Umberto Saba: le poesie più belle
di Elisabetta RossiUmberto Saba è uno dei più importanti poeti della letteratura del Novecento. Nell'articolo abbiamo raccolto i suoi componimenti migliori.
Umberto Saba, poeta, scrittore e aforista italiano, è stato un importante rappresentante della nostra letteratura del Novecento, rimasto estraneo e lontano sia dal Simbolismo che dall’Ermetismo. La sua poesia infatti si distingue da ogni altra per la sua aderenza a forme stilistiche tradizionali e per la convinzione che debba essere vera e onesta, ossia capace di cogliere i problemi del quotidiano e di parlare dei sentimenti che incendiano l’animo dell’uomo.
Le poesie di Umberto Saba si concentrano quindi da un lato sul suo mondo interiore e dall’altro sulla realtà del suo tempo. Dominate dal dolore, indagano a fondo l’animo del poeta, i suoi turbamenti, mettendo in luce le sue debolezze e le sue nevrosi. La poesia diventa così un mezzo per analizzare la propria depressione e le inquietudini dell’essere umano.
Per darvi l’opportunità di conoscere le poesie di Umberto Saba, abbiamo raccolto in questo articolo i suoi componimenti più belli e coinvolgenti.
Umberto Saba poesie
Umberto Saba ha avuto come punto di riferimento costante per la sua formazione poetica, i grandi del passato come Ariosto, Foscolo, Leopardi e Manzoni. Qui di seguito abbiamo inserito le sue poesie più interessanti.
Passioni
Sono fatte di lacrime e di sangue
e d’altro ancora.
Il cuore
batte a sinistra.
Malinconia
Malinconia
la vita mia
struggi terribilmente;
e non v'è al mondo, non c'è al mondo niente
che mi divaghi.Niente, o una sola
casa. Figliola,
quella per me saresti.
S'apre una porta; in tue succinte vesti
entri, e mi smaghi.Piccola tanto,
fugace incanto
di primavera. I biondi
riccioli molti nel berretto ascondi,
altri ne ostenti.Ma giovinezza,
torbida ebbrezza,
passa, passa l'amore.
Restan sì tristi nel dolente cuore,
presentimenti.Malinconia,
la vita mia
amò lieta una cosa,
sempre: la Morte. Or quasi è dolorosa,
ch'altro non spero.Quando non s'ama
più, non si chiama
lei la liberatrice;
e nel dolore non fa più felice
il suo pensiero.Io non sapevo
questo; ora bevo
l'ultimo sorso amaro
dell'esperienza. Oh quanto è mai più caro
il pensier della morte,al giovanetto,
che a un primo affetto
cangia colore e trema.Non ama il vecchio la tomba: suprema
crudeltà della sorte.
La foglia
Io sono come quella foglia, guarda,
sul nudo ramo, che un prodigio ancora
tiene attaccata.Negami dunque. Non ne sia rattristata
la bella età che a un'ansia ti colora,
e per me a slanci infantili s'attarda.Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
Morire è nulla; perderti è difficile.
Trieste
Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.
Sera di Febbraio
Sera di febbraio
Spunta la luna.
Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s'allaccia;
sbanda a povere mete.
Ed è il pensiero
della morte che, infine, aiuta a vivere.
Città vecchia
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
Il poeta
Il poeta ha le sue giornate contate,
come tutti gli uomini; ma quanto, quanto variate!L’ore del giorno e le quattro stagioni,
un po’ meno di sole o del vento,
sono lo svago e l’accompagnamento
sempre diverso per le sue passioni
sempre le stesse; ed il tempo che fa
quando si leva, è il grande avvenimento
del giorno, la sua gioia appena desto.Sovra ogni aspetto lo rallegra questo
d’avverse luci, le belle giornate movimentate
come la folla in una lunga istoria,
dove azzurro e tempesta poco dura,
e si alternano messi di sventura e di vittoria.Con un rosso di sera fa ritorno,
e con le nubi cangia di colore la sua felicità,
se non cangia il suo cuore.Il poeta ha le sue giornate contate,
come tutti gi uomini; ma quanto, quanto beate!
Tre momenti
Di corsa usciti a mezzo il campo, date
prima il saluto alle tribune.
Poi,quello che nasce poi,
che all’altra parte rivolgete, a quella
che più nera si accalca, non è cosa
da dirsi, non è cosa ch’abbia un nome.Il portiere su e giù cammina come sentinella.
Il pericolo lontano è ancora.
Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora
una giovane fiera si accovaccia
e all’erta spia.Festa è nell’aria, festa in ogni via.
Se per poco, che importa?
Nessuna offesa varcava la porta,
s’incrociavano grida ch’eran razzi.La vostra gloria, undici ragazzi,
come un fiume d’amore orna Trieste.
L’ora nostra
Sai un’ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? È quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l’ora che intensa è l’opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;sulle mole quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell’aria serena.È l’ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d’aspetti in sua bella unità;
l’ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, gli artieri in cima all’alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell’atto, tutto questo andare
ha una parvenza d’immobilità.È l’ora grande, l’ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.
Il torrente
Tu così avventuroso nel mio mito,
così povero sei fra le tue sponde.
Non hai, ch'io veda, margine fiorito.
Dove ristagni scopri cose immonde.Pur, se ti guardo, il cor d'ansia mi stringi,
o torrentello.
Tutto il tuo corso è quello
del mio pensiero, che tu risospingi
alle origini, a tutto il fronte e il bello
che in te ammiravo; e se ripenso i grossi
fiumi, l'incontro con l'avverso mare,
quest'acqua onde tu appena i piedi arrossi
nudi a una lavandaia,
la più pericolosa e la più gaia,
con isole e cascate, ancor m'appare;
e il poggio da cui scendi è una montagna.Sulla tua sponda lastricata l'erba
cresceva, e cresce nel ricordo sempre;
sempre è d'intorno a te sabato sera;
sempre ad un bimbo la sua madre austera
rammenta che quest'acqua è fuggitiva,
che non ritrova più la sua sorgente,
né la sua riva; sempre l'ancor bella
donna si attrista, e cerca la sua mano
il fanciulletto, che ascoltò uno strano
confronto tra la vita nostra e quella
della corrente.
Umberto Saba poesie d’amore
Umberto Saba ha affrontato nelle sue poesie anche la tematica dell’amore, inteso come amore verso una donna e come amore verso sua figlia, e lo fa con semplicità e intensa espressività. Qui di seguito abbiamo raccolto i suoi componimenti sentimentali più belli.
Amai
Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica, difficile del mondoAmai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.
A mia moglie
Tu sei come una giovane,
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.Cosí se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la sua carne.Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono.È così che il mio dono
t’offro quando sei triste.Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere;
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un’altra primavera.Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.E cosí nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.
A mia figlia
Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
Mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.
L’addio
Senz’addii m’hai lasciato e senza pianti;
devo di ciò accorarmi?
Tu non piangevi perché avevi tanti,
tanti baci da darmi.Durano sì certe armoniose intese
quanto una vita e più.
Io so un amore che ha durato un mese,
e vero amore fu.