Jorge Luis Borges: le poesie più belle dell'autore argentino

di Elisabetta Rossi

Borges è uno dei più importanti scrittori e poeti argentini del XX secolo. Nell'articolo abbiamo raccolto le sue liriche più belle.

Indice

Jorge Luis Borges è un poeta e scrittore argentino. Considerato una delle personalità culturali più influenti del XX secolo, ha dato il via al cosiddetto realismo magico con il libro Storia universale dell’infamia. Il realismo magico è una corrente letteraria e artistica del Novecento, caratterizzata dall’introduzione nel quotidiano di elementi fantastici o per meglio dire magici.

Jorge Luis Borges è conosciuto soprattutto per i suoi romanzi e racconti fantastici dove dominano i temi tipici del genere che sono anche quelli prediletti dall’autore: il doppio, le realtà parallele, il sogno, i libri misteriosi, i viaggi nel tempo. Ma l'autore argentino ci ha lasciato anche una notevole produzione poetica in cui si definisce in maniera netta e precisa la sua distanza dalla letteratura di massa e politica e la sua predilezione per il sogno, le illusioni, i labirinti, le immagini.

Sono infatti soprattutto queste ultime a caratterizzare le poesie di Borges, un caleidoscopio di dettagli fantastici, di miraggi che tessono una realtà quasi onirica. Lo scorrere del tempo riporta così il poeta al passato più remoto, quello delle saghe scandinave. Gli specchi diventano l’oggetto più temuto dall’uomo in quanto lo pongono di fronte alla sua piccolezza rispetto alla natura grande e potente. Per Borges infine la vita è solo un sogno, una cosa di cui non sempre l’essere umano si rende conto.

Le poesie di Borges che abbiamo raccolto nell’articolo, vi condurranno nell’animo di quest’artista, nei suoi viaggi interiori.

Borges poesie

Borges ci ha lasciato liriche dal grande impatto emotivo, visionarie ma anche intimiste, portatrici delle sue tematiche principali inerenti il sogno, l’immaginazione, il peccato, il paradiso perduto, la colpa, il viaggio, gli specchi, il tempo. Qui di seguito trovate raccolti i suoi componimenti più interessanti.

Arte poetica

Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua.

Sentire che la veglia è un altro sogno,
sogno di non sognare e la morte
che il nostro corpo teme è questa morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.

Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
trasfigurare l’oltraggio degli anni
in una musica, un rumore, un simbolo,

vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, questo è la poesia
che è povera e immortale. La poesia
si volge come l’aurora e il tramonto.

Talora nel crepuscolo un volto
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l’arte deve esser come quello specchio
che ci rivela il nostro proprio volto.

Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
umile e verde. L’arte è quell’Itaca
di verde eternità, non di prodigi.

È anche come il fiume senza fine
che passa e resta; è specchio di uno stesso
Eraclito incostante, uno e diverso
sempre, come il fiume senza fine.

Una bussola

Tutte le cose sono parole della
lingua in cui Qualcuno o Qualcosa, notte e giorno,
scrive quell’infinito garbuglio
che è la storia del mondo.

Nel suo vortice
passano Cartagine e Roma, io, tu, lui,
la mia vita che non capisco, questa agonia
di essere enigma, caso, crittografia,
e tutta la discordia di Babele.

Dietro il nome c’è ciò che non si nomina;
oggi ho sentito gravitare la sua ombra
su quest’ago azzurro, lucido e lieve,
che verso il confine di un mare tende il suo zelo
con qualcosa di un orologio visto in sogno
e qualcosa di un uccello addormentato che si muove.

Le strade

Le strade di Buenos Aires
ormai sono le mie viscere.

Non le avide strade,
scomode di folla e di strapazzo,
ma le strade indolenti del quartiere,
quasi invisibili poiché abituali,
intenerite di penombra e di crepuscolo
e quelle più fuori mano
libere di alberi pietosi
dove austere casette appena si avventurano,
schiacciate da immortali distanze,
a perdersi nella profonda visione
di cielo e di pianura.

Sono per il solitario una promessa
perché migliaia di anime singole le popolano,
uniche davanti a Dio e nel tempo
e senza dubbio preziose.

Verso l’Ovest, il Nord e il Sud
si sono distese – e sono anche la patria – le strade:
Dio voglia che nei versi che traccio
ci siano quelle bandiere.

La luna

C’è tanta solitudine in quell’oro.
La luna delle notti non è la luna
che vide il primo Adamo. I lunghi secoli
della veglia umana l’hanno colmata
di antico pianto. Guardala. È il tuo specchio.

Odissea, Libro ventitreesimo

Già la spada di ferro ha eseguito
l’opera dovuta di vendetta;
già i dardi crudeli e la lancia
hanno versato il sangue del malvagio.

A dispetto di un dio e dei suoi mari
Ulisse è tornato al suo regno e alla sua regina,
a dispetto di un dio e dei grigi
venti e dello strepito di Ares.

Già nell’amore del letto condiviso
dorme la famosa regina sopra il petto
del suo re, ma dov’è quell’uomo
che nei giorni e notti dell’esilio
errava per il mondo come un cane
e diceva che Nessuno era il suo nome?

Un’altra poesia dei doni

Ringraziare voglio il divino
labirinto degli effetti e delle cause
per la diversità delle creature
che compongono questo singolare universo,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta,
per l’algebra, palazzo dai precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l’universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare senza uno stupore antico,
per il mogano, il cedro e il sandalo,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giornate del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l’alba,
per il mattino a Montevideo,
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell’altro sogno dell’inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che, secoli fa, parlai nella Northumbria,
per la spada e l’arpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale dell’Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l’oro, che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno,
per il nome di un libro che non ho letto: Gesta Dei per Francos,
per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e dell’isola di Manhattan
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale
e il cui nome, come egli avrebbe preferito, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo scrissero
tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l’odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica il passato,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d’Assisi, che scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
per due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per la musica, misteriosa forma del tempo.

Il sogno

Se il sonno fosse (c’è chi dice) una
tregua, un puro riposo della mente,
perché, se ti si desta bruscamente,
senti che t’han rubato una fortuna?

Perché è triste levarsi presto? L’ora
ci deruba d’un dono inconcepibile,
intimo al punto da esser traducibile
solo in sopore, che la veglia dora
di sogni, forse pallidi riflessi
interrotti dei tesori dell’ombra,
d’un mondo atemporale, senza nome,
che il giorno deforma nei suoi specchi.

Chi sarai questa notte nell’oscuro
sonno, dall’altra parte del tuo muro?

Il tempo

Il tempo è un fiume che mi trascina,
ma sono io quel fiume;
è un tigre che mi divora,
ma sono io quella tigre;
è un fuoco che mi consuma,
ma sono io quel fuoco.
Il mondo, disgraziatamente, è reale;
io, disgraziatamente, sono Borges.

Borges poesie d’amore

Nella sua carriera, Borges ha scritto anche poesie a tema sentimentale, sebbene abbia lasciato poco spazio a questi componimenti in quanto l’amore non è uno dei suoi argomenti prediletti. In questa sezione abbiamo raccolto alcune delle poesie d’amore più belle scritte dall’autore.

Amorosa anticipazione

Né l’intimità della tua fronte chiara come una festa
né l’abitudine del tuo corpo, ancora misterioso e tacito e da bambina,
né la successione della tua vita assumendo parole o silenzi
saranno favore tanto misterioso
come guardare il tuo sonno implicato
nella veglia delle mie braccia.

Vergine miracolosamente un’altra volta per la virtù assolutoria del sonno,
quieta e splendente come una felicità che la memoria sceglie,
mi darai quella sponda della tua vita che tu stessa non hai.

Gettato alla quiete,
scorgerò quella spiaggia ultima del tuo essere
e ti vedrò per la prima volta, forse,
come Dio deve vederti,
sbaragliata la finzione del Tempo,
senza l’amore, senza di me.

È l’amore

È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.

A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.

È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.
È l’amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.

C’è un angolo di strada dove non oso passare.

Il nome di una donna mi denuncia.
Mi fa male una donna in tutto il corpo.

L’innamorato

Luna, avorio, strumenti musicali, rose,
lampade e il segno di Durer,
le nove cifre e lo sfuggente zero,
devo fingere che queste cose esistano.

Devo fingere che nel passato c’erano
Persepoli e Roma e che una sabbia
sottile ha misurato il destino di una torre
che le età del ferro hanno disfatto.

Devo pensare alle armi e alle fiamme
delle epopee e ai mari plumbei
che rosicchiano i pilastri della terra.

Devo fingere che ci sono gli altri. È falso.
Ci sei solo tu. Tu, mia ventura
e sventura, inesauribile e pura.

Ti offro

Ti offro strade difficili, tramonti disperati, la luna di squallide periferie.
Ti offro le amarezze di un uomo che ha guardato a lungo la triste luna.

Ti offro i miei antenati, i miei morti,
i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:
il padre di mio padre ucciso sulla frontiera di Buenos Aires,
due pallottole attraverso i suoi polmoni,
barbuto e morto, avvolto dai soldati nella pelle di una mucca;
il nonno di mia madre - appena ventiquattrenne - a capo
di un cambio di trecento uomini in Perù, ora fantasmi su cavalli svaniti.

Ti offro qualsiasi intuizione sia nei miei libri, qualsiasi virilità o vita umana.
Ti offro la lealtà di un uomo che non è mai stato leale.
Ti offro quel nocciolo di me stesso che ho conservato,
in qualche modo - il centro del cuore che non tratta con le parole,
ne coi sogni e non è toccato dal tempo, dalla gioia, dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una rosa gialla al tramonto,
anni prima che tu nascessi.

Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, autentiche e sorprendenti notizie di te.
Ti posso dare la mia tristezza, la mia oscurità,
la fame del mio cuore; cerco di corromperti con l'incertezza,
il pericolo, la sconfitta.