Ossimoro: significato e definizione della figura retorica
di Elisabetta RossiL'ossimoro è una figura retorica usata sia in prosa che in poesia. Nell'articolo vi spieghiamo in cosa consiste.
L’ossimoro è una figura retorica utilizzata spesso nella narrativa e nella poesia per dare enfasi a una parola o a un concetto o per attribuire un nome a qualcosa che non ce l’ha. Di sicuro vi sarà capitato più di una volta d’incontrarlo e immaginiamo che spesso vi abbia lasciati perplessi leggerlo, in quanto a un primo impatto è senza alcuna logica.
In realtà però l’ossimoro ha un suo senso, un significato profondo che per essere colto necessita di una decodifica in più rispetto a quanto accade con altre espressioni o termini usati abitualmente. Ma cos’è di preciso un ossimoro? Vediamolo insieme!
Che cos’è un ossimoro?
La parola ossimoro deriva dal greco oksýmōron, termine composto da oksýs, che sta per acuto, e mōrós, che invece vuol dire ottuso, stolto o folle. Dunque da tale etimologia, s’intuisce come lo stesso sostantivo usato per definire la figura retorica, sia un ossimoro.
L’ossimoro consiste dunque nell’accostamento di due parole che si contraddicono l’una con l’altra, che sono una l’opposto dell’altra. Quando viene impiegato in prosa o in poesia, l’effetto è quello di un paradosso, di un qualcosa che stride. Ma è proprio lo sconvolgimento causato da termini in contrapposizione ad evidenziare la forza espressiva di tale figura retorica.
Quando e perché si utilizza un ossimoro
Un ossimoro viene utilizzato in uno dei seguenti casi:
- Per attirare l’attenzione del lettore;
- Per dare maggior forza a un concetto;
- Per evocare sensazioni ed emozioni particolari;
- Per dire un qualcosa che di solito non è espresso da una parola.
Molti autori della nostra letteratura hanno impiegato nelle loro opere questa figura retorica. Ecco alcuni esempi celebri.
- Triste meraviglia: in Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale.
- Fatal quiete: in Alla sera di Foscolo;
- Provida sventura: nell’Adelchi di Manzoni.
Qual è la differenza tra ossimoro e antitesi
Sebbene anche l’antitesi sia una figura retorica fondata sulla contraddizione, non è da ritenersi uguale all’ossimoro. Nello specifico, l’ossimoro è formato da due termini successivi l’uno all’altro, ossia vicini, consecutivi. Spesso infatti sono nome e aggettivo oppure nome e avverbio. Il secondo termine definisce quello che lo precede.
L’antitesi invece si sviluppa all’interno di frasi o di periodi complessi. Di conseguenza le parole opposte che la compongono, possono trovarsi in posizioni diverse e lontane tra loro. In poesia essa è più facilmente identificabile in quanto è costruita con uno schema simmetrico. Infine l’antitesi può indicare un'opposizione generale oppure la negazione di una parola.
Un esempio di antitesi è quella usata da Pirandello ne Il Fu Mattia Pascal: vivo alla morte, ma morto alla vita.