Le più belle poesie di Ungaretti, poeta dei sentimenti
di Elisabetta RossiGiuseppe Ungaretti è uno dei poeti più importanti del Novecento. Nel nostro articolo vi raccontiamo le sue poesie più belle.
Giuseppe Ungaretti ha stravolto e cambiato completamente la tradizione poetica, dando vita a una forma espressiva nuova, diversa e dalla grande potenza emotiva. Nei suoi versi si concentrano le sue drammatiche esperienze di vita, in particolare la guerra, in cui si è arruolato come volontario in fanteria, e in seguito la morte del figlio Antonietto causata da un’appendicite mal curata.
Gli elementi di maggiore disgregazione della poesia attivati da Ungaretti, sono l’abolizione della punteggiatura, sostituita con l’uso di spazi bianchi. L’unico segno di interpunzione conservato è il punto interrogativo. L’impiego della lingua parlata comune, una scelta dettata dalla convinzione che tali parole appartenenti al quotidiano, fossero in grado di esprimere appieno il suo più intimo pensiero, le sue emozioni perché radicate nella vita.
Nelle sue liriche carica di significato ogni singola parola, facendola emergere dalla pagina perché di fatto la isola e isolandola la pone in evidenza. Con Ungaretti abbiamo una vera religione della parola, tanto che il verso può essere formato da un solo termine fosse anche una preposizione. Il poeta quindi sceglie i vocaboli con estrema attenzione e la massima precisione possibile.
I temi di Giuseppe Ungaretti
Tra i temi che ritroviamo nell’opera L’Allegria di Ungaretti abbiamo la morte, la caducità della vita, le sofferenze patite nella guerra, la ricerca della pace e della serenità e il bisogno di sentirsi in armonia con la natura, la solitudine e il dolore.
Le poesie di Ungaretti possono essere considerate l’esatta rappresentazione della sua disperazione, un grido dei propri patimenti.
Il poeta, nella raccolta Sentimento del tempo, da ritenersi come quella della maturità, recupera in parte il verso tradizionale e si concentra sulla riflessione del mistero dell’esistenza, di fronte al quale si sente smarrito e perduto. Coglie, nello scenario di Roma con le sue rovine, l’inesorabile trascorrere del tempo, dei giorni.
Nel libro Il dolore, Giuseppe Ungaretti fa emergere lo strazio, il senso di vuoto e d’impotenza scatenato dalla perdita dei suoi affetti più cari, in primis il figlio di soli nove anni. Nonostante tutto però si nota nei suoi versi un grande attaccamento alla vita, un amore profondo per essa che lo spinge a non arrendersi e a non lasciarsi vincere dal dolore.
Ungaretti poesie
Giuseppe Ungaretti ci ha lasciato opere di grande intensità, alle quali è impossibile restare indifferenti. Le sue liriche lacerano l’anima, portando in superficie gli abissi più cupi del cuore umano.
Silenzio, lirica contenuta ne L’Allegria, nasce dalla sua esperienza al fronte. In essa infatti viene raccontata la quiete da cui il poeta si sente circondato, una quiete però che non ha nulla di pacifico.
Conosco una città
che ogni giorno s'empie di sole
e tutto è rapito in quel momentoMe ne sono andato una sera
Nel cuore durava il limio
delle cicaleDal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell'aria torbida
sospesi.
Il fiume Isonzo durante la Grande Guerra è stato teatro di terribili conflitti. Un giorno, Ungaretti, s’immerge nelle sue acque e per un po’ dimentica angoscia e tristezza, torna a sentirsi in armonia con la natura e a rievocare i fiumi del suo passato, luoghi in cui è stato. Questo è quanto racconta la suggestiva lirica I fiumi.
Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla lunaStamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposatoL’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acquaMi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il soleQuesto è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universoIl mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armoniaMa quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
FelicitàHo ripassato
Le epoche
Della mia vitaQuesti sono
I miei fiumiQuesto è il Serchio
Al quale hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre.Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianureQuesta è la Senna
E in quel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciutoQuesti sono i miei fiumi
Contati nell’IsonzoQuesta è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre
Quiete, poesia contenuta in Sentimento del tempo, narra l’arrivo dell’autunno che insieme all’estate si porta via anche il dolore dell’autore, il suo strazio per la bella stagione ormai finita.
L'uva è matura, il campo è arato,
si stacca il monte dalle nuvole.
Sui polverosi specchi dell'estate
caduta è l'ombra,tra le dita incerte
il loro lume è chiaro,
è lontano.Colle rondini fugge
l'ultimo strazio.
La madre è la poesia scritta da Ungaretti in occasione della morte della sua mamma. Una lirica intensa e commovente, che pone in risalto l’amore della donna verso di lui e la speranza che Dio abbia pietà per il figlio, concedendogli la sua misericordia.
E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all'eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Non gridate più, poesia presente nella raccolta Il dolore, affronta il tema della pace, del bisogno di fratellanza tra i popoli, della fine di ogni ostilità e del rispetto dei morti.
Cessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.
Poesie Natale Ungaretti
Nelle poesie di Ungaretti ritroviamo anche il tema del Natale, in particolare nella lirica omonima, scritta quando l’autore si trovava a Napoli, nel 1916. Le sofferenze della guerra sebbene siano lontane fisicamente, albergano comunque nel cuore del poeta, rappresentando un peso difficile da sopportare. Così si allontana dai festeggiamenti e si ritira nell’intimità della propria casa, in un colloquio con se stesso.
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di stradeHo tanta
stanchezza
sulle spalleLasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticataQui
non si sente
altro
che il caldo buonoSto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Ungaretti poesie guerra
Come abbiamo già più volte sottolineato, l’esperienza del fronte è stata fondamentale nell’influenzare la produzione poetica di Ungaretti. Le liriche dedicate al tema della guerra sono varie, molte di esse sono contenute ne L’Allegria, e sottolineano la sofferenza provata nel partecipare al conflitto, nel vedere tanti uomini morire senza speranza.
Rappresentativa è Fratelli, dove il poeta parla di quanto la vita possa essere fragile di fronte alla follia del conflitto mondiale e quella parola, Fratelli, che emerge nel silenzio, è un grido di ribellione nei confronti degli orrori a cui assiste suo malgrado.
Di che reggimento siete
fratelli?Parola tremante
nella notteFoglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilitàFratelli
In San Martino del Carso, Ungaretti rievoca la distruzione del paesino omonimo durante la guerra. Il ricordo di quei momenti è vivo nell’animo del poeta, come di tutti coloro che sono morti.
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muroDi tanti
che mi corrispondevano
non m'è rimasto
neppure tantoMa nel mio cuore
nessuna croce mancaÈ il mio cuore
il paese più straziato
Veglia è un’altra celebre lirica in cui Ungaretti racconta con feroce verità l’orrore di dormire accanto a un compagno morto. Tuttavia tale spettacolo fa nascere in lui un profondo attaccamento alla vita.
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amoreNon sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
In Dormiveglia invece il poeta parla di una condizione di estremo straniamento, grazie alla quale ritorna con la memoria al passato, ai giorni trascorsi ad Alessandria quando era bambino.
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscioMi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
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