Essere donna, essere madre, essere innamorata, essere amante: le ricerca delle parole di Ada per dire questo suo essere è al centro di un romanzo duro e morbido allo stesso tempo.
Diversi elementi mi hanno attratta verso questa storia: le parole, la pubblicità, la maternità.
E così ho iniziato a leggere Nessuna parola dice di noi, nonostante avessi qualche remora: capita che la letteratura italiana contemporanea si nasconda dietro stili così arzigogolati da risultare respingenti per il lettore, temevo di abbandonare il libro dopo poche pagine e invece l'ho finito in un soffio, scoprendo una penna precisa, che non si perde in ghirigori fini a se stessi ma che riesce comunque a dipingere un mondo da cui si viene risucchiati.
Trama di Nessuna parola dice di noi
Ada è giovane, ma leggendo spesso lo dimentichiamo, perché Ada è controllata, a tratti scostante. Dimostra più dei suoi ventisei anni. Fino a quando non incontra Alessio, art director dell'agenzia di pubblicità dove Ada comincia a lavorare. E allora Milano per lei diventa la città delle feste, delle passeggiate notturne, ma anche delle giornate di lavoro che non finiscono mai, mentre scopre di essere una copy dotata.
Ogni tanto, però, questa nuova vita va in pausa, e Ada torna al lago. Lì la aspetta una vita diversa, più rigida, in cui Ada non riesce a ritrovarsi. Al lago, oltre ai suoi genitori, la aspetta Claudia, la figlia di nove anni che Ada ha avuto da ragazzina.
Due mondi che procedono paralleli, obbligando Ada a una doppia vita che nemmeno lei riesce a raccontarsi.
Nessuna parola dice di noi: la recensione
Ho appena finito Nessuna parola dice di noi. Ho salutato Ada, Claudia e Alessio, i tre personaggi chiave di questa storia, anche se Claudia, appunto, ha un ruolo marginale non tanto per importanza, quanto perché Ada non sa dirla, né viverla, non sa abbracciarla e nemmeno curarla dopo una caduta.
Eppure, la bravura della Manzini è misurare le parole e i vuoti in modo da far intuire, sotto le manovre impacciate, i dubbi e le rigidità, una mamma che si sta formando. Perché Ada si è privata della giovinezza per via della gravidanza, eppure quel ruolo non lo ha mai veramente vestito e così si trova a ventisei anni senza sapere chi è e come rapportarsi a Claudia, ma anche alla madre, che rigidamente porta avanti il suo essere tutrice ed educatrice della bambina.
Quando Ada è a Milano, le descrizioni cambiano, cambia Ada e la sua vita e, di nuovo, la Manzini sa farci sentire attraverso le parole tutto quello che questo cambiamento porta con sé: l'eccitazione febbrile dell'agenzia pubblicitaria, la gioia di sentire arrivare un'idea vincente, ma anche la libertà dell'essere giovani a Milano, dai locali alla città di notte che sembra dormire invece è lì per chi vuole viverla. Le parole che dicono dell'Ada cittadina sono sciolte, fluide, incespicano solo quando il mondo del lago si affaccia a questa sua nuova vita.
Insomma, la Manzini scrive bene e sa padroneggiare la morbidezza e la durezza delle parole, e la storia che racconta è così intima e al contempo granitica nella sua chiusura che il lettore procede, pagina dopo pagina, in attesa che le contratture si sciolgano, in attesa che Ada trovi un modo per mettersi a fuoco. Ovviamente, senza svelare il finale, ci sono nodi che non sempre si possono liberare, situazioni così ingarbugliate e salde nella loro forza, attrattiva o repulsiva che sia, che sono impossibili da guarire, ma accettare anche questi luoghi d'ombra è uno dei passi per riuscire a nominarli.
Leggete Nessuna parola dice di noi, perché è un libro ben scritto, è una storia lineare, che scava dentro e toglie, in un certo senso, una patina dal nostro modo di vedere e nominare la realtà.
Un linguaggio che parla di sentimenti e vuoto, che scorre fluido e incespica dove deve farlo, per dire di Ada senza dire nulla. Una storia che rapisce per il suo essere intima e atarassica.