L'acqua del lago non è mai dolce, la recensione del romanzo di Giulia Caminito

di Cristina Migliaccio

Un romanzo che segue da vicino la difficoltà di una famiglia a stare al mondo quando tutti ti voltano le spalle.

Indice

Giulia Caminito quest’anno concorre al Premio Strega con il suo romanzo L’acqua del lago non è mai dolce. Si tratta del terzo romanzo per quest’autrice (dopo l’esordio con La grande A e Un giorno verrà), pubblicato con Bompiani ed elencato nella dozzina del Premio Strega 2021.

La Caminito ha scelto di raccontare una storia che, pur prendendosi molte libertà narrative, trae spunto da storie vere, storie di persone che l’autrice ha conosciuto e vissuto da vicino. Con un linguaggio spesso duro, con descrizioni meticolose ricche di pensieri torbidi, l’autrice ha condotto il lettore nel mondo di una ragazzina che ha capito sin da piccola quanto può essere duro il mondo.

La trama

La protagonista, il cui nome si scopre soltanto verso il finale, è una bambina cresciuta troppo in fretta. La sua è una di quelle famiglie che vive nel disagio, non hanno soldi, non hanno proprietà, non hanno modo di pagare le bollette e nessuno vuole aiutarli. Sua madre, Antonia, è una forza della natura, non si arrende davanti ai no e continua a bussare alle porte del comune, del governo, per ottenere ciò che le spetta: essere trattata come un essere umano. Non chiede di più, soltanto il giusto.

Antonia è un vulcano, una donna che lascia parlare il colore rosso acceso dei capelli, che porta avanti il peso della famiglia da sola, sulle spalle forti, perché suo marito si è infortunato sul lavoro (senza assicurazione) e ha quattro figli da mandare avanti. La storia raccontata dalla Caminito segue questa famiglia nelle sue sventure, che rotolano di pagina in pagina, affrontando dapprima un’infanzia spezzata (quella della protagonista) per poi finire ad un’adolescenza che rincorre il tempo, fatta di amori acerbi, curiosità, inimicizie, rancori, tradimenti.

La recensione

Questo romanzo ti colpisce nello stomaco perché è crudo tanto quanto vero. Racconta quella che poteva essere la storia di noi tutti, di come l’Italia talvolta possa essere un paese inospitale, di come le difficoltà economiche possano trasformarci in qualcosa di crudele, spezzato, inadatto. Quello che colpisce più di tutti è forse proprio la protagonista perché sin da subito si presenta come un’anima perduta. Non ha idea di come sia una vita "normale", ma molto presto l’invidia per il benestare altrui diventa apatia. Alla protagonista viene tolto lentamente tutto, anche quando abbiamo l’illusione che non sia così. Antonia, sua madre, la possiede, gestisce la sua vita come se fosse un burattino. Una madre autoritaria che contagia la figlia con la sua follia. Pur avendo intenti nobili, la madre con le sue scelte e con quell’atteggiamento bellicoso ha fatto sì che sua figlia perdesse qualsiasi interesse nei confronti della giustizia, nella voglia di vivere.

Questo romanzo non ha paura di parlare del dolore che si presenta senza preavviso, di quella solitudine soffocante che schiaccia il buon senso, del senso di inadeguatezza soffocante, sovrastante, incontrastato.Un romanzo che parla un linguaggio universale, che sceglie una storia particolare ma che invece si scopre essere il pezzo di ognuno di noi.

VOTO6.5 / 10

Questo romanzo ti colpisce nello stomaco perché è crudo tanto quanto vero. Racconta quella che poteva essere la storia di noi tutti e non ha paura di parlare del dolore che ci accomuna tutti.