

Il caso di Margot si intreccia con quello del Macellaio dell’Essex, un serial killer che in quegli anni rapiva, torturava e uccideva giovani donne avvicinandole con un furgone bianco. Un mezzo simile è stato infatti avvistato nella zona il giorno della scomparsa, ma quando l’uomo è stato arrestato non ha mai confessato l’omicidio del medico. Tuttavia le indagini sono piene di pregiudizi nei suoi confronti e cercano in tutti i modi di far convergere la realtà con le supposizioni. Strike dovrà così districarsi tra gli appunti di un funzionario di polizia convinto di aver a che fare con l’incarnazione di un demone e che ha quindi affidato la sua linea di indagine all’astrologia e alla lettura dei tarocchi

Tarocchi, serial killer e mal di stomaco

Robert Galbraith non è un innovatore del genere thriller, eppure le sue storie colpiscono perché sono vere, vive e pulsanti, e mettono in scena personaggi comuni, resi speciali dall’intrico di pregi e difetti che li plasma. Con Sangue inquieto lo scrittore raggiunge la sua piena maturità, restituendo al lettore il miglior caso dell’intera saga. Con sapienza ha infatti delineato una trama estremamente complessa, in cui sarebbe facile perdersi tra la miriade di suggestioni fornite, di prove giuste e sbagliate, di dichiarazioni smentite e ritrattate e soprattutto tra i tanti criptici indizi e le strampalate teorie esoteriche, con i segni zodiacali a definire gli indiziati e la lettura dei tarocchi a suggerire mezzi e moventi.

Per quanto ingarbugliata, la trama riesce ad essere scorrevole, serrata e geniale. Il lettore ha tutte le prove sotto gli occhi, anche se spesso nascoste da una patina di follia, ma ha la possibilità di risolvere da sé il caso eppure, come tutti quelli che ne sono coinvolti, si lascia guidare dal pregiudizio.

Il romanzo tocca tematiche importanti e molto attuali, come il femminismo, il ruolo della donna nella società e nella famiglia, le discriminazioni sociali, la violenza e gli abusi domestici, e lo fa senza mezze misure. Sangue inquieto è come un pugno allo stomaco, porta il lettore fuori dalla sua comfort zone, lo costringe a guardare nell’abisso della psicologia umana e lo lascia spiazzato, con il sapore amaro della bile in bocca.

In questo aiuta il parallelismo che si instaura tra Robin e Margot. La socia dell’agenzia sta infatti vivendo un momento molto particolare, tra il divorzio con Matthew e la continua sensazione di fallimento ed impotenza. Non è più l’ingenua segretaria interinale appena trasferita a Londra e in attesa del matrimonio dei suoi sogni. È cresciuta e un po’ del cinismo di Strike si è attaccato a lei, ma questo le ha permesso di smettere di fingere con sé stessa e capire quali sono davvero le sue priorità.

Anche Strike del resto ne ha fatta tanta di strada da quando dormiva accampato nel suo ufficio. Non ha più i problemi finanziari dell’inizio certo, e l’agenzia si è fatta un nome importante, ma i demoni del passato sono sempre pronti a colpire, sotto forma di Charlotte, di un padre indifferente e di una madre tossica. L’aver visto la morte in faccia più di una volta, non rende più semplice affrontare la malattia di Joan, un momento inevitabile a cui però non è preparato e che lo fa sentire sconfitto in alcune delle pagine più belle e toccanti del romanzo.

Tuttavia, se il romanzo ha un difetto, è proprio la narrazione verticale dei due personaggi che ne rallenta il ritmo. Con le sue 1083 pagine, infatti, Sangue inquieto risulta in diversi punti prolisso. È una saga che va avanti ormai da cinque libri, i lettori conoscono le vicende del loro passato e i loro demoni interiori e i continui rimandi a cose già note non aiutano la memoria quanto piuttosto annoiano.

Sangue inquieto è però il punto più alto della carriera di Robert Galbraith e presenta tanti elementi che lasciano presagire un futuro brillante per l’agenzia e per una saga che ha ancora tantissimo da dare.

VOTO9 / 10

Sangue inquieto è il miglior romanzo della saga di Cormoran Strike. Un cold case impossibile da risolvere, che tratta temi forti e in cui la realtà sfuma spesso nella follia.