I 6 libri per l'infanzia che ogni adulto dovrebbe (ri)-leggere

di Redazione Frasix

Peter Pan, Alice, Tom Sawyer... cosa possono ancora raccontarci questi personaggi della nostra infanzia ora che siamo diventati adulti, un po' cinici e disincantati? Quali perle di saggezza sono racchiuse tra le pagine di questi immortali romanzi?

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Parliamo di libri per l’infanzia. Ti va? Se sei stato un accanito lettore fin da piccolo, sai che grande consolazione ed enorme privilegio sia stato avere la possibilità, in qualunque momento, di immergersi in un mondo immaginario che però, quando c’eri dentro, sembrava più reale della realtà. Perso nelle pagine, ti scordavi della sgridata della mamma, del brutto voto a scuola, del compagno che ti faceva i dispetti, per non dire di quelle cose più serie che i bambini non dovrebbero mai vivere, ma che invece si trovano spesso a dover affrontare senza avere gli strumenti per difendersi dagli aculei della sofferenza. Ogni bambino e bambina ha dovuto gestire almeno un grande dolore, una grande paura, una grande rabbia, una grande delusione**.** Tutti, prima o poi. Qualcuno ciascuna di queste cose anche più volte, in pochi anni di vita.

E i libri… per chi ce li aveva e poteva accedervi facilmente avendone scoperto il magico potere taumaturgico, hanno fatto da paracadute. Hanno aiutato a lenire il dolore, ad esorcizzare la paura, a stemperare la rabbia, a superare la delusione. Nelle pagine di tanti capolavori immortali della letteratura per l’infanzia abbiamo trovato parole chiave che ci hanno aperto la via alla comprensione del mondo dei "grandi", che ci hanno fornito supporto emotivo e stimoli utili a trovare la nostra strada nella vita, che ci hanno detto che essere "strani", a volte, è una buona cosa.

Oggi voglio condividere con te un ricordo molto personale. Anni fa stavo attraversando un momento di profonda crisi esistenziale. Non trovavo più il bandolo di… me stessa. Non sapevo dove stavo andando, chi ero, cosa ero nata a fare in questo mondo, qual era lo scopo di tutto. Emergevano in me tanti dubbi, mille domande senza risposta affollavano la mia mente. Ero in una impasse, come ti accade quando, dopo aver proceduto speditamente per tutta una buona fetta della tua gioventù, ad un tratto ti guardi indietro e scopri che nulla di ciò che hai fatto ha più senso per te. Che la carriera che ti si era prospettata è un vicolo cieco, che gli studi che avevi intrapreso con tanto entusiasmo non ti interessano più, che la persona con cui pensavi di condividere il resto della tua vita in realtà era un… calesse, che dovunque ti girassi, l’orizzonte si presentava del tutto privo di indicazioni. Blank.

Mi ero persa, in una parola. Forse sai di che parlo. Se ci sei in mezzo ora però, ho un suggerimento da darti. Stai a sentire.

Un pomeriggio, nel bel mezzo della succitata crisi, mi trovavo a girare per casa senza risolvermi a fare nulla. Ad un tratto il mio sguardo venne catturato da uno scaffale della libreria di casa dove erano sistemati in fila tutti i miei libri dell’infanzia, più o meno in ordine. Alcuni della stessa collana, altri di edizioni diverse. Presa da improvviso desiderio di rileggere almeno i titoli, presi la scala per arrivare all’altezza dei libri. Fu una strana sensazione, perché erano anni, per non dire decenni, che non pensavo più a quei mie compagni di avventura, che a suo tempo avevo amato con tenerezza e considerato amici del cuore. Lo sguardo si appuntò subito su un titolo: Il guardino segreto. In un attimo la macchina del tempo si azionò, riportandomi esattamente all’epoca in cui lessi le pagine scaturite dalla fantasia di Frances Hodgson Burnett per la prima volta. Mi ricordai di quanto quel romanzo fosse stato provvidenziale per me, direi salvifico, in un momento non felice della mia infanzia, in cui sperimentavo una sensazione di enorme solitudine.

Le stupefacenti similitudini tra quelle due fasi esistenziali così distanti nel tempo offre spunti a chi legge negli avvenimenti della propria vita molto più che un inanellarsi di casualità. Aprii il libro a caso al capitolo Magia e lo lessi d’un fiato. Mi si riaprì un mondo.

Trascorsi il pomeriggio sulla scala, e rileggere Il giardino segreto dalla prima all'ultima pagina, ma fu solol’inizio di un viaggio a ritroso nella mia infanzia. Rilessi in quei giorni anche tutti gli altri libri che avevano significato qualcosa per me, che avevo amato negli anni in cui, bambina, crescevo e imparavo a scoprire il mondo, e me stessa. Fu come riannodare un filo che si era spezzato. Fu un’epifania. Trovai, tra quelle pagine scritte con linguaggio piano e descrittivo, le risposte che cercavo.

Sei pronto per fare anche un percorso all’indietro? Se ti senti solo e spaurito nel mare magnum della vita, come una nave che ha perso la rotta, forse è proprio al tuo io-bambino che dovresti rivolgerti per ritrovare la via di casa. Forse è lui, a possedere la bussola.Entra nel mondo dei bambini e delle bambine di carta. Che sono veri, scoprirai, come te e me. E hanno qualcosa da dirti.

Il giardino segreto

Scritto dalla statunitense Frances Hodgson Burnett nel 1911, Il giardino segreto è un romanzo alchemico. Nel senso migliore del termine. La sua autrice, popolarissima per aver firmato altri due capolavori della letteratura per l’infanzia come Il piccolo Lord e La piccola principessa da cui vennero poi tratti due altrettanto popolari lungometraggi, era attratta dal mondo paranormale, dallo spiritualismo e in generale da tutto ciò che è invisibile agli occhi. Nel giardino segreto la protagonista, la piccola Mary Lennox, è agli antipodi rispetti ai bambini belli-buoni-bravi che una certa letteratura proponeva come esempi da emulare per bimbi monelli. Mary non sorride mai, è bruttina, antipatica e solitaria.

La storia prende avvio quando la bimba viene catapultata all’improvviso in un mondo per lei del tutto nuovo, addirittura dall’altra parte dell’oceano. Nata in India da ricchissimi genitori inglesi, dopo la morte dei suoi per una epidemia di colera, viene spedita come un pacco postale a casa dello zio che non conosce, in una dimora enorme, fredda e isolata nel mezzo della brughiera. Mal si adatta inizialmente, alle nuove regole che le vengono imposte, è insofferente al clima e al cibo, e non tollera di venire contraddetta in alcun modo. Ma è proprio quella dura prova che rappresenta la sua grande fortuna.

Scopre persone che sapranno andare oltre le apparenze, che con dolcezza e pazienza le insegneranno a scoprire valori semplici come l’amore per la natura, l’importanza della gentilezza, la meraviglia di un fiore che cresce nella brughiera. E in quella dimora così tetra troverà tanti nuovi amici, dal cuginetto malato di cui ignorava l’esistenza a Dickon, il fratello della sua cameriera personale che parla con gli animali e sa far crescere le piante, fino all’uccellino che sembra seguirla con amore… E più di tutto scoprirà quel giardino segreto da far risorgere a nuova vita che è reale ma è anche metaforico. È il giardino del cuore, dell’anima, della parte più preziosa e riposta di noi, che aspetta solo un po’ d’acqua e la luce del sole per svilupparsi sano e rigoglioso.

Parole chiave: magia, natura, amore, cura, amicizia, rinascita.

Alice nel paese delle meraviglie

Alice è uno di quei personaggi della letteratura per l’infanzia talmente extra-ordinari da essere diventati paradigmatici. Di un modo tutto inglese – ironico e distaccato per definizione – di essere freak, un po’ matti. Di pazzi, in effetti, nei due romanzi dedicati da Lews Carrol alla piccola Alice – uno nel Paese delle meraviglie, e l’altro Dentro lo specchio, da leggere uno di seguito all’altro – ce ne sono a bizzeffe. Tutti molto seri nella loro follia, tutti molto compresi nel ruolo e del tutto inconsapevoli del loro essere alla rovescia.

Quando un bambino o un adulto, seguendo il Bianconiglio, scivola nel tunnel e si trova nel mondo delle meraviglie, in cui tutto è fuori norma, capovolto, paradossale, buffo e strampalato, è stimolato e lasciar andare i freni e allentare il controllo, a fluire come fluiscono gli eventi, godendosi attimo per attimo le avventure che si intrecciano le une alle altre senza soluzione di continuità. Alice non può che vivere l’attimo, cercando di adattarsi ad un modo fantasmagorico e coloratissimo, che le cambia sotto gli occhi di continuo, e che sembra non avere nessun tipo di logica. E quando ce l’ha, ecco che qualcosa subentra a modificare il fragile equilibrio e la protagonista si ritrova nuovamente spiazzata. Le regole valse fino ad un attimo prima, non servono più a nulla. Cosa imparavo leggendo Alice? Che nulla è davvero prevedibile, che non puoi pretendere di afferrare la vita come fosse materia inerte, perché essa è fatta di sabbia che ti sfugge via dalle dita quando pensi di averla in pugno.

Perché la crisi arriva quando meno te lo aspetti, e proprio nel momento oscuro in cui ti senti senza via d’uscita… ecco che una porta si apre all’improvviso, anche se magari minuscola, e che la pozione per ridurti alla sua altezza ce l’hai lì, proprio a portata di mano. Alice è il romanzo dell’imprevedibilità, della fantasia galoppante, dell’immaginazione che disegna il mondo, dell’irrazionalità che diventa forza e della logica che si trasforma in trappola. Ti dice: guarda la realtà da prospettive sempre diverse o non ne scoprirai il senso, perché di sensi… ce ne sono moltissimi.

Parole chiave: follia, immaginazione, sovvertire le regole, lasciar andare, flessibilità, cambiare punti di vista.

Peter Pan

Il bambino che non voleva crescere, creato dalla penna di James Matthew Barrie (scozzese naturalizzato londinese) e pubblicato nel 1901, è diventato talmente simbolico e universale da aver dato il proprio nome ad un... complesso. Sì, insomma, in psicologia spicciola chiamiamo Peter Pan gli eterni fanciulli, quegli uomini e quelle donne non hanno nessuna voglia di assumersi le responsabilità che la vita adulta comporta. Dei giocherelloni divertenti ma con poca sostanza, inaffidabili e un po’ cialtroni. Ma cos’ha questo a che vedere con il “vero” Peter Pan?

Quel bambino ferito, che avendo sperimentato il più terribile dei traumi che un bambino può sperimentare - l’abbandono da parte dei genitori - decide di non voler diventare mai grande, perché i grandi si “dimenticano” delle cose importanti? Libero e selvaggio, capeggia una banda di altri bambini abbandonati come lui in un’isola che non c’è, si costruisce una casa su un albero, ha come migliore amica una fatina minuscola e un po’ petulante di nome Campanellino, impara a volare e a fare cose straordinarie come giocare con le sirene e persino sfidare i terribili pirati.

Peter Pan è l’amico che tutti noi abbiamo sognato di avere. L’amico che compare quando tutti dormono e tu ti senti solo e triste, ti prende per mano e ti porta in un mondo “altro” pieno di cose meravigliose da fare e di avventure straordinarie da vivere, ma solo se ci credi, se ci credi sul serio. Di Peter Pan ti puoi fidare molto più che di un adulto che non mantiene le promesse. Quando entra nella vita dei fratellini Wendy, Michael e John, insegna loro che trasgredire le regole ogni tanto fa bene, e che dentro di loro hanno riserve di forza e di coraggio tutte da scoprire, basta crederci. Per volare, basta crederci.

Parole chiave: coraggio, imparare a volare, avventura, fiducia in sé stessi, amicizia, mondi paralleli

Tom Sawyer

Chi non ha sognato di correre lungo le sponde del fiume Mississippi, giocare ai pirati su un’isola deserta, andare di notte in un cimitero per togliersi una verruca, essere il miglior amico di Huck Finn, comparire all’improvviso al proprio funerale, testimoniare in tribunale per salvare la vita ad un ubriacone e infine trovare un tesoro in una grotta dopo essere scampati all’inseguimento del terribile “Joe l’indiano” in compagnia di Tom Sawyer… alzi la mano! Non c’è capitolo di questo strepitoso romanzo scaturito dalla fantasia di Mark Twain (pseudonimo dello scrittore americano Samuel Langhorne Clemens) e pubblicato nel 1876, che non sia, in realtà, ispirato a fatti veri dell’infanzia dell’autore o dei suoi amici.

Sebbene ambientato in un mondo e in un tempo lontanissimi dal nostro,identificarci con Tom è facilissimo, perché lui è proprio il bambino che tutti avremmo voluto essere, e forse siamo stati: un “Davide” che vede le ingiustizie e l’ipocrisia del mondo degli adulti e ha il coraggio di battersi per difendere i suoi amici, anche se sono vecchi ubriaconi. Tom è un concentrato di tenera innocenza, di candore e di avventatezza, è un discolo dal cuore d’oro, furbo all’occorrenza. Con finissima psicologia spaccia per gioco divertente il noioso compito di dipingere la staccionata commissionatogli dalla ottusa zia Polly, e riesce a far fare il lavoro ai suoi amici… Tom è in noi anche quando si innamora ed è pronto a prendere le botte ingiustamente pur di salvare la sua bella dalle bacchettate del maestro.

Tom se ne frega delle differenze di classe e considera il suo amico del cuore un ragazzo senza famiglia come Huck Finn, con cui è pronto ad abbandonare tutto per vivere all’avventura come un pirata… Tom ha i requisiti dell’eroe, ma resta un bambino buffo, sprovveduto contro la crudeltà degli adulti, eppur dotato di autentico coraggio. Un coraggio tale da fargli meritare un vero tesoro. Tom ci ricorda cosa volevamo essere da bambini, le qualità che ammiravamo, le cose davvero importanti della vita. Ci ricorda che ci sono piccole bugie bianche severamente punite, e grandi discriminazioni e ingiustizie sostenute da un intero assetto sociale. Rileggere Tom è un invito a smettere di essere l’adulto che da bambini disprezzavamo.

Parole chiave: avventura, coraggio, amicizia, lotta alle discriminazioni, anticonformismo, senso della giustizia, natura, gioco

Anna dai capelli rossi

In Italia è più noto il cartone animato (giapponese, of course) che ne venne tratto, peraltro mirabilmente, ma Anna dai capelli rossi (Anna dei tetti verdi è il titolo originale), non è che il primo di una serie piuttosto lunga di romanzi dedicati alla dolce e buffa trovatella adottata dai fratelli Cutberth, nella cittadina di Avonlea. La storia di Anna è in parte ispirata a quella della sua autrice, Lucy Maud Montgomery, non perché fosse un’orfana, ma perché visse la sua vita esattamente nei luoghi in cui ambienta le avventure della sua protagonista. L’isola del Principe Edoardo è in effetti co-protagonista del romanzo, un meraviglioso paradiso terrestre che si trova al largo del Canada, il cui clima è mitigato dall’influsso della calda Corrente del Golfo.

È dalla natura e nella natura che la piccola Anna, che giunge alla casa dei Cutberth per sbaglio, dato che i due fratelli stanno cercando un maschio adatto a svolgere i lavori pesanti della fattoria, trae ispirazione e spunto per superare il grigiore della sua vita. Vissuta fino a 10 anni orfanotrofio, dotata di una fantasia galoppante e di un’indole creativa, la bambina usa la sua fertile immaginazione per crearsi un mondo parallelo pieno di magia e di poesia. Lentamente, tra iniziali malintesi e faticosi compromessi, Anna dovrà imparare ad adattarsi alle regole severe e puritane imposte da Marilla Cutberth. E se la bimba troverà sicurezza e supporto morale e materiale nella nuova famiglia, anche l’anziana donna, nubile e un po’ arida, riscoprirà il calore e la gioia di vivere proprio attraverso il contatto con quella strana creatura che si è presa in casa.

Maturando, passando dall’infanzia all’adolescenza, Anna apprende come mettere a frutto la sua intelligenza brillante e versatile nello studio, impegnandosi anima e corpo per diventare maestra. Al contempo, costruisce per sé stessa una vita attiva e piena di teneri affetti. Attorno a lei personaggi deliziosi, dall’amica del cuore Diana, all’insegnante Muriel Stacy, vero mentore della protagonista, che le infonde fiducia in sé stessa e nelle proprie capacità, dal nemico-amico (e forse qualcosa di più) Gilbert Blythe fino all’”orso” buono Matthew, suo patrigno, che sarà il primo a capirla e ad amarla incondizionatamente. Di contornoluoghi dalla bellezza struggente, laghi incontaminati, boschi fiabeschi, incantevoli giardini. Da leggere come magnifica coccola, per ricordarci che qualunque cosa brutta ci accada nella vita, possiamo trovare sempre rifugio nella nostra immaginazione, e, come Anna, aspettare, sognando, tempi migliori. Un consiglio: godetevi la serie TV appena uscita…

Parole chiave: immaginazione, sogno, natura, romanticismo, maturazione, crescita, natura, calore familiare, amicizia

Pollyanna

Pollyanna è pensiero positivo-legge di attrazione-potere creativo tutto insieme, prima, molto prima che tutte le teorie e le pubblicazioni che su questi temi si sono recentemente moltiplicate fossero partorite. La protagonista di questo romanzo – un vero concentrato di ottimismo – creato dalla scrittrice americana Eleanor Hodgman Porter e pubblicato per la prima volta nel 1913, è Pollyanna Whittier, orfana di entrambi i genitori (il padre era un pastore protestante missionario) e per tale ragione recapitata dalla zia Polly (la sorella “acida” della madre) all’età di 11 anni. A questo punto le analogie con Anna dai capelli rossi e Mary Lennox de Il giardino segreto che forse avrai rilevato, finiscono. Pollyanna è del tutto diversa da chiunque altro, ovvero da qualunque altra trovatella letteraria più o meno popolare, perché lei è ostinatamente felice.

Ma, la cosa divertente è che, lungi dal risultare fastidiosa, questa indomabile attitudine alla felicità, alla bontà, alla visione “in rosa” del mondo, è invece contagiosa. E infatti questo è il tocco magico della piccola, che attraverso il gioco della felicità riesce a stimolare in tutti coloro che entrano in contatto con lei, persino i più riottosi, un'attitudine positiva alla vita. In che consiste questo gioco? È molto semplice, la bambina lo insegna perché a sua volta le è stato insegnato dall’adorato papà: si deve riuscire a trovare qualcosa di buono in qualunque cosa ci accada nella vita. Anche la peggiore – spiega Pollyanna – ha comunque almeno un risvolto positivo. A volte per trovarlo bisogna proprio usare il “lanternino”, e inizialmente si fa fatica, soprattutto quando ciò che ci capita è proprio una gran disgrazia, ma ci si riesce.

Giocando in due, in tre, in tanti, è molto meglio, perché ciascuno può trovare elementi positivi diversi e sommarli agli altri, sicché alla fine nulla sembra più così terribile o irreparabile. Pollyanna con il uso metodo insegna agli adulti cinici e un po’ disperati, disillusi e incattiviti, che la felicità non viene da fuori.La felicità è una scelta. Dimmi un po’, se non c’è tutta Louise Hay in Pollyanna? Rileggerlo fa bene al cuore, credimi.

Parole chiave: felicità, felicità, felicità, felicità…

Ecco, ti ho presentato i libri che sono stati importanti per me nel passato, e che lo sono tuttora. Ma ti dico, potrebbero esserlo anche molti altri, spetta a te trovare i tuoi. E ancora una cosa: i libri che ci hanno fatto sognare da bambini (e se non eri un gran lettore, lo stesso discorso vale per i film, i cartoni animati e i telefilm o i fumetti), ci hanno fatto sognare per una ragione. Trovala e avrai ritrovato te stesso.