La guerra è un evento che ciclicamente ha tinto di dramma la storia dell'umanità e della quale i poeti sono stati testimoni. Nell'articolo trovate le loro liriche più coinvolgimenti sul tema.
La guerra è l’argomento principe della produzione letteraria italiana del Novecento, un’epoca attraversata da due Guerre Mondiali. Conflitti che hanno lasciato ferite profonde nel cuore delle persone.
In tale drammatico scenario, gli intellettuali dell’epoca, soprattutto i poeti che hanno preso parte agli scontri, rappresentano la testimonianza più viva di uno dei periodi più bui della storia. Tra di loro, va senza dubbio menzionato Giuseppe Ungaretti, autore di liriche potenti, capaci di mettere a nudo il dramma vissuto sul campo, a diretto contatto con la morte e con la distruzione causata dalle armi. Il suo dolore è diventato, attraverso le poesie, quello di tutti, dell’umanità intera messa in ginocchio dalla violenza.
Clemente Rebora è stato un altro poeta ad aver vissuto direttamente lo strazio della Prima guerra mondiale, avendo combattuto sul Carso. Un’esperienza dolorosa a cui darà spazio nel componimento dal titolo Viatico. A loro si uniscono Eugenio Montale, Umberto Saba e Salvatore Quasimodo, narratori della Seconda Guerra Mondiale. Le loro voci sono un accorato appello a deporre le armi, a comprendere l'insensatezza dei conflitti armati.
Chi sono i poeti di guerra?
I poeti di guerra sono ragazzi che nella Prima Guerra Mondiale si sono arruolati per prendere parte al conflitto animati dalla voglia di dare il proprio contributo alla nazione. La partecipazione diretta alle battaglie però ha distrutto il loro entusiasmo, sostituendolo con lo shock di trovarsi a vivere nelle trincee in condizioni disumane.
Le poesie contro la guerra di Bertolt Brecht
Bertolt Brecht è stato un poeta militante che ha raccontato il dramma della Seconda guerra mondiale, delle ingiustizie e delle disumanità di quel periodo storico. Lo scopo delle sue liriche era quello di scuotere la coscienza degli individui, di renderli consapevoli degli orrori che stavano vivendo.
Le sue poesie in particolare sono dedicate al popolo, costretto a patire in silenzio le scelte dei potenti e condannano qualsiasi forma d’ingiustizia. Qui di seguito trovate raccolte le più struggenti sul tema della guerra.
Chi sta in alto dice pace e guerra
Questa lirica affronta uno dei temi tipici di Brecht, ossia che chi è al potere pensa che per ottenere la pace si abbia bisogno della guerra. Soprattutto sottolinea come il concetto di pace e guerra dei governi sia ben diverso da quello che può avere il popolo.
Sono di essenza diversa.
La loro pace e la loro guerra
son come vento e tempesta.
La guerra cresce dalla loro pace
come il figlio dalla madre.
Ha in faccia
i suoi lineamenti orridi.
La loro guerra uccide
quel che alla loro pace
è sopravvissuto.
Generale
Questa lirica può essere considerata un vero e proprio inno all’umanità, perfettamente in grado di capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Le persone dunque possono opporsi alle decisioni di chi sta al potere.
Generale, il tuo carro armato
è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Quando la guerra comincia
La poesia Quando la guerra comincia racconta con lucida consapevolezza cosa accade quando si scende in guerra. Brecht sottolinea la mutazione dei volti dei soldati e la necessità di rimanere fedeli a se stessi, di non perdersi nel dolore e nello strazio degli scontri.
Forse i vostri fratelli si trasformeranno
e i loro volti saranno irriconoscibili.
Ma voi dovete rimanere eguali.
Andranno in guerra, non
come ad un massacro,
ad un serio lavoro. Tutto
avranno dimenticato.
Ma voi nulla dovete dimenticare.
Vi verseranno grappa nella gola
come a tutti gli altri.
Ma voi dovete rimanere lucidi.
La guerra che verrà
In questa toccante poesia, Brecht condanna la guerra che porta solo morte, distruzione e dolore. Non c'è nessun vincitore e chi patisce di più il conflitto è la gente del popolo, tutte quelle persone costrette a lottare per cause che non gli appartengono.
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
Faceva la fame. Fra i vincitori
Faceva la fame la povera gente egualmente.
Mio fratello aviatore
Mio fratello aviatore è una lirica composta da Brecht durante la terribile guerra di Spagna del 1936. I versi raccontano la crudeltà della guerra e pongono il lettore di fronte all'efferatezza della realtà.
Mio fratello era aviatore
Un giorno ricevette la cartolina.
Fece i bagagli, e andò via,
Lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
di spazio. E prendersi terre su terre,
da noi, è un vecchio sogno.
E lo spazio che si è conquistato
È sui monti del Guadarrama.
È lungo un metro e ottanta
E di profondità uno e cinquanta…
Quelli che stanno in alto
In questa lirica, Brecht accusa chi è al potere di prendere decisioni che non tengono conto della gente ma solo dei loro interessi. Della loro smania di potere.
Quelli che stanno in alto
si sono riuniti in una stanza.
Uomo della strada
lascia ogni speranza.
I governi
firmano patti di non aggressione.
Uomo qualsiasi,
firma il tuo testamento.
Sul muro c’era scritto col gesso
Questa breve poesia racconta in pochi ed efficaci versi la realtà della guerra. A volerla sono coloro che stanno al potere e chi osa contestarli, viene azzittito.
Sul muro c’era scritto col gesso:
vogliono la guerra.
Chi l’ha scritto
è già caduto.
Al momento di marciare
Questa lirica è estremamente attuale. Brecht evidenzia con parole semplici e dirette che chi è capo degli eserciti, chi sta al potere, da qualunque parte si trovi è nemico del popolo. Non si cura affatto dei diritti della gente.
Al momento di marciare molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
è lui stesso il nemico.
Quali sono le poesie di guerra di Giuseppe Ungaretti?
Giuseppe Ungaretti ha partecipato alla Prima Guerra Mondiale come soldato semplice, un’esperienza che lo ha segnato profondamente in quanto si è trovato di fronte a tutto lo strazio della guerra. Le sue sensazioni e soprattutto il profondo dolore della sua anima lo ritroviamo ben descritto nelle liriche della raccolta L’Allegria. Tali scritti sono una drammatica testimonianza di quanto vissuto dal poeta.
Veglia
In questa lirica Ungaretti racconta una notte terrificante passata vicino a un compagno morto ma tale spettacolo invece di portarlo alla rassegnazione, lo spinge ad attaccarsi ancora di più alla vita.
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Fratelli
Fratelli è una delle poesie di guerra più celebri di Ungaretti. In essa il poeta paragona i soldati a una foglia appena nata, creando un parallelismo tra la fragilità di quest'ultima e fratelli, sostantivo che rimanda a un senso di fratellanza e umanità.
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
San Martino del Carso
In questa lirica il poeta paragona il paesaggio, lacerato e distrutto dalle bombe, alla sua interiorità, alla sua anima più straziata delle stesse case rase al suolo dagli assalti nemici. Vivo però è il ricordo di tutti i caduti.
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Soldati
Lirica brevissima, rende perfettamente l'idea della fragilità e precarietà della vita dei soldati, paragonati alle foglie degli alberi in procinto di cadere all'arrivo della stagione autunnale.
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
In dormiveglia
In questa poesia, Ungaretti esprime una condizione di straniamento nei confronti della realtà. Sebbene infatti si trovi in guerra, la memoria lo riporta al passato, alla sua infanzia vissuta ad Alessandria.
Assisto la notte violentata
L’aria è crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio
Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia
La poesia Viatico di Clemente Rebora
Viatico è una cruda e dolorosa poesia di guerra in cui Clemente Rebora racconta lo strazio finale di un fante ridotto a un tronco senza gambe. Il suo lamento raggiunge gli altri soldati ma chi cerca di aiutarlo per pietà, finisce ucciso.
Per questo motivo, al fine di evitare altre tragedie, i pochi rimasti decidono di fermarsi, di restare lontani dal compagno morente. Lo ringraziano però per aver combattuto, per essere stato al loro fianco ma anche per aver dimostrato al mondo cosa significa scendere in guerra.
O ferito laggiù nel valloncello,
tanto invocasti
se tre compagni interi
cadder per te che quasi più non eri.
Tra melma e sangue
tronco senza gambe
e il tuo lamento ancora,
pietà di noi rimasti
a rantolarci e non ha fine l’ora,
affretta l’agonia,
tu puoi finire,
e nel conforto ti sia
nella demenza che non sa impazzire,
mentre sosta il momento
il sonno sul cervello,
lasciaci in silenzio
grazie, fratello.
La poesia Marcia Notturna di Umberto Saba
Marcia notturna ha come tematica principale quella della guerra, dell’esperienza drammatica vissuta dal poeta. Accanto ai suoi orrori però si fanno spazio gli elementi della natura che offrono conforto e rifugio nei ricordi dell’infanzia.
Con le lanterne del tempo di guerra
si procede, e la luna ha un tenue velo,
tutte le chiare stelle ardono in cielo.
Oh, spegnete quei lumi, uomini, in terra!
Presso, nel mare, quell'argenteo gelo
trema, e ci segue. Ebbri di sonno, stanchi
di querelarsi e di cantare, i fanti
tornano sotto un luminoso cielo,
lungo il golfo che a me ricorda quello
dove nacqui, che a notte ha il tuo sorriso
malinconico, l'aria del tuo viso.
Cosi che intorno io mi ritrovi il bello
lasciato quando qui venni a marciare,
e i sonni dell'infanzia a ritrovare.
La poesia il sogno del prigioniero di Eugenio Montale
Il sogno del prigioniero è la lirica conclusiva della raccolta poetica La bufera e altro di Eugenio Montale. Cupa e pregna di sofferenza, racconta di un uomo prigioniero nel quale la critica ha riconosciuto un detenuto dei campi di concentramento nazisti o dei gulag stalinisti. È più probabile però che sia il poeta stesso, o meglio ancora un intellettuale che posto di fronte alle tragedie del mondo, a una realtà che pare priva di speranza, ha come unica via di fuga il sogno.
Nell’universo onirico, il poeta ha anche modo di rivedere l’amata. Ritorna quindi nella lirica il tema della donna considerata una figura salvifica, che rimette l'uomo in comunicazione con il mondo.
Albe e notti qui variano per pochi segni.
Il zigzag degli storni sui battifredi
nei giorni di battaglia, mie sole ali,
un filo d'aria polare,
l'occhio del capoguardia dello spioncino,
crac di noci schiacciate, un oleoso
sfrigolio dalle cave, girarrosti
veri o supposti - ma la paglia é oro,
la lanterna vinosa é focolare
se dormendo mi credo ai tuoi piedi.
La purga dura da sempre, senza un perché.
Dicono che chi abiura e sottoscrive
puo salvarsi da questo sterminio d'oche ;
che chi obiurga se stesso, ma tradisce
e vende carne d'altri, affera il mestolo
anzi che terminare nel patée
destinato agl'Iddii pestilenziali.
Tardo di mente, piagato
dal pungente giaciglio mi sono fuso
col volo della tarma che la mia suola
sfarina sull'impiantito,
coi kimoni cangianti delle luci
scironate all'aurora dai torrioni,
ho annusato nel vento il bruciaticcio
dei buccellati dai forni,
mi son guardato attorno, ho suscitato
iridi su orizzonti di ragnateli
e petali sui tralicci delle inferriate,
mi sono alzato, sono ricaduto
nel fondo dove il secolo e il minuto -
e i colpi si ripetono ed i passi,
e ancora ignoro se saro al festino
farcitore o farcito. L'attesa é lunga,
il mio sogno di te non e finito.
La poesia Uomo del mio tempo di Salvatore Quasimodo
Uomo del mio tempo è l’ultima poesia della raccolta Giorno dopo Giorno di Salvatore Quasimodo e in essa si percepisce tutto il dolore e lo sconvolgimento interiore provato da Quasimodo a causa della Seconda guerra mondiale. Per lui la guerra è ciclica, tende a ripresentarsi con drammatica costanza nelle vite delle persone e in virtù di questo fa un appello alle nuove generazioni affinché scelgano la pace al posto della violenza.
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Cosa pensa Montale della guerra?
Eugenio Montale si trova a vivere il dramma della Seconda Guerra Mondiale e tale avvenimento trova spazio nelle sue liriche. In esse si definisce il suo pensiero a proposito del conflitto che considera una prosecuzione, una conferma e un’amplificazione del suo disagio esistenziale, del male di vivere, della sofferenza che caratterizza la vita senza alcun rimedio ma accresce anche la sua sfiducia nella storia.
La guerra spiegata ai bambini Giovanni Rodari
Gianni Rodari ha scritto diverse liriche pacifiste, in cui ha cercato di trasmettere ai bambini messaggi di pace e di speranza. Lui infatti auspicava un domani senza più guerre, morte e distruzione. Un domani sereno per tutti i piccoli.
Nella poesia La guerra spiegata ai bambini, in particolare, Gianni Rodari fa una lista di cose da fare e da non fare, riuscendo con parole semplici a far comprendere ai ragazzini il significato della guerra, quanto essa possa essere ingiusta.
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno, né di notte,
né per mare, né per terra:
per esempio, la guerra.