Niccolò Ammaniti

C'era un elicottero. E c'era papà. Mi teneva tra le braccia. Mi parlava ma non sentivo. I capelli gli brillavano mossi dal vento.

Il dolore era una pianta rampicante. Un filo spinato che si attorciglia alle budella. Una cosa travolgente. Rossa. Una diga che si è rotta.

Ero in un vortice di paglia e luci.

Niente può arginare una diga che si è rotta.

I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni come te.

Ora era di nuovo buio. E c'era papà. E c'ero io.

Da piccolo sognavo sempre i mostri. E anche ora, da adulto, ogni tanto, mi capita, ma non riesco più a fregarli.

Papà piangeva. Mi carezzava. Le mani rosse.

La famiglia D’Antoni era alla ricerca del posto ideale per fare un picnic. Una consuetudine smentita solo dalle domeniche piovose o troppo fredde.

«Giuralo sulla mia testa». «Te lo giuro». «Di', giuro sulla tua testa che non ci torno più». «Giuro sulla tua testa che non ci torno più».

Che stavo facendo? Ogni pedalata era un pezzo di giuramento che si sbriciolava.

Non l'ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio.

Ero bagnato. Mi sono toccato la gamba. Una cosa densa e calda mi impiastricciava tutto.

Faceva finta, era stanca. Vado avanti, mi sono detto. E se si era fatta male davvero?

Nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili che ti sembra impossibile superare le superi, e in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti. Ti aspettano cose nuove.

Stavo per superare Salvatore quando ho sentito mia sorella che urlava. Mi sono girato e l'ho vista sparire inghiottita dal grano che copriva la collina.

Papà, stanno arrivando. Scappa. Scappa. Sotto il rombo il cuore mi marciava nel petto.