I detti popolari hanno una tradizione antica e sono fortemente radicati nella nostra cultura. Nell'articolo trovate raccolti i migliori.
I detti popolari sono massime e proverbi fortemente radicati nella società in cui nascono. Ognuno di essi è portatore di una verità e il loro sviluppo si deve alla saggezza della gente che in virtù delle proprie esperienze, li ha usati come forma di comunicazione prediletta per dispensare consigli e osservazioni sulla vita.
Molti di questi proverbi sono sopravvissuti al tempo e ancora oggi si possono sentire dagli anziani capifamiglia. Non solo, alcuni sono così ancorati nella nostra cultura da essere spesso usati nel linguaggio parlato per spiegare una situazione o per comunicare un proprio sentire in modo sintetico, diretto ed efficace.
I proverbi infatti hanno dalla loro la capacità di riassumere in frasi brevi e incisive un pensiero, un punto di vista, una convinzione. Le tematiche che affrontano sono le più diverse, si va da quelle incentrate sulle donne, a quelle sull’amore, fino ad arrivare ai detti sulla vita e sul meteo. Insomma per ogni aspetto del quotidiano, c’è un proverbio adeguato!
Proverbi e detti popolari
Per farvi conoscere i proverbi e detti popolari più caratteristici, abbiamo selezionato e inserito qui di seguito i migliori.
Tempo chiaro e dolce a Capodanno, assicura bel tempo tutto l'anno.
A Gennaio l'Epifania tutte le feste le porta via, poi arriva San Benedetto che ne riporta un bel sacchetto!
Febbraio, febbraiello, cortino e bugiardello.
D'aprile ogni goccia un barile.
Quando si bagnano le Palme, si bagnano anche l'ova.
Chi la dura la vince.
Del senno di poi sono piene le fosse.
Tutti i nodi vengono al pettine.
Il mondo è fatto a scale. C’è chi scende e c’è chi sale.
Male non fare, paura non avere.
Detti popolari Veneti
Il Veneto è ricco di proverbi popolari che si fanno portavoce della saggezza, praticità e lungimiranza dei suoi abitanti. Qui trovate i più interessanti.
Al'amigo pèlighe 'l figo, al nemigo 'l persego. (All'amico pela il fico e al nemico la pesca.)
A lavar la testa a l'aseno, se perde lissia e saon. (A lavare la testa a un asino si spreca liscìvia e sapone.)
Chi desfa bosco e desfa pra', se fa dano e non lo sa. (Chi distrugge boschi e prati, senza saperlo fa del danno a se stesso.)
Chi ruma catta ossi. (Chi scava trova ossa ossia chi cerca trova.)
Chi spua sempre miel, ga sconto 'l fiel. (Chi sputa sempre miele, tiene nascosto il fiele.)
Co l'aqua toca al culo, s'impara a nuar. (Quando l'acqua tocca il sedere, si impara a nuotare.)
Da un segna' da Dio tre passi indrio, e dal zoto starghene oto. (Dalle persone segnate da Dio stanne a tre passi indietro, e dallo zoppo stanne ad otto.)
Do amori no se pol aver. (Non si possono avere due amori.)
El diavolo no vol sentir la quiabita. (Il diavolo non vuole ascoltare l'orazione degli esorcisti.)
Far e desfar xe tuto on laorar. (Fare e disfare è tutto un lavorare.)
Detti popolari calabresi
Continuiamo il nostro viaggio nei detti popolari con una raccolta di quelli calabresi più simpatici e tradizionali.
A carne supra l'uossu bella pare. (La carne sopra l'osso bella pare.)
A ccantu a ccantu, Brasi iva â missa e perdiva 'a curuna. (Una volta tanto, che Biagio era andato alla messa, perse la corona.)
A frevaru la notti cu lu juornu, vannu a paru. (Nel mese di febbraio febbraio la notte va al pari col giorno.)
A giugnu 'u ranu 'n pugnu, a giugnettu 'u ranu è nettu. (A giugno il grano è in pugno, a luglio è già pulito.)
A zirra d'a sira stipala pe ra matina. (La rabbia della sera conservala per il mattino.)
Agiallu va duve truva granu. (L'uccello va dove trova il grano.)
Amara chira casa cu l'erva a ru scalune. (Triste la casa con l'erba sullo scalino.)
Carciari, malatia e necessitati sparpagnanu li cori di l'amici. (Carcere, malattie e bisogno scandagliano il cuore degli amici.)
Chi mangia de bon'ura cu nu puniu scascia nu muru. (Chi mangia di buon'ora con un pugno rompe un muro.)
Chi te sta dintru o te 'ncorna o te scorna. (Chi sta dentro casa tua o ti fa le corna o ti porta via qualcosa.)
Detti popolari napoletani
I napoletani hanno una lunga tradizione di proverbi nati dai loro usi e costumi e tramandati di generazione in generazione. Qui abbiamo raccolto i migliori.
 altare sgarrupato nun s'appicciano cannele. (Ad altare diroccato non si accendono candele.)
A bizzoca è diavulo senza fuoco. (La bigotta è diavolo senza fuoco.)
A casa cu' doj porte 'o diavolo s'a porta. (La casa con due porte se la porta il diavolo.)
A casa d''o 'mpiso nun parlà 'e corda. (A casa dell'impiccato non parlare di corda.)
'A cicala canta, canta e po' schiàtta. (La cicala canta, canta e poi muore.)
'A famma fa asci 'o lupo da 'o bosco... (La fame fa uscire il lupo dal bosco...)
'A femmena è 'a canzona d''a casa. (La donna è la canzone della casa.)
A lo besuogno se canoscene l'ammice. (Nel bisogno si conoscono gli amici.)
‘A morte nun tene crianza. (La morte non ha buone maniere.)
'A tristezza è ll'ombra d' 'o diavulo. (La tristezza è l'ombra del diavolo.)
Detti popolari romani
I detti popolari romani sono resi incisivi e caratteristici grazie all’uso del dialetto. Anch’essi come gli altri contengono credenze e usanze tipiche del luogo. Scoprili subito!
Bon vino fa bbon sangue. (Buon vino fa buon sangue.)
A Roma, Dio nun è trino, ma è quattrino. (A Roma, Dio non è trino, ma è quattrino.)
Er bove adesso dice cornuto all'asino. (Il bue adesso dice cornuto all'asino.)
Er vino è la zinna de li vecchi. (Il vino è la mammella dei vecchi.)
L'acqua arovina li ponti e er vino la testa. (L'acqua rovina i ponti e il vino la testa.)
Omo de vino nun vale un quatrino. (Uomo di vino non vale un quattrino.)
Un'accettata nun atterra una cerqua. (Un colpo di accetta non abbatte una quercia ossia una disgrazia non rovina un uomo.)
Si è ber tempo a Candelòra de l'inverno semo fora ma si piove o tira vento de l'inverno semo drento. (Se è bel tempo a Candelora dall'inverno siamo fuori ma se piove o tira vento nell'inverno siamo dentro.)
L’onore e la salute nun se venneno in spezieria. (L’onore e la salute non si vendono al mercato.)
Perdonà è dda omo, scordassene è dda bbestia. (Il perdono è degli uomini, l’oblio è delle bestie.)
Detti popolari abruzzesi
Concludiamo il nostro viaggio nei detti popolari con una raccolta di quelli abruzzesi più tipici e simpatici.
A chije aspette, n’hêre ije ne pare sétte. (A chi aspetta, un’ora glie ne sembrano sette.)
Genta trèste, ‘nnumenate e vèste. (Appena se ne parla, ecco che la gente cattiva appare.)
Daije, daije, daije, la cepêlle devente haije. (Dagli, dagli, le cipolle diventano agli.)
Ucchie nire e capill’biond’è la chiù bbell’de lu mond’. (Occhi neri e capelli biondi, è la più bella del mondo.)
Ardàmm lu fazzulètt’ ch’ t’ so dat’ e armìttec’lu bben’ch’te so vulùt’. (Ridammi il fazzoletto che ti ho dato e rimettici dentro il bene che ti ho voluto.)
Chi pija la moje sta cuntentu ‘nu jorn, chi ccide lu porc sta cuntend n’ann. (Chi prende la moglie è contento un giorno, chi ammazza il maiale è felice un anno.)
Lu pianta grane ijétte la préte e annaschênne la mane. (Il piantagrane butta la pietra e nasconde la mano.)
A lu povr gl mang lu pen e a lu ricche ne je te fem. (Al povero manca il pane e al ricco gli manca la fame.)
Mêije, marète e feije coma ‘Ddeije te le dà te le peije. (Moglie, marito e figli come Dio te li da te li pigli.)
C’l’art’nen vò ‘mparà o sbirre o frat’s’à da jì ffà. (Chi non vuol imparare un mestiere, o sbirro o frate si deve fare.)