Pasolini non è stato solo uno scrittore ma anche un poeta originale e sensibile. Nell'articolo abbiamo raccolto le sue poesie più interessanti.
Pier Paolo Pasolini è stato uno degli artisti più eclettici e sensibili della nostra letteratura del Novecento. Nelle sue opere ha sempre cercato di mettere in luce i sentimenti più autentici degli uomini, di raccontarli attraverso le vicende dei suoi ragazzi di vita, di quel proletariato urbano che considera la migliore rappresentazione dell’umanità.
Nei suoi protagonisti ritrova i valori autentici della tradizione, la genuinità e la trasparenza perdute invece nella società moderna, appiattita e rovinata dal progresso tecnologico. La sua costante ricerca di autenticità, lo porta a scegliere il dialetto come lingua prediletta in quanto espressione sincera e spontanea.
In tali scenari, si colloca anche la sua poesia che non abbandona mai e che diventa la manifestazione più diretta dei moti del suo animo. Ad esempio nella raccolta Le ceneri di Gramsci, pubblicata nel 1957, dà voce alla sua angoscia d’intellettuale combattuto tra il farsi sostenitore dell’emancipazione del popolo e il rimpianto della sua arretratezza, che rende le persone più vere e lontane da ogni forma di corruzione.
In La religione del mio tempo, invece, il tema centrale è il rapporto tra ideologia e poesia. I componimenti contenuti nell’opera raccontano la crisi del 1960, la situazione di una società vuota e carica di profondi drammi interiori rappresentati attraverso gli abitanti delle borgate romane.
Per farvi conoscere le poesie di Pasolini, abbiamo raccolto nell’articolo le più belle. Eccole qui, tutte per voi!
Poesie Pasolini: Verso le terme di Caracalla
Verso le terme di Caracalla è una lirica che fotografa con la puntuale precisione di Pasolini scene di vita urbana.
Vanno verso le Terme di Caracalla
giovani amici, a cavalcioni
di Rumi o Ducati, con maschile
pudore e maschile impudicizia,
nelle pieghe calde dei calzoni
nascondendo indifferenti, o scoprendo,
il segreto delle loro erezioni…Con la testa ondulata, il giovanile
colore dei maglioni, essi fendono
la notte, in un carosello
sconclusionato, invadono la notte,
splendidi padroni della notte…Va verso le Terme di Caracalla,
eretto il busto, come sulle natie
chine appenniniche, fra tratturi
che sanno di bestia secolare e pie
ceneri di berberi paesi – già impuro
sotto il gaglioffo basco impolverato,
e le mani in saccoccia – il pastore
migrato undicenne, e ora qui, malandrino e
giulivo
nel romano riso, caldo ancora
di salvia rossa, di fico e d’ulivo…Va verso le Terme di Caracalla,
il vecchio padre di famiglia, disoccupato,
che il feroce Frascati ha ridotto
a una bestia cretina, a un beato,
con nello chassì i ferrivecchi
del suo corpo scassato, a pezzi,
rantolanti: i panni, un sacco,
che contiene una schiena un po’ gobba,
due cosce certo piene di croste,
i calzonacci che gli svolazzano sotto
le saccocce della giacca pese
di lordi cartocci. La faccia
ride: sotto le ganasce, gli ossi
masticano parole, scrocchiando:
parla da solo, poi si ferma,
e arrotola il vecchio mozzicone,
carcassa dove tutta la giovinezza,
resta, in fiore, come un focaraccio
dentro una còfana o un catino:
non muore chi non è mai nato.Vanno verso le Terme di Caracalla
Poesie Pasolini: Frammento alla morte
Frammento alla morte fa parte della raccolta La religione del mio tempo, un’opera che affronta i temi più cari a Pasolini come il ruolo della poesia, l’ideologia comunista, la diversità nei costumi e nei modi di pensare tra borghesia e proletariato e il conflitto generazionale tra genitori e figli.
Vengo da te e torno a te,
sentimento nato con la luce, col caldo,
battezzato quando il vagito era gioia,
riconosciuto in Pier Paolo
all’origine di una smaniosa epopea:
ho camminato alla luce della storia,
ma, sempre, il mio essere fu eroico,
sotto il tuo dominio, intimo pensiero.Si coagulava nella tua scia di luce
nelle atroci sfiducie
della tua fiamma, ogni atto vero
del mondo, di quella
storia: e in essa si verificava intero,
vi perdeva la vita per riaverla:
e la vita era reale solo se bella…La furia della confessione,
prima, poi la furia della chiarezza:
era da te che nasceva, ipocrita, oscuro
sentimento! E adesso,
accusino pure ogni mia passione,
m’infanghino, mi dicano informe, im
puro
ossesso, dilettante, spergiuro:
tu mi isoli, mi dai la certezza della vita:
sono nel rogo, gioco la carta del fuoco,
e vinco, questo mio poco,
immenso bene, vinco quest’infinita,
misera mia pietà
che mi rende anche la giusta ira amica:
posso farlo, perché ti ho troppo patita!Torno a te, come torna
un emigrato al suo paese e lo riscopre:
ho fatto fortuna (nell’intelletto)
e sono felice, proprio
com’ero un tempo, destituito di norma.
Una nera rabbia di poesia nel petto.
Una pazza vecchiaia di giovinetto.
Una volta la tua gioia era confusa
con il terrore, è vero, e ora
quasi con altra gioia,
livida, arida: la mia passione delusa.
Mi fai ora davvero paura,
perché mi sei davvero vicina, inclusa
nel mio stato di rabbia, di oscura
fame, di ansia quasi di nuova creatura.Sono sano, come vuoi tu,
la nevrosi mi ramifica accanto,
l’esaurimento mi inaridisce, ma
non mi ha: al mio fianco
ride l’ultima luce di gioventù.
Ho avuto tutto quello che volevo,
ormai:
sono anzi andato anche più in là
di certe speranze del mondo: svuotato,
eccoti lì, dentro di me, che empi
il mio tempo e i tempi.Sono stato razionale e sono stato
irrazionale: fino in fondo.
E ora… ah, il deserto assordato
dal vento, lo stupendo e immondo
sole dell’Africa che illumina il mondo.Africa! Unica mia
Alternativa
Poesie Pasolini: Supplica a mia madre
Supplica a mia madre è una lirica in cui Pasolini parla di sua madre, portando in luce lo stretto legame con lei.
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Marilyn di Pasolini
Marilyn è una poesia di Pasolini creata in occasione del film La Rabbia, scritto e diretto dall’autore.
Del mondo antico e del mondo futuro
era rimasta solo la bellezza, e tu,
povera sorellina minore,
quella che corre dietro i fratelli più grandi,
e ride e piange con loro per imitarli,tu sorellina più piccola,
quella bellezza l’avevi addosso umilmente,
e la tua anima di figlia di piccola gente,
non ha mai saputo di averla,
perché altrimenti non sarebbe stata bellezza.Il mondo te l’ha insegnata,
così la tua bellezza divenne sua.Del pauroso mondo antico e del pauroso mondo futuro
era rimasta sola la bellezza, e tu
te la sei portata dietro come un sorriso obbediente.
L’obbedienza richiede troppe lacrime inghiottite,
il darsi agli altri troppi allegri sguardi
che chiedono la loro pietà! Così
ti sei portata via la tua bellezza.Sparì come un pulviscolo d’oro.
Dello stupido mondo antico e del feroce mondo futuro
era rimasta una bellezza che non si vergognava
di alludere ai piccoli seni di sorellina,
al piccolo ventre così facilmente nudo.E per questo era bellezza,
la stessa che hanno le dolci ragazze del tuo mondo…
le figlie dei commercianti
vincitrici ai concorsi a Miami o a Londra.
Sparì come una colombella d’oro.Il mondo te l’ha insegnata,
e così la tua bellezza non fu più bellezza.
Ma tu continuavi a essere bambina,
sciocca come l’antichità, crudele come il futuro,
e fra te e la tua bellezza posseduta dal Potere
si mise tutta la stupidità e la crudeltà del presente.La portavi sempre dietro come un sorriso tra le lacrime,
impudica per passività, indecente per obbedienza.
Sparì come una bianca colomba d’oro.La tua bellezza sopravvissuta dal mondo antico,
richiesta dal mondo futuro,
posseduta dal mondo presente,
divenne un male mortale.Ora i fratelli maggiori, finalmente, si voltano,
smettono per un momento i loro maledetti giochi,
escono dalla loro inesorabile distrazione,
e si chiedono: “È possibile che Marilyn,
la piccola Marilyn, ci abbia indicato la strada?”Ora sei tu, quella che non conta nulla, poverina, col suo sorriso,
sei tu la prima oltre le porte del mondo
abbandonato al suo destino di morte.
Senza di te tornavo
Senza di te tornavo è una lirica in cui Pasolini dà spazio ai moti interiori del suo animo, al profondo senso di solitudine da cui si sente attanagliare.
Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d'esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
le campagne, le nuvole.Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera. Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c'è solo l'ombra.E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre. Io non so frenare
quest'angoscia che monta dentro al seno;
essere solo.
Poesie Pasolini: Gli italiani
Gli italiani è una poesia in cui Pasolini descrive il popolo nostrano, i suoi difetti e l’abitudine a non dar credito all’intelletto. Una lirica ancora drammaticamente attuale.
L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.
Poesie Pasolini: Poesie mondane
Poesie Mondane è un componimento in cui Pasolini esprime ancora una volta la sua disillusione nei confronti della realtà del suo tempo.
Ci vediamo in proiezione, ed ecco
la città, in una sua povera ora nuda,
terrificante come ogni nudità.
Terra incendiata il cui incendio
spento stasera o da millenni,
è una cerchia infinita di ruderi rosa,
carboni e ossa biancheggianti, impalcature
dilavate dall'acqua e poi bruciate
da nuovo sole. La radiosa Appia
che formicola di migliaia di insetti
- gli uomini d'oggi - i neorealistici
ossessi delle Cronache in volgare.
Poi compare Testaccio, in quella luce
di miele proiettata sulla terra
dall'oltretomba. Forse è scoppiata,
la Bomba, fuori dalla mia coscienza.
Anzi, è così certamente. E la fine
del Mondo è già accaduta: una cosa
muta, calata nel controluce del crepuscolo.Ombra, chi opera in questa èra.
Ah, sacro Novecento, regione dell'anima
in cui l'Apocalisse è un vecchio evento!
Il Pontormo con un operatore
meticoloso, ha disposto cantoni
di case giallastre, a tagliare
questa luce friabile e molle,
che dal cielo giallo si fa marrone
impolverato d'oro sul mondo cittadino...
e come piante senza radice, case e uomini,
creano solo muti monumenti di luce
e d'ombra, in movimento: perché
la loro morte è nel loro moto.Vanno, come senza alcuna colonna sonora,
automobili e camion, sotto gli archi,
sull 'asfalto, contro il gasometro,
nell'ora, d'oro, di Hiroscima,
dopo vent'anni, sempre più dentro
in quella loro morte gesticolante: e io
ritardatario sulla morte, in anticipo
sulla vita vera, bevo l'incubo
della luce come un vino smagliante.
Nazione senza speranze! L'Apocalisse
esploso fuori dalle coscienze
nella malinconia dell'Italia dei Manieristi,
ha ucciso tutti: guardateli - ombre
grondanti d'oro nell'oro dell'agonia.
Poesie Pasolini: La ricchezza
La ricchezza è una poesia contenuta nella raccolta La religione del mio tempo. Il tema è quello delle borgate romane descritte con crudezza e autenticità.
La puttana è una regina, il suo trono
è un rudere, la sua terra un pezzo
di merdoso prato, il suo scettro
una borsetta di vernice rossa:
abbaia nella notte, sporca e feroce
come un’antica madre: difende
il suo possesso e la sua vita.I magnaccia, attorno, a frotte,
gonfi e sbattuti, coi loro baffi
brindisi o slavi, sono
capi, reggenti: combinano
nel buio, i loro affari di cento lire,
ammiccando in silenzio, scambiandosi
parole d’ordine: il mondo, escluso, tace
intorno a loro, che se ne sono esclusi,
silenziose carogne di rapaci.Ma nei rifiuti del mondo, nasce
un nuovo mondo: nascono leggi nuove
dove non c’è più legge; nasce un nuovo
onore dove onore è il disonore…Nascono potenze e nobiltà,
feroci, nei mucchi di tuguri,
nei luoghi sconfinati dove credi
che la città finisca, e dove invece
ricomincia, nemica, ricomincia
per migliaia di volte, con ponti
e labirinti, cantieri e sterri,
dietro mareggiate di grattacieli,
che coprono interi orizzonti.Nella facilità dell’amore
il miserabile si sente uomo:
fonda la fiducia nella vita, fino
a disprezzare chi ha altra vita.I figli si gettano all’avventura
sicuri d’essere in un mondo
che di loro, del loro sesso, ha paura.La loro pietà è nell’essere spietati,
la loro forza nella leggerezza,
la loro speranza nel non avere speranza.
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