Seni e uova, la recensione del romanzo giapponese più letto e amato del 2020

di Elisa Giudici

Mieko Kawakami racconta una famiglia di Osaka - due sorelle e la figlia adolescente di una di loro - in un romanzo incentrato sulle ossessioni di donne sole per scelta nel Giappone contemporaneo. La recensione.

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Lanciata a livello internazionale da una recensione entusiastica del collega Haruki Murakami un decennio dopo il suo esordio, Mieko Kawakami è uno dei nomi più chiacchierati del 2020 letterario a livello internazionale. Il suo Seni e uova, edito in Italia da Edizioni e/o con la curatissima traduzione di Gialunca Coci, sta comparendo nelle liste dei miglior libri dell'anno appena trascorso ad ogni latitudine. Il titolo è stato anche citato dall'autrice Elena Ferrante tra i suoi consigli di lettura di firme femminili. Una storia tinta dai colori del successo, sin dai suoi esordi.

Siamo nel 2008 e Mieko Kawakami è una 32enne di un certo successo. Cantante e poetessa, si è già fatta notare nel mondo dello spettacolo giapponese. Poca cosa rispetto al successo che raccoglierà di lì a poco con la sua seconda fatica letteraria, che vince a furor di popolo il premio Akutagawa. Quel breve scritto che somiglia più a un racconto che a un romanzo si aggiudica il prestigiosissimo riconoscimento per giovani scrittori, trasformando la sua autrice in una star letteraria. Se la critica la ama, il pubblico la adora: le tirature delle sue opere sono altissime, il successo immediato.

Il successo di Mieko Kawakami

Per sbancare sul mercato internazionale serve però un mentore: Haruki Murakami ci mette una buona parola descrivendo la collega come una scrittrice portentosa, Intanto quel romanzo breve è diventato un tomo di oltre 600 pagine, che a quel primo nucleo narrativo ampliato e allungato si è aggiunta una poderosa seconda parte. In Giappone l'opera è intitolata Natsu Monogatari, ovvero storia di Natsu, la protagonista il cui nome ha lo stesso suono della parola estate.

In Occidente invece si opta per il ben più suggestivo titolo originale del racconto: Seni e uova. Due sostantivi che sono una dichiarazione d'intenti, femminili e femministi. Le pagine di Mieko Kawakami infatti percorrono il corpo femminile con uno sguardo schietto, talvolta a sprazzi brutali, prima di abbracciare le proprie protagoniste con una comprensione del femminile non priva di tentennamenti ma emozionante, per quanto ruvida.

Le madri e le figlie del nuovo Giappone

Protagonista putativa della storia è Natsu, una trentenne single che vive a Tokyo mentre cerca di rendere la sua passione per la scrittura un lavoro stabile. La sua unica famiglia è costituita dalla sorella maggiore Makiko, hostess in un bar malfamato di Osaka, e dalla di lei figlia Midoriko. All'inizio del volume la ragazzina, poco più che adolescente, si rifiuta di parlare con la madre e la zia, comunicando attraverso le frasi scritte su un quaderno. La prima parte di Seni e uova è incentrata sul petto di Makiko: la donna è ossessionata dalle dimensioni del suo seno e dal colore dei suoi capezzoli e, durante l'estate del 2006, va a fare visita alla sorella con l'intenzione di rifarsi il seno nella capitale giapponese.

Dietro quest'ossessione estetica si nasconde un'irrequietezza che percorre tutte e tre le protagoniste, solidali come una vera famiglia ma vertici di un triangolo formato da solitudini. Natsu e Makiko sono unite da un'infanzia difficile, in un contesto familiare ed economico a dir poco disagiato. Le pagine che Kawakami dedica ai ricordi di Natsu in merito sono tra le migliori del volume: c'è il dramma senza il patetismo, c'è una povertà mortifera e squallida di cui si racconta la vena vitale che riesce a sopravvivere. È una vena femminile: dalla nonna passando per la madre e infine a Natsu e a Makiko. Nelle loro vite c'è un'energia nervosa e inarrestabile che rende vivide queste donne talvolta sfortunate ma comunque energiche, laddove gli uomini sembrano riuscire a fare appena una comparsa, viscidi e aggressivi, oppure semplicemente deboli.

Un altro aspetto che perde forza nell'edizione tradotta è la connessione della scrittura di Kawakami alla sua città natale Osaka. Il romanzo è scritto nel dialetto della metropoli; una parlata musicale, cadenzata e caratteristica, manifestazione immediata di un modo di vivere le relazioni sociali e familiari unico di quella regione, estraneo agli abitanti di Tokyo. Non mancano descrizioni della città natale di Mieko, Makiko, Natsu e Midoriko, ma a livello linguistico siamo di fronte a uno sfortunato lost in traslation. Qualcosa di simile a quello che vivono i lettori esteri di Elena Ferrante, nella cui quadrilogia di Lila e Lenù il dialetto napoletano occupa un ruolo narrativo tutt'altro che marginale.

Nella seconda parte del romanzo ambientata dieci anni più tardi, Natsu da spettatrice e voce narrante diventa protagonista. Stavolta è lei a vivere un'ossessione relativa a suo essere donna: pur essendo sola e non avendo la minima intenzione di cominciare una relazione con un uomo, la donna è fermamente decisa a provare a diventare madre. Nel frattempo è riuscita ad emergere nel mondo letterario giapponese con un buon libro d'esordio, ma la sua situazione rimane in qualche modo precaria sia a livello professionale sia a livello umano. Al suo fianco, oltre alla sorella e alla nipote (ormai diventata una giovane donna) ci sono tutta una serie di figure femminili indipendenti: la sua editor di successo, le amiche scrittrici, una ragazza che ha subito abusi terribili in gioventù.

E la cosa buffa è che tra non molto mia figlia comincerà ad odiarmi, proprio come io odiavo mia madre.

Eppure a spiccare nella seconda parte, pur ricoprendo ruoli marginali, sono le figure maschili: prepotenti, vanesie, squallide, con qualche raro benintenzionato a salvare la categoria. È nel descrivere questi uomini patetici e i loro tentativi di ridurre Natsu alla propria volontà che la penna di Kawakami trova i suoi lampi migliori, così come nei finali. Sia nella prima, sia nella seconda parte le chiuse sono assolutamente strepitose, un fragoroso tuono che rimbomba nella mente del lettore, un lampo descrittivo d'immagini vividissime che si stampano nella memoria. Le uova di Midoriko e poi quelle Natsu giunte alla loro naturale evoluzione; le due scene rivelano la capacità di creare un crescendo emotivo tesissimo senza però ma risultare costruito o furbo.

Considerazioni finali

Sfortunatamente il volume non si muove sempre su questo livello, anzi: importa dal suo mentore Haruki Murakami la fastidiosa predisposizione a perdersi in parentesi, scene e sottotrame ripetitive e masturbatorie. Quante volte Natsu si butta sul suo pouf, quante volte si sente poco bene, quante ancora beve un mugicha senza che questo apporti nulla se non una tediosa ripetitività e lunghezza alla storia? Seppur meno abbozzata, la seconda parte del romanzo sembra un mazzo di fiori ammassati alla rinfusa, in cui le corolle più rigogliose soffocano delicati fiori più piccoli.

Mi sono portata le mani sulla pancia e ho chiuso gli occhi. La pelle era fredda, senza nessuna traccia di calore. Nessuna traccia di speranza.

Per quanto il romanzo si allunghi e la bocca del vaso si allarghi, non c'è modo di far risaltare tutti gli spunti presentati da Kawakami, che compaiono e vengono recisi e ammassati alla rifusa in un mazzo di storie e passaggi più o meno importanti e più o meno riusciti, con una grande sensazione di confusione. Con una volontà ferrea di selezionare solo il meglio, Seni e uova sarebbe stato più concentrato, incisivo e quindi ancor più potente. Rimane un ottimo romanzo giapponese, capace di parlare al pubblico internazionale senza perdere la propria specificità.

VOTO7.5 / 10

Tre generazioni di donne di Osaka, raccontate in maniera schietta, senza patetismo o romanticismo, nelle proprie ossessioni e nella propria solitudine: talvolta gira a vuoto, ma sa essere potente.