La vera povertà non è legata alla mancanza di beni materiali, ma alla mancanza di conoscenza e comprensione: questo il messaggio che ci lascia Thomas More con la celebre frase "L'ignoranza è la vera povertà"
Significato: Questa frase, pronunciata dallo scrittore e filosofo inglese Thomas More, sottolinea come la vera povertà non sia legata alla mancanza di beni materiali, ma alla mancanza di conoscenza e comprensione. More sosteneva che l'ignoranza può limitare le nostre opportunità e il nostro potenziale, impedendoci di fare scelte informate e di comprendere il mondo che ci circonda.
Biografia dell'autore: Thomas More (1478-1535) è stato uno scrittore, filosofo e uomo politico inglese. È noto soprattutto per il suo libro "Utopia", pubblicato nel 1516, che descrive una società ideale basata sulla giustizia e l'uguaglianza. More è stato anche un importante riformatore religioso e uno dei più importanti teorici del cristianesimo medievale. È stato beatificato dalla Chiesa cattolica nel 1886 e proclamato santo nel 1935.
More è nato a Londra nel 1478, figlio di Sir John More, un avvocato di successo e giudice del tribunale del re. Ricevette un'educazione classica e studiò legge a Oxford, dove sviluppò una forte passione per la filosofia e la teologia. Dopo aver lavorato come avvocato e giudice, More divenne uno dei consiglieri più stretti di re Enrico VIII e fu nominato Cancelliere d'Inghilterra nel 1529. Tuttavia, si oppose alla decisione del re di separarsi dalla Chiesa cattolica e rifiutò di giurare fedeltà all'autorità del re sulla Chiesa.
Per questo motivo, More fu accusato di alto tradimento e condannato a morte. Nonostante l'offerta di una grazia da parte del re, More rifiutò di rinnegare le sue convinzioni e fu giustiziato nel 1535. La sua fedeltà alla propria coscienza e al suo credo religioso lo hanno reso un esempio di coraggio e integrità per molti cristiani in tutto il mondo. Oggi, More è considerato un martire della fede cattolica e una figura di spicco della letteratura inglese.
Oltre a "Utopia", More ha scritto molti altri libri e trattati di filosofia, teologia e diritto. Tra le sue opere più importanti si possono menzionare:
"De tristitia Christi" (1521): un trattato sulla passione di Cristo, in cui More esplora il significato della sofferenza di Gesù e il suo ruolo nella redenzione del mondo.
"De consolatione philosophiae" (1523): un commentario del "De Consolatione Philosophiae" di Boecio, in cui More esamina il rapporto tra fede e ragione e il significato della sofferenza umana.
"A Man for All Seasons" (1534): una raccolta di scritti sulla fede, la moralità e la politica, che esplora il tema dell'integrità personale e del coraggio di seguire la propria coscienza.
"Apologia pro vita sua" (1535): un'autobiografia scritta poco prima della sua morte, in cui More ripercorre la sua vita e le sue scelte, spiegando le ragioni che lo hanno portato a rifiutare di giurare fedeltà al re.