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La concessione del telefono: la commedia degli equivoci secondo Camilleri

di Simone Alvaro Segatori

Un commerciante di legnami che farebbe di tutto per avere una linea telefonica e un prefetto che interpreta la vita tramite la smorfia napoletana sono solo due dei numerosi personaggi che affollano questo romanzo ambientato nella Sicilia di fine 800.

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Un insieme di lettere, documenti ufficiali, ritagli di giornale e colloqui privati. È questa la formula che Andrea Camilleri ha adottato per molti dei suoi romanzi storici e civili, la maggior parte dei quali nati proprio da vecchi documenti che lo scrittore aveva ritrovato per caso, lasciando che stuzzicassero la sua fervida e infinita fantasia. La concessione del telefono non fa eccezione e ha come punto di partenza un decreto ministeriale del 1892 per la concessione appunto di una linea telefonica privata. Dietro il “semplice” linguaggio burocratico che serviva a chiudere un lungo iter di pratiche, Camilleri vi ha letto personaggi grotteschi e deliranti processi amministrativi che sono poi sfociati in una brillante commedia degli equivoci.

Trama: la tragicomica storia di Filippo Genuardi

È il 12 giugno del 1891 e Filippo Genuardi, commerciante in legnami, si appresta a scrivere la prima di una lunga serie di lettere al Prefetto di Montelusa Vittorio Marascianno, per richiedere informazioni su come ottenere la concessione di una linea telefonica che colleghi il suo ufficio alla residenza del suocero Don Nenè Schilirò. A causa di un reiterato errore nella scrittura del cognome del prefetto, Genuardi incappa nel primo equivoco. Marascianno infatti legge dietro l’errore la volontà di schernirlo e intesse intorno al povero commerciante un complotto socialista ben più ampio e ingegnoso di ciò che sarebbe mai stato in grado di concepire.

Trovatosi ostacolato dalla legge, Genuardi non si dà per vinto e si rivolge ad un potere più influente: la mafia, nella persona di Don Lollò Longhitano, il quale ben presto non mancherà di sospettare a sua volta della buona fede del Genuardi.

Le vicende si intessono così con quelle dell’ex amico Sasà La Ferlita, ma anche con quelle del delegato della polizia Spinoso, del Commendatore Parrinello e di alcuni rappresentanti dell’arma dei carabinieri. Tra favori richiesti e dispensati, tradimenti e sotterfugi, Genuardi si ritroverà “preso a mezzo tra lo Stato e la Mafia”, mentre tutti gli altri personaggi si divideranno tra chi per un interesse o per un altro vuole affondare Genuardi una volta per tutte, e chi vuole dimostrarne l’innocenza e far trionfare se non la giustizia, almeno la ragione logica. Il lettore invece, pagina dopo pagina, non potrà fare a meno di chiedersi perché Genuardi voglia così disperatamente la linea telefonica e non vi abbia rinunciato dopo i primi intoppi.

Struttura: tra lettere, lingue e ritagli

Come già detto in apertura, per raccontarci questa storia Camilleri si avvale di un metodo molto efficace, saltando tra “cose scritte” e “cose dette”. Senza dilungarsi in spiegazioni e descrizioni lascia quindi che siano gli eventi stessi a parlare per lui, con il linguaggio altisonante e formale della burocrazia e con i toni sensazionalistici dei giornali di provincia da una parte e dall’altra con la colloquialità spesso scurrile e diretta del quotidiano. Uno scontro questo che contribuisce a rendere viva l’ironia che permea ogni pagina.

L’uso della lingua (o meglio, delle lingue) è del resto la caratteristica che contraddistingue Camilleri da qualsiasi altro scrittore a noi contemporaneo. I personaggi vivono nelle loro parole e sono il modo in cui manipolano la lingua e le scelte che effettuano nel parlare a metterne a nudo le personalità e le infinite manie. Ogni personaggio è costruito intorno alla propria regione di appartenenza senza esserne però uno stereotipo, si pensi al Marascianno che interpreta la vita in base alla smorfia napoletana, sempre pronto al peggio e in allerta per il sopraggiungere di complotti o sfortune di vario tipo.

Il solo fatto poi che un personaggio si esprima in dialetto o in italiano è già una chiave di interpretazione del modo con cui si approccerà ai fatti narrati. Non è solo il siciliano del popolo quindi, ma anche l’italiano delle istituzioni a prestarsi ad una vera e propria interpretazione che va al di là del significato letterale di una parola, passando per l’intonazione, il momento in cui è stata pronunciata, come e così via. La concessione del telefono è una galleria di personaggi grotteschi, tanto assurdi da essere reali che si muovono in equilibrio precario in una rete di interessi personali, segreti da nascondere, menzogne, antipatie gratuite, calcoli e soprattutto continui scambi di favori all’interno di una società, la Vigata dell’800, che non è per niente diversa dalla nostra, una volta che si mettono da parte gli apparecchi elettronici.

Morale: una burocrazia fatta di equivoci

Camilleri porta il lettore dentro una realtà viva e lo fa con grande ironia e con il proprio senso dell’humor, facendo divertire dall’inizio alla fine, ma anche lasciando con un sapore amaro in bocca e un vago senso di pessimismo nei confronti dell’umanità e delle istituzioni. Filippo Genuardi può sembrare l’eroe sfortunato e vittima di eventi che non può controllare, ma è un uomo patetico, un parassita perdigiorno che pur di ottenere ciò che vuole non guarda in faccia niente e nessuno, senza avere però la stoffa giusta per affrontare le situazioni in cui si infila con le sue stesse mani.

È poi proprio la macchina della burocrazia, a cui ci si dovrebbe rivolgere per ottenere la soluzione ai propri problemi, a metter in moto un sistema di equivoci dove poi ognuno ci mette un po’ del suo, portando la situazione all’esasperazione e trasformando una sciocchezza in un problema di importanza nazionale. La legge infatti, non solo nei suoi aspetti corrotti, ma soprattutto nelle figure positive che cercano di farla valere si scontra con una realtà che non comprende, di cui non ha tenuto conto e troppo diversa dagli ambienti in cui è stata scritta.

La concessione del telefono è un ottimo punto di partenza per chi vuole approcciarsi all’opera del maestro ma deve ancora abituare il proprio palato ad un siciliano che può apparire incomprensibile solo a prima vista. È un libro che raccoglie tutta l’ironia e l’abilità di Camilleri di trasformare situazioni semplici in epiche odissee e di rendere il linguaggio il personaggio più vivo di tutta la vicenda.

VOTO10 / 10

Una brillante commedia degli equivoci che riflette la nostra realtà in quella della Sicilia di fine 800, con personaggi grotteschi che annaspano in un labirinto burocratico senza fine.