Le donne sono più soggette al cancro ai polmoni, e non sempre sono fumatrici

di Redazione Frasix

Sempre più donne vengono colpite dal tumore polmonare, anche se non fumano: quali sono i motivi, i sintomi, il ruolo del fumo passivo ed i pregiudizi legati a questa terribile malattia?

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Il cancro ai polmoni è il tipo di cancro più diffuso al mondo: l’ultima rilevazione a livello globale, nel 2012, registrava un totale di oltre1,8 milioni di nuovi casi, il 58% dei quali emerso nei paesi in via di sviluppo. Nel nostro paese rimane la prima causa di morte tra gli uomini e la terza tra le donne, e mentre l’incidenza sui primi va diminuendo, per le donne la situazione diventa ogni anno più preoccupante.

Negli Stati Uniti vengono diagnosticati 230mila casi all'anno, nel Regno Unito le morti annue sono 45mila, mentre nel 2017 il manuale dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) intitolato “I numeri del cancro in Italia 2017” riportava la notizia di un “boom” di tumori al polmone fra le donne.

È un vero e proprio boom di diagnosi di cancro del polmone fra le donne: 13.600 nel 2017 (+49% in 10 anni), dovuto alla forte diffusione del fumo fra le italiane.

Il manuale aggiunge: “Il tumore che ha fatto registrare nel 2014 il maggior numero di decessi, viene sottolineato, è quello al polmone (33.386), seguito da colon-retto (18.671), mammella (12.330 decessi), pancreas (11.186) e stomaco (9.557)”. Come infatti riporta Naomi Elster in un articolo di BBC Future, mentre nel 1971-72 la possibilità di sopravvivere per dieci anni dopo la diagnosi era del 3%, dopo trent’anni la percentuale era salita di pochissimo (5%), ma nello stesso periodo invece la chance per le donne colpite da cancro al seno era raddoppiata, dal 40 al 78,5%. Negli ultimi cinque anni, invece, anche in Italia, si parla di un tasso di sopravvivenza triplicato.

Nonostante questo segno incoraggiante, iltumore ai polmoni rimane un male che colpisce sempre più donne (negli ultimi vent’anni il numero è salito del 27%), e spesso si ritiene che si tratti di una malattia autoinflitta per colpa del fumo, dunque evitabile se ci teniamo lontani da sigarette di ogni tipo. Ma non è esattamente così.

Le donne e il fumo

Nel suo articolo, la Elster riporta che alcuni risultati scientifici suggeriscono che le donne reagiscono diversamente alla nicotina rispetto agli uomini, e che il loro DNA è più facilmente e profondamente danneggiato dagli agenti carcinogeni presenti nel tabacco.

Ancora, potrebbe darsi che si registri solo ora un aumento del rischio di cancro ai polmoni per le donne perché, storicamente, hanno iniziato a fumare dopo gli uomini: negli anni ‘20, il fumo era un’abitudine ancora perlopiù maschile, ma quando le sigarette furono presentate da efficaci campagne pubblicitarie (state pensando a Mad Men?) come simbolo d’emancipazione, il numero di donne che si prendevano a fumare è aumentato esponenzialmente.

C’è anche uno studio condotto in oltre 100 paesi che prova come questocollegamento tra la parità di genere ed il tasso di donne fumatrici permanga: “Nei paesi in cui le donne sono più emancipate, il tasso di fumatrici è più alto di quello dei fumatori”, scrivono i ricercatori Sara Hitchman e Geoffrey Fong. A livello mondiale, le statistiche pendono sempre a favore di una predominanza maschile quanto al fumo, con uno scarto che però diventa sempre minore man mano che si guarda alle generazioni più giovani.

Il fumo passivo

Sebbene fumare provochi circa l’85% dei tumori ai polmoni, e di certo evitare di indulgere in questo vizio è la scelta maggiormente (ma non infallibilmente) efficace nel ridurre il rischio di incorrere in questa malattia,l’astinenza dal fumo non è una garanzia.

Il cancro ai polmoni nei non fumatori non è una sciocchezza.

Questo il commento di Charles Swanton, capo specialista della Cancer Research UK: “Nella mia esperienza, il 5-10 % dei pazienti non ha mai fumato”. Ed anche tra i non fumatori, riporta uno studio, l’incidenza del tumore ai polmoni è più alta tra le donne (1 su 5) che non tra gli uomini (1 su 10). Ancora, una rassegna dei casi di tumore ai polmoni operati tra il 2008 ed il 2014 nel Regno Unito ha svelato che il 67% dei pazienti che non avevano mai fumato erano donne.

È una disparità notevole che, in parte, forse origina dal fumo passivo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva al riguardo avvisato che in certi paesi “le donne ed i bambini spesso non hanno la possibilità di ottenere spazi privi di fumo, anche nelle loro stesse case". Il fumo passivo aumenta le chance, per un non fumatore, di contrarre cancro ai polmoni del 20-30%, ed ogni anno questo killer silenzioso porta ad oltre 430mila morti nel mondo, di cui il 64% sono donne.

Anche i ruoli cui le donne sono relegate nella società influiscono su queste rilevazioni: anche il fumo passivo di un fuoco di carboni ardenti, usato per cucinare e scaldarsi in certe parti del mondo (come in Cina) o di alcuni combustibili per cucinare utilizzati in India aumenta il rischio delle persone non fumatrici che ad essi sono esposte di contrarre la malattia.

Le cause dei tumori polmonari

Il cancro è una patologia che si manifesta quando accadono errori in alcuni processi di generazione di nuove cellule: sostanze chimiche carcinogene, luce ultravioletta e virus possono danneggiare il DNA e causare un “malfunzionamento canceroso”. Ma in molti tumori non viene identificato un rischio esterno particolare, e spesso è questo il caso di tanti non fumatori cui viene diagnosticato un cancro ai polmoni.

Naomi Elster riporta ancora che i tipi di cancro polmonare che colpiscono i fumatori sono molto diversi da quelli che insorgono nei non fumatori: “vengono cambiati, o mutati, diversi geni in ciascuno. Per i non fumatori, il cancro è più comunemente causato da alterazioni nel gene EGFR, al quale sono indirizzate delle medicine abbastanza recenti ed efficaci.

L’incidenza del tumore polmonare nei non fumatori è in aumento, e solo per una piccola percentuale si può ascrivere l’insorgere del male all'esposizione professionale a sostanze quali amianto, radon e (come uranio, cromo e nichel).

Si è poi parlato più volte del ruolo che può avere l’inquinamento dell’aria, elencato come fattore carcinogeno dall’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro nel 2013: in quell’analisi, la IARC stimavache 223mila morti per cancro ai polmoni ogni anno erano attribuibili alle PM2.5, le minuscole particelle sospese nell’aria derivanti da gas di scarico dei carburanti e costruzioni. Oltre la metà di queste morti erano state registrate in Cina ed altri paesi dell’estremo Oriente, nei quali le condizioni dell’aria sono pessime per via della rapida industrializzazione.

I sintomi da non sottovalutare

L’articolo di BBC Future riflette sul fatto che, nonostante si parli tanto di come l’astinenza dal fumo non sia una garanzia di salvezza dai tumori polmonari, i non fumatori si sentono spesso così al sicuro da prendere sottogamba i sintomi di questa malattia, finendo per ottenere una diagnosi quando il cancro è già ad uno stadio avanzato, dunque più difficile da curare.

A un anno dalla diagnosi, il 70% dei pazienti il cui tumore polmonare era stato scoperto con tempestività saranno ancora in vita, rispetto al 14% di coloro cui la diagnosi è giunta con un tumore ad uno stadio avanzato.

Il sito della Fondazione Veronesi avverte che, sebbene nelle fasi iniziali questo tipo di tumori possa essere “del tutto asintomatico”, tanto che può capitare che venga diagnosticato in corso di esami (quali una radiografia del torace) effettuati per altri motivi, ci sono però “alcuni sintomi che andrebbero, se presenti, discussi con il proprio medico di base: la voce rauca, la tosse persistente, il respiro corto, ildolore toracico, la perdita di peso (non legata ad una dieta) e di appetito, la stanchezza persistente, la presenza di sangue nell’espettorato”.

Non che la presenza di questi sintomi debba per forza indicare l’insorgere di un tumore, ma un controllo dal medico, soprattutto quando alcuni di questi malesseri non scompaiono con le cure abituali (come antibiotici) è sempre consigliato. Inoltre, leggiamo sullo stesso sito, “il tumore polmonare può diffondersi ad altri organi (metastasi) e dare quindi disturbi correlati a queste sedi di malattia, fra cui ittero (fegato), dolore osseo (ossa), mal di testa e vertigini (cervello)”.

Lo stigma sociale

Non sempre ci facciamo caso, ma ci sono malattie delle quali si parla con più facilità di altre, anche quando le abbiamo contratte noi stessi. Nel caso dei tumori, quello ai polmoni è accolto con maggior pregiudizio di altri, perché connotato dalla supposizione automatica che sia stato auto-inflitto dal vizio del fumo. Questo si manifesta in atteggiamenti che rendono ancora più gravoso per i pazienti fare i conti con una malattia così insidiosa, per fumatori e ancora di più per coloro che non hanno mai “fatto un tiro”.

L’articolo di Naomi Elster riporta ad esempio l’esperienza di un paziente, non fumatore, che racconta: “La prima reazione negativa ricevuta è stata in ospedale, dallo pneumologo… Lo ha detto sottovoce mentre facevo riabilitazione respiratoria dopo l’intervento, ‘Ecco che ti capita quando fumi’”.

La stigmatizzazione sociale comporta anche un diverso trattamento della ricerca per questo male: pare infatti che solo una piccola porzione dei miliardi di dollari globalmente raccolti dalle fondazioni ed organizzazioni a favore degli studi per combattere il cancro arrivano poi ai team che si occupano di questo ceppo di malattie in particolare, mentre la ricerca meglio finanziata è quella per il cancro al seno.

Al momento però, è attivo lo studio di Swanton che si chiama TRACERx (e che costa 14 milioni di sterline), il quale vuole esamminare come i tumori polmonari cambieranno nel tempo in 850 pazienti. È un tipo di ricerca che darà agli studiosi la possibilità di analizzare meglio le differenze tra ogni paziente, tra fumatori e non, uomini e donne, in modo da creare trattamenti personalizzati più efficaci.

C’è uno slogan che coloro che raccolgono fondi per i tumori ai polmoni usano spesso, e che suona più o meno:

Il cancro ai polmoni non discrimina, non dovresti nemmeno tu.

Chi volesse contribuire a questa importante ricerca, può farlo con donazioni all’AIRC, all’AIMAC, alla Fondazione Roberto Veronesi, oppure devolvendo il 5x1000 all'Istituto Europeo di Oncologia.