Le più belle e toccanti poesie sui figli
di Elisabetta RossiSiete alla ricerca di una poesia da dedicare ai vostri figli? Nell'articolo trovate una raccolta delle più belle e intense.
I figli sono il bene più prezioso per i genitori, un dono inestimabile da amare per l’intera vita e da proteggere dai mali del mondo. Sebbene il loro arrivo possa creare scompiglio, modificare drasticamente le abitudini quotidiane e mettere a dura prova i nervi, in particolare per comprendere come educarli nel modo migliore affinché possano diventare adulti consapevoli, restano una gioia, il coronamento della famiglia.
Vederli crescere, fare i primi passi, dire le prime parole e poi affrontare le diverse tappe dell’esistenza, come il diploma, la laurea, il lavoro, l’amore, è ansia e felicità insieme, in quanto una madre e un padre attraverseranno insieme ai figli ogni momento, affiancandoli nelle loro scelte, consigliandoli e sostenendoli nei momenti difficili.
Sono i genitori ad asciugare le lacrime di delusione dei figli e sono sempre loro che condivideranno con orgoglio ogni traguardo raggiunto. L’altalena di emozioni di una famiglia è stata spesso oggetto d’interesse degli scrittori di ogni epoca che hanno indagato nelle loro opere le dinamiche dei rapporti genitori e figli. Molti di loro hanno anche celebrato nelle poesie sui figli l’amore incondizionato nutrito nei confronti dei propri ragazzi e la consapevolezza che niente lo scalfirà.
Se volete esprimere il vostro affetto ai figli, dedicare loro un pensiero dolce in un’occasione speciale, in questo articolo trovate una selezione dei componimenti più belli e toccanti a cui ispirarvi.
Le più belle poesie da dedicare ai figli
L’amore per un genitore nei confronti dei propri bambini è così intenso e profondo che può riuscire difficile spiegarlo a parole. Per fortuna però gli autori ci hanno lasciato poesie sui figli intense, dolci e coinvolgenti. Pensieri che si possono dedicare loro in ogni occasione, non solo in quelle speciali.
Ad esempio Kahlil Gibran, nella poesia I tuoi figli, racconta ciò che i figli rappresentano per i genitori e viceversa.
I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
Per Alda Merini, i figli sono una poesia, la più vera e travolgente emozione che la vita le abbia regalato.
I figli sono
la mia poesia,
la più grande verità
che mi ha dato la vita.
Ada Negri, invece, in Un bimbo abbandonato, affronta il tema dell’adozione e di come una madre, sia sempre una madre, anche quando si prende cura di un bambino non suo.
Se nel crocicchio d’una via deserta
o in mezzo al mondo gaio e spensierato
incontraste un bambino abbandonato,
pallido il viso e la pupilla incerta,
che d’una madre il bacio ed il consiglio
abbia perduto, e pianga su una bara
la memoria più santa e la più cara.
oh, portatelo a me!… Sarà mio figlio.Io lo terrò con me, per sempre. A sera
gli metterò le sue manine in croce,
con lui, per lui dicendo a bassa voce
de’ miei anni più belli la preghiera.La parola che eleva e che conforta
io gli dirò con placida fermezza;
la gelosa e veggente tenerezza
avrò per lui de la sua mamma morta.Io gli dirò che la vita è lavoro,
gli dirò che la pace è nel perdono;
di tutto ciò che è giusto e grande e buono
farò nella sua mite alma un tesoro.Mentr’io declinerò verso l’oblìo,
e avrò la cuffia e metterò gli occhiali,
lui salirà, lo spirito agl’ideali,
le braccia alla fatica e il cuore a Dio.
Rabindranath Tagore, in Al mio bambino, dedica al proprio figlio dolci parole d’amore in una lirica in cui è evidente la profondità del suo affetto per lui.
Chi sa donde mai venga il sonno lieve
che sugli occhi discende d’un bambino?
lo lo so. Esso viene da un paese
incantato. C’è un bosco piend’ ombra:
le. lucciole vi brillan debolmente,
vi cresco n fiori colmi di malìa.Di là quel sonno viene,
a baciar sugli occhietti il mio bambino.
Chi sa donde mai venga il dolce riso
sulle labbra d’un bimbo addormentato?lo lo so. Baciò un tempo un raggio pallido
della giovane luna il bianco viso
di una nube d’autunno, ed un mattino
rugiadoso di sogno, ecco il sorriso.Quel sorriso che viene
a fiorir sui labbruzzi al mio bambino.
Chi sa donde sbocciò tanta freschezza
che splende sulla guancia di un bambino?lo lo so. Da quand’era giovanetta,
lo portava la mamma dentro il cuore,
tacito dono della sua purezza,
leI mister delicato del suo amore.Di là freschezza viene
ad ingigliar la guancia al mio bambino.
Elli Michler ha scritto a sua volta un componimento che è uno splendido augurio da dedicare ai propri figli. Un augurio a vivere intensamente ogni momento dell'esistenza.
Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull’orologio.Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno , ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita.
Rudyard Kipling ha rivolto a suo figlio un invito sui comportamenti da seguire nel corso della vita in un componimento molto intenso che diventa una guida, un monito di cui tenere conto sempre.
Se riesci a tenere la testa a posto quando tutti intorno a te
l’hanno persa e danno la colpa a te,
se puoi avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
ma prendi in considerazione anche i loro dubbi.
Se sai aspettare senza stancarti dell’attesa,
o essendo calunniato, non ricambiare con calunnie,
o essendo odiato, non dare spazio all’odio,
senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;Se puoi sognare, senza fare dei sogni i tuoi padroni;
se puoi pensare, senza fare dei pensieri il tuo scopo,
se sai incontrarti con il Successo e la Sconfitta
e trattare questi due impostori allo stesso modo.Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per gli ingenui,
o guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
e piegarti a ricostruirle con strumenti usurati.Se puoi fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
e rischiarlo in un unico lancio di una monetina,
e perdere, e ricominciare daccapo
senza mai fiatare una parola sulla tua perdita.Se sai costringere il tuo cuore, nervi, e polsi
a sorreggerti anche quando sono esausti,
e così resistere quando in te non c’è più nulla
tranne la Volontà che dice loro: “Resistete!”Se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù,
o passeggiare con i Re, senza perdere il contatto con la gente comune,
se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi,
se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo.Se riesci a riempire ogni inesorabile minuto
dando valore a ognuno dei sessanta secondi,
tua è la Terra e tutto ciò che contiene,
e – cosa più importante – sarai un Uomo, figlio mio!
Ne I bambini imparano ciò che vivono, Doret’s Law Nolte descrive i punti salienti dell’educazione dei figli, cosa dovrebbe essere insegnato loro e cosa no.
Se un bambino vive nella critica impara a condannare.
Se un bambino vive nell’ostilità impara ad aggredire.
Se un bambino vive nell’ironia impara ad essere timido.
Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole.
Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell’incoraggiamento impara ad avere fiducia.
Se un bambino vive nella lealtà impara la giustizia.
Se un bambino vive nella disponibilità impara ad avere una fede.
Se un bambino vive nell’approvazione impara ad accettarsi.
Se un bambino vive nell’accettazione e nell’amicizia impara a trovare l’amore nel mondo.
Rispettare gli uomini e amare la natura in ogni suo aspetto, è l’insegnamento che Nazim Hikmet trasmette nella poesia Prima di tutto un uomo.
Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all’uomo.Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell’astro che si spegne,
dell’animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell’uomo.Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l’ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l’uomo!
Umberto Saba ha scritto la toccante lirica A mia figlia, nella quale racconta attraverso immagini naturalistiche l’amore nutrito verso la propria bambina, definita un tenero germoglio.
Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.
La poesia La madre al figlio di Langston Hughes è una dedica che una donna fa al proprio bambino affinché capisca che nella vita bisogna lottare e non lasciarsi abbattere dalle difficoltà.
Figlio, ti dirò che la mia vita
non è stata una scala di cristallo
ma una scala di legno tarlato
con dentro i chiodi e piena di schegge
e gradini smossi sconnessi
e luoghi squallidi
senza tappeti in terra.Ma ho sempre continuato a salire,
ed ho raggiunto le porte
ed ho voltato gli angoli di strade,
e qualche volta mi sono trovato nel buio,
buio nero, dove mai è stata luce.Così ti dico, ragazzo mio,
di non tornare indietro,
di non soffermarti sulla scala
perché penoso è il cammino,
di non cedere, ora.
Vedi io, continuo a salire…E la mia vita,
non è stata una scala di cristallo.
Temporale estivo di Karmelo C. Iribarren focalizza un momento della vita, la delusione di un bambino di non poter andare sull’altalena a causa della pioggia. Per l’uomo quell'evento diventa un insegnamento da trasmettere al figlio.
Si tengono per mano
in silenzio,
sotto i portici.Il bambino guarda l’altalena,
molto triste,
sotto la pioggia,
e non capisce.Il padre guarda il bambino:
è la vita, figlio mio
– vorrebbe potergli dire -,
ed è appena cominciata.
M. Chierighin, in È nata una creatura, esprime la gioia portata in casa dalla nascita di un bambino e il suo primo contatto con il mondo.
Tranquillo come ogni giorno,
così anche questo mattino
hai aperto gli occhi, bambino,
e sorridendo guardi intorno.Filtra un vivido sole
attraverso la chiusa finestra
insieme a piane parole
che hanno sapore di festa.Ascolti un volar tacito
di passi in qualche stanza:
sembra d’angeli una danza
tra un sussurro di soffici baci.Ecco un tremulo vagito,
quasi un belare umano:
sembra giungere da lontano
dopo un viaggio infinito.Rapido t’alzi, chiedi,
ansioso, che mai c’è.
La voce ripete: “Uèeee… Uèeee!”Qualcuno leva dalla bocca un dito;
tu vai in punta di piedi
verso un silenzioso invito
e sorridi a ciò che vedi.Scesa da chissà quali cieli,
ravvolta in candidi veli,
come tra i petali il cuore
profumato di un fiore,
in una culla vaporosa
s’agita qualcosa:
una creatura novella
la tua piccola sorella.I suoi occhi color del mare
non sanno ancora guardare;
la sua boccuccia fresca
odora di latte e di pesca;
le sue chiuse manine
paiono in boccio roselline.Tu la contempli quasi smarrito.
Quand’ella, col suo vagito,
sembra chiedere: “Uèèèè…
la mia mammina, dov’è?”Domandi anche tu perchè
lì, presso, mamma non c’è.
La mamma è tanto stanca!Ella passò la notte bianca:
fece un lungo cammino
stringendo al cuore quel cuoricino.Ora dorme, ma appena
si sveglierà serena,
vicino a sè vorrà
la sua trepida felicità:
tu e quella creatura fresca
che odora di latte e di pesca
e vagisce così
come tu pure un dì.
Lina Schwarz ha dedicato a sua volta una simpatica poesia in rima all’arrivo di un nuovo nato dagli occhi grandi e belli.
C’è un neonato in casa mia
chi non sa che cosa sia?
Un neonato è un fratellino
tutto nuovo e piccolino,
con due occhioni e una boccuccia
che dì e notte succia succia;
succia il latte e succia il dito
con un fare sbigottito.Dorme spesso e strilla assai,
ma è carino quanto mai;
già lo dice anche la balia:
“È il più bel bimbo
che ci sia!”
Pablo Neruda, nella lirica Il figlio, racconta con immagini vivide e coinvolgenti il momento del concepimento.
Sai da dove vieni?
… vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.
Così venisti al mondo.Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.Così venisti al mondo.
Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.
Perdere un figlio è il dolore più straziante che un genitore possa provare. Anna Maria Folchini Stabile, nella poesia Figlio, esprime proprio questo genere di sofferenza. Parole che possono essere dedicate a un figlio perduto per celebrarne il ricordo.
Figlio,
Sei con noi per sempre
Lungo i nostri giorni vuoti
Dentro i nostri abbracci
Privi dello sguardo azzurro
della tua adolescenza buona.È difficile capire il senso di questo dolore senza fine,
ma restiamo aggrappati al tuo sorriso.
È faticoso crederlo,
ma sei la parte migliore di noi
che già vive in Paradiso.
Anche Giosuè Carducci, in Pianto Antico, ha dedicato le malinconiche parole al figlio scomparso prematuramente.
L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior,
Nel muto orto solingo
Rinverdí tutto or ora
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor.
Altrettanto toccante è la poesia di Giuseppe Ungaretti incentrata sulla sofferenza di aver dovuto dire addio al proprio bambino.
“Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto…”
E il volto già scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bimbo…Ora potrò baciare solo in sogno
Le fiduciose mani…
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo…Come si può ch’io regga a tanta notte?…
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato …Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più…Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
Che in corsa risuonando per le stanze
Sollevava dai crucci un uomo stanco?La terra l’ha disfatta, la protegge
Un passato di favola…
Ogni altra voce è un’eco che si spegne
Ora che una mi chiama
Dalle vette immortali.In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio…
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!…
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accentoChe non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio…
Non più furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione più clemente!
Umberto Saba ci regala, in Ritratto della mia bambina, una simbolica rappresentazione di sua figlia paragonata alla schiuma del mare, alle cose leggere e vaganti e alle nubi disperse dal vento.
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: « Babbo
– mi disse – voglio uscire oggi con te ».Ed io pensavo: Di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra dai tetti e il vento sperde;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.
Madre Teresa di Calcutta, nella lirica seguente, considera i figli degli aquiloni sottolineando che i genitori hanno il compito di educarli a dovere, in quanto gli insegnamenti ricevuti resteranno per sempre come un’impronta su di loro.
I figli sono come gli aquiloni.
Insegnerai a volare ma non voleranno il tuo volo.
Insegnerai a sognare ma non sogneranno il tuo sogno.
Insegnerai a vivere ma non vivranno la tua vita.
Ma in ogni volo, in ogni sogno
e in ogni vita rimarrà
per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto.