Perché i dottori spesso non indovinano la data di nascita durante gravidanza?
di Redazione FrasixDei ricercatori di Stanford vogliono rivoluzionare il modo in cui si determina lo stadio di avanzamento della gravidanza, in modo da creare metodi più sicuri, convenienti e non invasivi per capire quando avverrà il parto.
Si stima che solo il quattro percento delle donne partorisca esattamente nel giorno che era stato calcolato dal ginecologo durante la gravidanza: come mai è così difficile individuare la data precisa del parto? Le ragioni sono due: le variazioni naturali che caratterizzano ciascun periodo di gestazione e la nostra scarsa capacità attuale di effettuare questa previsione con esattezza.
Al momento, infatti, la medicina non ha ancora trovato un metodo efficace per determinare precisamente il momento della nascita, perché ci sono ancora grandi difficoltà nello stabilire con sicurezza l’età di un feto o lo stadio di avanzamento della gravidanza.
Come spiega Julia Belluz in un interessante articolo di Vox, se riuscissimo a poter dedurre entro margini molto più stretti l’età “gestazionale”, non solo le mamme potrebbero pianificare le loro gravidanze, ma soprattutto i dottori riuscirebbero meglio a determinare se il feto sta sviluppandosi come dovrebbe, e quali cure aggiuntive sarebbe meglio implementare per un parto più sicuro. Ecco perché indovinare le coordinate temporali della gravidanza è considerato “il Sacro Graal dell’ostetricia”, come dice George Saade, il direttore della divisione di medicina materno fetale dell’Università del Texas.
Ora i ricercatori stanno impiegando le teorie più avanzate della genomica per riuscire a raggiungere questo fondamentale traguardo. Un nuovo documento pubblicato nella rivista Science da un team di Stanford descrive gli esperimenti realizzati per mezzo di semplici analisi del sangue per determinare l’età gestazionale del feto, e stabilire se la donna partorirà prematuramente. Sono studi ancora di piccola portata e preliminari, che però suggeriscono come un giorno i dottori potranno dire con esattezza quando è iniziata la loro gravidanza e dunque prevedere meglio il momento del parto.
Come viene calcolata al momento l’età gestazionale
Al momento ci sono solo due modi per stimare l’età gestazionale, ed entrambi sono imprecisi. Il primo si affida alla data delle ultime mestruazioni, in base alla quale i dottori cercano di capire quando la donna possa aver ovulato e quando sia rimasta incinta. Tra le gravidanze non programmate, le donne con un ciclo irregolare o quelle che non ricordano con l’esattezza la data delle ultime mestruazioni, questo metodo rimane poco affidabile. C’è poi da considerare che in alcuni casi si possono avere delle perdite di sangue anche nel primo mese di gravidanza, che magari vengono scambiate come mestruazioni.
L’altro metodo è tramite l’ecografia, che permette ai medici di misurare le dimensioni del feto dedurne lo stadio di avanzamento nella crescita, cui corrisponde mediamente un certo numero di settimane di gravidanza; ma, spiega Saade: “Anche quella è una stima approssimativa, ed è più accurata nei primi tempi della gravidanza che più avanti”. Senza contare che ci sono situazioni in cui le donne non riescono a sottoporsi all’ecografia o magari solo quando la gravidanza diventa evidente e dunque i calcoli sono più incerti.
Questo errore può avere conseguenze importanti: una stima non corretta dell’età gestazionale potrebbe portare un dottore a indurre il travaglio troppo presto oppure operare un cesareo inutilmente, esponendo mamma e bambino a rischi considerevoli.
L’uso della genomica per stabilire l’età gestazionale
Come anticipato, lo studio del team di Stanford è ancora preliminare, ed i suoi risultati devono essere convalidati da analisi a livello clinico: anche nel caso questa fase di sperimentazione avesse successo, saremmo ancora lontani dall’usufruire della quotidiana applicazione di tali metodi. Questo però non impedisce ai ricercatori di parlarne come una frontiere “emozionante” e “rivoluzionaria”, vista la promessa che contiene.
Gli scienziati di Stanford (sovvenzionati da una serie di enti benefici tra cui la Bill and Melinda Gates Foundation) hanno realizzato diversi studi pilota con piccoli gruppi di donne per determinare se sia possibile usare le analisi del sangue per capire l’età gestazionale di un bambino e se la madre rischia dipartorire prematuramente.
I biomarcatori su cui si sono concentrati sono chiamati “cell-free RNA transcripts”. Quest’area della genomica è considerata particolarmente all’avanguardia, dato che potrebbe permettere di comprendere anche lo sviluppo di certe malattie come il cancro, o, in questo caso, lo sviluppo di una gravidanza.
Le nostre cellule contengono cromosomi fatti di DNA, nel cui nucleo sono archiviate le nostre informazioni genetiche, che per essere però “sviluppate” hanno bisogno dell’RNA. Julia Belluz descrive l’RNA come un messaggero o intermediario: perché un gene diventi proteina (da cui poi derivano un sacco di caratteristiche fisiche, come il colore degli occhi), quel gene deve essere trascritto nell’RNA nel nucleo della cellula, e poi l’RNA è trasformato in proteina nel citoplasma oppure espulso dalla cellula dentro il sangue (ed ecco l’RNA “cell-free”). Se il DNA è permanente - cioè è quello che ci si passa di generazione in generazione - l’RNA invece si fa vivo solo quando ce n’è bisogno.
L’autrice dell’articolo di Vox compara il primo al libro di ricette dei famiglia tramandato dai genitori ai figli, mentre il secondo come la ricetta della zia scarabocchiata su un post-it, cui si ricorre solo in caso di necessità.
Durante lo sviluppo fetale quell’RNA che era stato espulso nel plasma del sangue si lascia alle spalle una serie di indizi riguardo il tipo di sviluppo che si è verificato, ed èquello che le innovative analisi del sangue cercano di studiare.
La determinazione più accurata (e conveniente) dell’età fetale può portare a parti più sani
Analizzando i campioni di sangue da un gruppo di 31 donne incinte in Danimarca, i ricercatori hanno trovato la correlazione tra questi biomarcatori e determinati livelli di sviluppo fetale. Dopodiché, hanno realizzato delle analisi del sangue basate su questi dati per capire l’età gestazionale, che la metà delle volte risultava esatta, e molto di più man mano che la gravidanza proseguiva (cioè quando le ecografie sono meno utili).
Per quanto riguarda la capacità di prevedere il rischio di parto prematuro, una delle più comuni cause di morte neonatale nonché un evento legato a maggiori rischi di salute in futuro, hanno condotto dei test su due piccoli gruppi di donne, presso due università in Pennsylvania ed in Alabama, ed hanno scoperto che il biomarcatore del sangue era capace di predire il parto prematuro il 75% delle volte.
Non è un risultato perfetto, ma visto che al momento non conosciamo metodi sicuri per predire un evento del genere, sono di certo novità incoraggianti: se si riuscisse a perfezionare, aiuterebbe le donne a pianificare con i loro dottori un parto sicuro. E la più grande promessa di questo metodo è che, avvenendo tramite analisi del sangue, è di certo molto meno costoso e più comunemente esperibile delle ecografie, soprattutto dove mancano i macchinari adatti per quel tipo di diagnostica.
Il co-direttore del Perinatal Institute presso il Cincinnati Children’s Hospital Medical Center Luis Muglia ha infatti commentato: “La cosa bella del cell-free RNA è che richiede solo un campione di sangue senza strumenti costosi. In alcune parti del mondo in cui potrebbe essere difficile avere accesso ad un ecografo, questo potrebbe essere un metodo più semplice [per determinare l’età gestazionale]... è roba grossa!”.
Speriamo che queste ricerche possano dare il prima possibile i risultati sperati, così che non debba passare troppo tempo prima che qualunque donna nel mondo possa servirsene.