Per tutto il resto dei miei sbagli, la recensione del romanzo d'esordio di Camihawke
di Giulia GrecoCamilla Boniardi, più nota al popolo del web come Camihawke, si presenta oggi in veste di autrice col suo romanzo d'esordio, Per tutto il resto dei miei sbagli.
Romanzo d'esordio di Camilla Boniardi, in arte Camihawke, Per tutto il resto dei miei sbagli narra la storia di Marta (alter ego dell'autrice), una giovane donna che si racconta a noi lettori, ci parla del suo senso di inadeguatezza, del suo approccio alla vita e all'amore, delle amicizie, della sua passione per le band indie e dell'assoluta avversione che nutre nei confronti del percorso universitario scelto (giurisprudenza) e di uno dei libri più universalmente amati (Il piccolo principe).
Paragonata all'apprezzatissima Sally Rooney e addirittura a Jane Austen, Camilla Boniardi non riesce a dimostrarsi all'altezza del compito assegnatole. Prova di avere, sì, le potenzialità, ma non la maturità necessaria a scrivere un romanzo slice of life di formazione.
Se l'intento era quello di proporci una profonda riflessione su sé stessa, sulla vita e sull'amore, il risultato è invece un romanzo rosa in cui mancano del tutto due tasselli fondamentali per la buona riuscita di un racconto: il primo è l'evoluzione dei personaggi, il secondo è il modo in cui la storia viene narrata.
Una protagonista con poco spessore
Quando, all'inizio della narrazione, facciamo la conoscenza di Marta, scopriamo una ragazza fragile e insicura, che troppo spesso lascia siano la vita e le circostanze a decidere per lei. Marta tende a chiudersi in sé stessa, a non dar voce ai propri sentimenti, quasi non fosse padrona della propria vita. È allora inevitabile che un lettore critico si aspetti che col procedere della storia la protagonista vada incontro a un'evoluzione. Ma quel cambiamento tanto atteso non arriva mai. La nuova consapevolezza di sé non arriva mai. Il personaggio principale del romanzo non cresce né matura. Marta, così come il co-protagonista Leadro, resta un personaggio piatto e con poco spessore fin proprio alla fine. E a poco serve tentare di conferirgliene tramite l'utilizzo di abbondanti flashback.
Nell'intento dell'autrice Marta avrebbe dovuto essere un personaggio nel quale immedesimarsi, la ragazza divorata dai dubbi e desiderosa d'amore per il quale fare il tifo. La verità è che si fatica a provare empatia nei suoi confronti e a mettersi nei suoi panni nonostante Marta sia l'io narrante della storia.
Non si tratta di un problema da poco, perché la storia che Boniardi vuole raccontare fa parte di quella narrativa basata essenzialmente sui personaggi e sui rapporti umani che intrecciano con altri. Per tutto il resto dei miei sbagli vuole essere una storia character-driven, una di quelle in cui “non succede niente” e la trama ruota attorno al conflitto interiore e le dinamiche tra personaggi. Vuole, ma non ci riesce. Il risultato è una storia senz'anima, lontanissima da quello che la già citata Sally Rooney ha creato col suo Persone normali.
Show, don't tell!
Ciò che emerge prepotentemente dalla lettura di Per tutto il resto dei miei sbagli è il desiderio di Camilla Boniardi di dimostrare quanto è brava, quanto è padrona della lingua italiana. Purtroppo lo fa a discapito della narrazione.
L'utilizzo di un lessico eccessivamente forbito, ricercato e artificioso e le digressioni infinite che non aggiungono nulla al racconto non fanno del libro un esempio di letteratura medio-alta. Mettono anzi in rilievo la differenza che passa tra il saper scrivere in un italiano corretto e il saper scrivere, punto.
Ciò non vuol dire che il libro sia scritto male. Significa semplicemente che è chiaro si tratti di un romanzo acerbo, dell'opera di un'esordiente che di mestiere non fa la scrittrice, il che è particolarmente evidente quando Boniardi non riesce ad attenersi alla regola del “mostrare, non raccontare” (Show, don't tell).
Un bravo scrittore, uno navigato e consapevole, sa far sì che le storie di cui parla si animino, che prendano vita. I rapporti, le amicizie, i caratteri devono essere mostrati attraverso la scrittura. Non basta dire che Marta e Olivia sono amiche del cuore, che si comprendono con un semplice sguardo affinché il lettore ci creda. Non servono dialoghi irrealistici e digressioni miste a flashback che inficiano la scorrevolezza della lettura per fare di Per tutto il resto dei miei sbagli un buon romanzo. Trapela il desiderio di Camilla Boniardi di far bene, emerge l'intenzione di voler parlare dello sconforto della protagonista, ma con ancora più forza risalta la difficoltà della scrittrice di narrare mostrando, senza raccontare.
Il lettore si trova così di fronte a un romanzo in cui la storia non si schiude sotto i suoi occhi, pagina dopo pagina, ma a un racconto arricchito di eccessive spiegazioni a dispetto della scorrevolezza.
Nello stile di Boniardi è facile ritrovare il modo di parlare e comunicare dell'influencer, ma nello scritto, purtroppo non funziona.
Una biografia (poco) romanzata
Basta poco a comprendere che la storia di Marta è quella di Camilla. Risulta difficile non sovrapporre persona e personaggio immaginario mentre si sfogliano le pagine di Per tutto il resto dei miei sbagli.
Il volume, presentato come un romanzo di fantasia è in realtà un'autobiografia romanzata solo in parte.
Che l'opera di debutto di uno scrittore in erba sia ampiamente ispirata alla sua vita è una sorta di rito di passaggio cui nessuno sembra poter sfuggire. Per questa ragione non sorprende ritrovare in Marta le passioni e le esperienze di Camilla, la repulsione per la tanto odiata facoltà di giurisprudenza (che fa tanto il classico “abbandonò gli studi giuridici per dedicarsi alle proprie vocazioni artistiche e letterarie” di ogni autore italiano) e gli aneddoti dell'infanzia che già aveva rivelato via social.
Allo stesso modo è impensabile leggere dell'incontro di Marta e Leandro senza pensare alla relazione tra Camilla Boniardi e Aimone Romizi, frontman della band Fast Animals and Slow Kids.
Fa però storcere il naso che ciò che c'è di romanzato risulti fin troppo simile a tutta una serie di romanzi à la After o Diario di un amore K-Pop e Disney Channel Original Movie à la Starstruck - Colpita da una stella.
Diretta conseguenza di questa scelta non è solo la mancanza di originalità del libro, ma anche il cambio di target di Per tutto il resto dei miei sbagli.
Se il titolo e la copertina – che tanto (strategicamente) ricorda quella di Persone normali – sembrano suggerire un'analisi profonda del passato e delle scelte della protagonista, il contenuto somiglia più a un romanzo young adult di poco spessore. Probabilmente l'intenzione di Boniardi era quella di scrivere un romanzo indirizzato a un pubblico adulto, di donne tra i venti e i venticinque anni, ma il risultato non è quello sperato: il libro risulterà godibile a chi è più giovane, a quella fascia di follower che di anni ne hanno tra i dodici e i diciotto.
In conclusione, la prima fatica letteraria di Camilla Boniardi non può definirsi un fiasco, ma ha tanti problemi. È chiaro che la scrittrice abbia delle potenzialità, ma il suo talento non è stato sfruttato a dovere né indirizzato verso la giusta direzione dalla casa editrice che ha pubblicato il romanzo, Mondadori.
Per tutto il resto dei miei sbagli è un'occasione sprecata, ma potrà servire a Boniardi per migliorarsi e fare di meglio in futuro.
A metà strada tra romanzo e autobiografia, un po' esercizio di stile fine a sé stesso, un po' post di Instagram, il libro d'esordio di Camihawke non riesce a trovare una propria identità.