Francesco Guccini

Ma a notte la nebbia ti dice d'un fiato che il dio dell'inverno è arrivato.

Venerdì Santo, piene d’incenso sono le vecchie strade del centro o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Non sai che ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità.

Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone, riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione.

Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto è un dio che è morto.

La canzone è una stella filante che qualche volta diventa cometa una meteora di fuoco bruciante però impalpabile come la seta.

E catene di monti coperte di nevi / saranno confine a foreste di abeti.

E Milano sembra che sia lì a abbracciarsi quei due che non sapranno più parlarsi, solo sfiorarsi in un momento vago e via.

Un maglione è quella cosa che i bambini indossano quando le mamme hanno freddo.

Solo i cinici e i codardi non si svegliano all’aurora.

Ma io sono fiero del mio sognare. Di questo eterno mio incespicare

Venerdì santo, anche l'amore sembra languore di penitenza.

La sfera di cristallo si è offuscata e l'aquilone tuo non vola più, nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi e il tempo passa e fermalo, se puoi!